La Repubblica 24 febbraio 2008, LOUIS-SBASTIEN MERCIER, 24 febbraio 2008
Gli operosi fantasmi di Parigi. La Repubblica 24 febbraio 2008. Le diverse ore del giorno offrono a turno, in mezzo a un vortice rumoroso e precipitoso, la tranquillità e il movimento
Gli operosi fantasmi di Parigi. La Repubblica 24 febbraio 2008. Le diverse ore del giorno offrono a turno, in mezzo a un vortice rumoroso e precipitoso, la tranquillità e il movimento. Sono scene mutevoli e periodiche, separate da intervalli più o meno uguali. Alle sette di mattino, tutti gli ortolani, con le ceste vuote, ritornano ai loro orti, a cavalcioni sui loro ronzini. Non si vedono girare molte carrozze. A quell´ora, le sole persone ben vestite e pettinate che s´incontrano sono impiegati d´ufficio. Verso le nove del mattino, si vedono correre i parrucchieri, incipriati dai piedi alla testa (per questo vengono detti naselli), mentre reggono in una mano il ferro per capelli e nell´altra la parrucca. I camerieri delle caffetterie, sempre in grembiule, portano caffè e bavaresi nelle camere d´affitto. Nello stesso momento, si vedono apprendisti cavallerizzi, seguiti da un lacchè, i quali, a cavallo, vanno a correre lungo i boulevards, e talvolta fanno pagare ai passanti il prezzo della propria inesperienza. Verso le dieci, una nube nera di funzionari della magistratura s´incammina verso lo Châtelet e verso il palazzo di giustizia: non si scorgono altro che facciole, toghe, borse, e querelanti che gli corrono dietro. A mezzogiorno, tutti gli agenti di cambio e speculatori si recano in massa alla Borsa, e gli oziosi al Palais-Royal. Il quartiere di Saint-Honoré, quartiere dei finanzieri e degli uomini influenti, è molto battuto e non c´è neanche un angolo del selciato che sia libero. l´ora delle petizioni e delle richieste di ogni genere. Alle due, coloro che pranzano fuori, pettinati, incipriati, agghindati, camminando in punta di piedi per paura di sporcarsi le calze bianche, si dirigono verso i quartieri più lontani. A quest´ora, tutte le carrozze di piazza sono in giro, non ne resta più nessuna disponibile; si litiga per esse, e talvolta capita che due persone aprano nello stesso momento la portiera, salgano e ci si piazzino. Bisogna andare a cercare la guardia per sapere chi dei due resterà. Alle tre, s´incontra poca gente per strada, perché tutti pranzano: è una pausa di calma, che non è destinata a durare a lungo. Alle cinque e un quarto, c´è un baccano spaventoso, infernale. Tutte le strade sono intasate, le carrozze transitano in tutte le direzioni, volano verso i diversi teatri o vanno verso le passeggiate. I caffè si riempiono. Alle sette, ricomincia la calma: calma profonda e quasi universale. Tutti i cavalli scalciano inutilmente il selciato. La città è silenziosa, e il tumulto sembra che sia stato incatenato da una mano misteriosa. Verso metà autunno, è, inoltre, l´ora più pericolosa, perché la ronda non ha ancora preso servizio, e molte violenze vengono compiute al calar della notte. La luce si affievolisce; e mentre le scenografie dell´Opéra sono in azione, la massa dei manovali, dei carpentieri, degli scalpellini rientra in gruppi compatti ai quartieri dove abitano. Il gesso di cui sono sporche le loro scarpe imbianca il selciato, e li si riconosce dalle tracce che lasciano. Vanno a dormire, quando le marchese e le contesse cominciano a truccarsi. Alle nove di sera, il rumore riprende: è la sfilata dei teatri. Le case vengono scosse dal rotolio delle carrozze; ma è un rumore passeggero. Il bel mondo rende qualche breve visita in attesa della cena. pure l´ora in cui tutte le prostitute, con il petto scoperto, la testa alta, il volto dipinto, lo sguardo ardito quanto il braccio, malgrado le luci dei negozi e dei lampioni, vi inseguono, in calze di seta e in scarpini bassi, in mezzo al fango: i loro discorsi fanno il paio con i loro gesti. Si dice che la licenza serve a preservare la castità, che queste donne vulgivaghe impediscono gli stupri; che senza donnine allegre ci si farebbe meno scrupoli a sedurre e rapire le fanciulle innocenti. In effetti, il ratto e lo stupro sono diventati molto rari. Comunque sia, questo