Il Manifesto 21 febbraio 2008, Fabrizio Tonello, 21 febbraio 2008
Le primarie dei dollari. Il Manifesto 21 febbraio 2008. Fabrizio Tonello Nel 1992, quando Clinton divenne presidente, il totale raccolto dai due partiti in vista delle elezioni ammontava a circa 620 milioni di dollari: una cifra enorme ma molto lontana da quella che sarebbe stata spesa nel 2004: circa 1
Le primarie dei dollari. Il Manifesto 21 febbraio 2008. Fabrizio Tonello Nel 1992, quando Clinton divenne presidente, il totale raccolto dai due partiti in vista delle elezioni ammontava a circa 620 milioni di dollari: una cifra enorme ma molto lontana da quella che sarebbe stata spesa nel 2004: circa 1.450 milioni di dollari. Quest’anno, solo i due candidati alla presidenza potrebbero superare il record stabilito quattro anni fa, e questo senza considerare il finanziamento delle campagne elettorali nelle 435 circoscrizioni della Camera e nei 33 stati dove è in gioco un seggio di senatore. Nel 2007, cioè prima che si svolgesse un solo caucus o una sola elezione primaria, i candidati alla presidenza hanno raccolto (e in gran parte speso) 500 milioni di dollari. L’aumento delle spese è essenzialmente dovuto alla professionalizzazione delle campagne elettorali, sempre più condotte da esperti dei sondaggi, della pubblicità e dell’uso dei media, che vengono retribuiti a caro prezzo. Soprattutto, l’inesistenza di un settore televisivo pubblico fa sì che i candidati debbano comprare lo spazio per la loro pubblicità da emittenti commerciali che se lo fanno ben pagare. Nei principali media markets, per raggiungere una quota di popolazione significativa occorre spendere milioni di dollari. Dal 2004, il Bipartisan Campaign Reform Act del 2002 ha raddoppiato i limiti del cosiddetto hard money, i contributi individuali a partiti e candidati (in precedenza non più di $1.000 l’anno) e invece vietato i contributi senza limiti ai partiti nazionali noti come soft money. Nel dicembre 2003, la Corte suprema ha accettato questa impostazione. Da allora, molti sostenitori dei partiti che avevano usato come forma di finanziamento il soft money sono passati alle donazioni ai cosiddetti advocacy groups, cioè organizzazioni indipendenti che in teoria non dovrebbero essere legate ai partiti e che sono note nel gergo politico americano come «527» (dall’articolo del codice fiscale che definisce il loro status). I 527 sono diventati estremamente importanti e torneremo sul loro ruolo fra breve. Le campagne elettorali fino alla metà degli anni Settanta avevano un costo relativamente limitato, un ricorso alla televisione modesto e una raccolta fondi decentralizzata. Quest’ultimo era il fattore che maggiormente favoriva i candidati uscenti, che avevano già mostrato, durante il loro mandato, di essere degli alleati affidabili per le costituencies locali a cui chiedevano donazioni. Un senatore, o un deputato, si rivolgevano a finanziatori in massima parte locali, tanto più generosi quanto i politici erano in grado di mantenere le promesse, com’era il caso soprattutto dei potenti presidenti di commissione, sostanzialmente inamovibili grazie al sistema dell’anzianità e talvolta più potenti dello speaker della Camera o dello stesso presidente. Questo vantaggio si è mantenuto fino al 2006, negli ultimi 18 mesi sono i democratici a prevalere nella raccolta fondi. Per esempio, Hillary ha raccolto nel 2007 ben 115 milioni di dollari, Barack Obama 102 e John Edwards 43. Quest’ultimo, che ora ha abbandonato la corsa per la presidenza, aveva raccolto da solo più di John McCain, che aveva ricevuto solo 41 milioni di dollari dai suoi sostenitori. Nei prossimi giorni si saprà se i risultati delle primarie svoltesi fin qui hanno influenzato, e in che modo, le donazioni: le voci parlano di una valanga di fondi che affluiscono verso Obama, sull’onda dell’entusiasmo generato da 10 vittorie consecutive e da sondaggi favorevoli. Secondo gli esperti di fundraising a Washington, il senatore dell’Illinois raccoglie oltre un milione di dollari al giorno, e non certo tutti da piccoli donatori: una buona parte della comunità finanziaria di Wall Street si è già schierata dalla sua parte. Certo, nelle campagne elettorali americane i soldi non sono tutto: il candidato repubblicano che aveva raccolto le somme più importanti (Rudolph Giuliani, 60 milioni) è affondato miseramente nelle primarie della Florida. Ma in autunno avere quattrini per la propaganda, per pagare i volontari, gli spostamenti, gli annunci in televisione sarà decisivo. Fabrizio Tonello