La Repubblica 24 febbraio 2008, CARLOS FRANQUI, 24 febbraio 2008
Quando ero Fidelito. La Repubblica 24 febbraio 2008. Mi trovavo in Italia nell´ottobre del 1963, quando fui destituito dall´incarico di direttore del giornale Revolución
Quando ero Fidelito. La Repubblica 24 febbraio 2008. Mi trovavo in Italia nell´ottobre del 1963, quando fui destituito dall´incarico di direttore del giornale Revolución. Per proteggere un poco il mio rientro a Cuba andai da Giangiacomo Feltrinelli e Valerio Riva, direttore della casa editrice, e li convinsi a darmi venticinquemila dollari per il contratto per un libro di Fidel sulla rivoluzione cubana, di cui io sarei stato il ghost writer. Tornai a Cuba, Fidel accettò, arrivarono all´Avana Feltrinelli e Riva e il lavoro per il libro cominciò. Quelle giornate furono sorprendenti per me: una sera parlai a Fidel delle lettere che aveva scritto a un´amica dalla prigione di Isla de Pinos; sapevo che si trattava di Nati Revuelta, ma non gli dissi il nome, sapevo che erano anni che lui non la vedeva, ma lui mi rispose: «Domani avrai le lettere», e così fu. In quelle lettere, Castro faceva capire che Marx e Lenin sarebbero stati gli ispiratori della sua rivoluzione e raccontava che i suoi giorni in carcere erano una vacanza. All´epoca, quello che sapevo della sua infanzia era che suo padre era stato un latifondista e che sua madre Lina era la domestica di casa nonché amante del vecchio Ramón Castro, ancora sposato con Lidia Argote. In una delle registrazioni che feci con Fidel, gli chiesi di raccontarmi della sua infanzia: il testo pubblicato qui accanto è la sbobinatura fedele di quel racconto. Mentre registravo le sue parole ero turbato, ma non reagivo a quello che sentivo. Mi costava fatica mantenere inalterati lo sguardo e l´espressione, per non rischiare che interrompesse la narrazione. Non capivo come potesse sembrargli naturale mentire, insultare i suoi insegnanti, ricattare sua madre minacciandola di dar fuoco alla casa se non lo rimandavano a scuola. Mi sembrava incredibile il fatto che facesse quello che voleva senza chiedere il permesso a nessuno. Anni dopo capii che quel comportamento della sua infanzia, moltiplicato per mille, lo applicava a tutte le sue azioni e le sue parole, come se né da bambino né da adulto avesse coscienza del male, perché per lui tutto quello che faceva era legittimo. Il libro non fu mai terminato, e quando me ne andai definitivamente da Cuba, nel 1968, portai con me i materiali usati per il lavoro, compresi i documenti storici in mio possesso sulla clandestinità e la Sierra Maestra, con i quali misi insieme il Diario della rivoluzione cubana, pubblicato nel 1980 da Ruedo Ibérico, dal Seuil, dalla Viking Press e in Italia da Alfani-il manifesto, con prefazione di Rossana Rossanda. Quando uscì l´edizione spagnola, Castro ne fece comprare centinaia di copie a Madrid, che poi inviò ai dirigenti del governo, tutte numerate e con una sua nota scritta a mano che diceva: « è un controrivoluzionario, ma il libro dice la verità». Alcune di queste copie sono già arrivate all´estero, portate da figli di dirigenti fuggiti in esilio. In libri recenti, Castro ha ripetuto in termini molto simili il racconto della sua infanzia. CARLOS FRANQUI