scandalo, incredibile in provincia, si compie davanti alla porta dell´onesto borghese, le cui figlie sono spettatrici di queste strane intemperanze. impossibile che esse non vedano e non sentano ciò che si permettono di dire quelle donne licenziose. E che ne sarà del trattato del filosofo sul pudore? Alle undici, di nuovo silenzio. l´ora in cui si finisce di cenare. pure l´ora in cui i caffè rispediscono alle loro mansarde gli oziosi, i disoccupati e i poetastri. Le prostitute, che giravano qua e là, osano mostrarsi solo ai margini dei viali, per paura della ronda, che, a quest´ora tarda, le raccatta. Questo è il termine usato. A mezzanotte e un quarto, si odono le carrozze di coloro che non giocano e che rincasano. La città allora non sembra deserta: il piccolo borghese che già dorme viene svegliato nel proprio letto, e la sua metà non se ne lagna. Più di un piccolo parigino deve la propria nascita ai bruschi sobbalzi degli equipaggi signorili. Anche il tuono è, come ovunque al mondo, un grande popolatore. All´una del mattino, seimila contadini giungono, portando le provviste di ortaggi, frutta e fiori. S´incamminano verso le Halles: le loro cavalcature sono stanche e stracche; hanno fatto sei o sette leghe. Le Halles sono il luogo in cui Morfeo non scuote mai i propri papaveri. Qui, mai silenzio, mai riposo, mai intervalli. Ai venditori di frutti di mare succedono i pescivendoli, e ai pescivendoli i venditori di vongole, e a questi i dettaglianti; tutti i mercati di Parigi, infatti, prendono le loro merci solo dalle Halles: sono il magazzino universale. Ci sono milioni di uova nelle ceste che salgono, scendono, girano, e, miracolo!, non se ne rompe nemmeno uno. Nelle taverne, allora, l´acquavite scorre a fiumi. un´acquavite allungata con acqua, ma fortemente pepata. Gli scaricatori delle Halles e i contadini ne bevono in abbondanza; i più sobri bevono vino. un brusio continuo. Queste contrattazioni notturne avvengono al buio. Si potrebbe credere che sia un popolo che fugge i raggi del sole, e ne ha orrore. Gli addetti alla vendita del pesce non vedono mai, per così dire, l´astro del giorno, e si ritirano solo quando i lampioni cominciano ad affievolirsi: ma se non ci si vede, ci si sente, poiché si grida a squarciagola; e nella generale confusione delle urla, bisogna davvero conoscere bene l´idioma del luogo per sapere da dove parte la voce che v´interpella. Le stesse scene avvengono alla stessa ora sul quai de la Vallée, dove si tratta di lepri, piccioni, invece che di salmoni e aringhe. Questo tumulto ininterrotto contrasta con il sonno diffuso nel resto della città; alle quattro del mattino, infatti, solo i briganti e i poeti sono ancora svegli. Due volte alla settimana, alle sei, i panettieri di Gonesse, nutritori di Parigi, portano un´enorme quantità di pani, che devono essere consumati in città, poiché non è concesso loro di riportarseli indietro. Dopo poco, gli operai si strappano ai loro giacigli, prendono gli strumenti della loro professione e se ne vanno alle officine. Il caffè-latte (chi lo crederebbe?) ha acquistato il favore di questi uomini robusti. Agli angoli delle strade, al riverbero di una pallida lanterna, donne che recano sulla schiena fusti di latta ne servono, per due soldi, in boccali di terracotta. Lo zucchero non vi abbonda, ma in definitiva l´operaio trova eccellente questo caffè-latte. Pare incredibile che la corporazione dei caffettieri, moltiplicando i regolamenti, abbia fatto tutto il possibile per impedire questo traffico legittimo. Essi pretendono di vendere a cinque soldi la stessa tazza nelle loro mescite piene di specchi. Ma quegli operai non hanno bisogno di specchiarsi mentre fanno colazione. Del resto, l´uso del caffè-latte ha prevalso, ed è così diffuso presso il popolo, che è diventato l´eterna colazione di tutti i lavoratori a domicilio. Hanno trovato questo alimento più economico, nutriente, saporito, di ogni altro. Di conseguenza, ne bevono quantità prodigiose; dicono che spesso si sostengono in tal modo fino a sera. Fanno dunque solo due pasti, la colazione principale e la scaloppina al prezzemolo della sera, di cui ho parlato altrove. Al mattino, i libertini si congedano dalle prostitute, pallidi, sfatti, portando con sé più il timore che il rimorso; e si lamenteranno tutto il giorno per l´uso che hanno fatto della notte, ma la dissolutezza, o l´abitudine, è un tiranno che s´impossesserà di loro l´indomani, e che li trascinerà a lenti passi verso la tomba. I giocatori, ancora più pallidi, escono dalle bische poco note o rinomate; gli uni tenendosi la testa e il ventre, lanciando al cielo sguardi disperati; gli altri ripromettendosi di rimettersi al tavolo che li ha favoriti, ma che domani li tradirà. Le leggi proibitive non otterranno nulla contro questa sciagurata passione, scatenata da una sete dell´oro che si è manifestata in tutti i ceti, e che i governi stessi autorizzano sotto il nome di lotteria, ma che vietano sotto un´altra denominazione. Il martello del fabbro e del maniscalco disturba talvolta il sonno mattutino degli oziosi che sono ancora a letto. A voler dare retta ai nostri sibariti, bisognerebbe relegare fuori città tutti gli artigiani che fanno stridere una lima corrosiva; non verrebbe più concesso al calderaio di battere sulla marmitta, al carradore di cerchiare la ruota con ferro durevole, ai vari mestieri che percorrono le strade di elevare quelle grida acute e squillanti che si fanno udire fin in cima e sul retro delle case. Bisognerebbe che il rumore della città venisse incatenato ovunque, per proteggere la loro oziosa indolenza, affinché, mentre la calma del silenzio avvolge la loro tranquilla alcova, tutti questi voluttuosi possano schiacciare le piume oziose del materasso fino a mezzogiorno, quando il sole è al culmine del suo percorso. Coerentemente con questo modo di pensare, costoro non vorrebbero nemmeno sentire l´odore della bottega del cappellaio, a causa della follatura, né del conciatore, a causa degli oli che usa, né del verniciatore, né del profumiere, benché facciano uso dei suoi cosmetici, né del trinciatore di tabacco, che li fa starnutire involontariamente quando vi passano davanti. Se si desse ascolto a tutte le pretese di questi ricchi, nella capitale rimarrebbero solo le porte carraie, e bisognerebbe imbottire le strade fino all´una, ossia fino al momento in cui essi abbandonano il piumino e il letto; le campane non dovrebbero più risuonare nell´aria, e il tamburo delle Guardie, passando sotto le loro finestre, dovrebbe restare muto; poiché solo i loro equipaggi hanno il diritto di fare rumore correndo sul selciato e di svegliare quelli che dormono alle due del mattino. Il dieci, il venti, il trenta di ogni mese, s´incontrano, tra le dieci e mezzogiorno, dei facchini con borse piene di monete, piegati sotto il peso del fardello: corrono come se un esercito nemico stesse per invadere la città; è la dimostrazione che, da noi, non si è saputo creare il segno convenzionale e utile che sostituirebbe tali metalli, i quali, invece di passare di cassaforte in cassaforte, dovrebbero essere soltanto dei segni immobili. Guai a chi, in quel giorno, ha una lettera di cambio da pagare, e non ha contanti! Può dirsi fortunato chi l´ha pagata e rimane con uno scudo da sei soldi! Quasi tutti gli anni, verso la metà di novembre, si manifestano indisposizioni catarrali, causate dall´arrivo improvviso di un´atmosfera umida e fredda e di nebbie che impediscono la traspirazione. Molti ne muoiono; ma il parigino, che ride di tutto, chiama queste pericolose infreddature la grippe, la civettuola; e il burlone, tre giorni dopo, si prende un´infreddatura e scende lui stesso nella tomba. Il passaggio dagli appartamenti riscaldati e dalle sale teatrali all´aria aperta rende questa mancanza di traspirazione quasi inevitabile. La nuova consuetudine di portare ampi mantelli è eccellente: in tal modo, ci si ripara dalla sensazione di freddo; un´immediata attività fisica sarebbe una precauzione ancora più efficace. Le donne che sono costrette ad attendere per qualche tempo le carrozze, quelle donne affascinanti e delicate che vedete rabbrividire sulle scalinate e sotto i portici dei teatri, dovrebbero riflettere che le pellicce non sono sufficienti a proteggerle da ogni malanno. LOUIS-SBASTIEN MERCIER