La Stampa 22 febbraio 2008, Domenico Quirico, 22 febbraio 2008
Francia, se il capo della tv è la moglie del ministro. La Stampa 22 febbraio 2008. Solo qualche mese fa non avrebbe fatto tanto chiasso
Francia, se il capo della tv è la moglie del ministro. La Stampa 22 febbraio 2008. Solo qualche mese fa non avrebbe fatto tanto chiasso. In fondo quando Christine Ockrent, telegiornalista e moglie di, annunciò che non mollava affatto la sua trasmissione di attualità politica su France 3 per il modesto dettaglio che il marito Bernard Kouchner era entrato in fanfara al Quai d’Orsay come ministro, si agitarono, e poco, soltanto i mugugnatori professionisti. Adesso che la medesima signora Kouchner sta per essere designata, dall’Eliseo, direttore generale di France Monde, che vuol dire tre reti televisive incaricate di diffondere il pensiero della Francia su e nel mondo, insomma il Ministero degli Esteri della télé, la notizia è un mantice che attizza le braci. mutato dunque qualcosa, certe «arroganze» stonano e indignano. Spiegazione: il Paese sta imparando rapidamente a individuare la fattispecie del conflitto di interessi, parola che qui finora veniva citata soltanto nelle cronache relazionanti la sghignazzata politica «all’italiana». Non è che prima la fattispecie non esistesse in forma prepotentemente indigena, anzi. Ma la si mormorava sottovoce. Nel frattempo però il vascello sarkozista ha imbarcato molta acqua e sono aumentati gli aspiranti ad aprire o allargare qualche nuova falla. I giornalisti, che erano tutti più o meno reverentissimi, si sono fatti più audaci, dispettosi. Tanto che lui, il presidente, grida al linciaggio. Sarkozy non detesta i giornalisti, di più, li disprezza, li considera soltanto cinghie di trasmissione della sua volontà o dell’immagine trionfante, attiva, energetica che vuole lasciare di sé. La definizione della categoria è stata affidata alla voce priva di britannico understatement di Rama Yade: «charognards!». Quanto basta per confortare la tesi di chi vede un allarmante vampirismo del potere politico nei confronti della comunicazione. Una premessa. Madame Kouchner è giornalista eccellente, belga di origine, si è fatta le ossa professionali nella trasmissione americana «60 minutes», ha condotto il telegiornale di Antenne 2, ha diretto anche il settimanale «L’Express». Non è dunque una sordida lottizzazione dei soliti raccomandati; resta però la stonatura di affidare alla moglie la confezione dei notiziari di cui il marito sarà il soggetto numero uno. E infatti i più infervorati sono proprio i colleghi, che parlano senza troppe galanterie di «tendenza unilaterale e monarchica dell’Eliseo». La metafora con l’assolutismo elettivo inventata dal direttore di «Libération» per la presidenza Sarkozy e che gli ha procurato una pubblica ramanzina dai toni staliniani, sta guadagnando terreno. Infuria purtroppo il confronto con i precedenti: Béatrice Schomberg presentava il telegiornale di Antenne 2, quando il marito Jean-Louis Borloo è diventato ministro è stata spostata senza troppe smancerie a parlare di galassie e di problemi della prostata. Stessa brusca ritirata per la moglie di Dominique Strauss-Kahn quando fu nominato ministro dell’Economia. Tempi di Mitterrand e di Chirac: contrapposti al sarkozismo, rischiano di sembrare l’arcadia delle buone maniere. Non è solo un problema di parentele. La Okrent ha fama di spiccia tagliatrice di teste; il tipo adatto per procedere a minacciate riduzioni di personale. Queste reti di prestigio costano 300 milioni di euro, poco meno della Bbc World ma con un ascolto assai inferiore. L’accusata contrattacca, con furore. «Faccio da 30 anni il vostro stesso mestiere - ribatte ai colleghi -, è il mio passaporto professionale ed essere ridotta alla condizione di ”moglie di” è umiliante. Allora che volete? Che divorzi?». Per carità, nessuno pretende tanto: anzi qualche bello spirito suggerisce sadicamente che a dimettersi semmai sia lui, il signor ministro, per dare spazio alle aspirazioni professionali della moglie. Apriti cielo, ecco la prova dell’agguato «sessista»: «In nome di che una donna dovrebbe sacrificare il suo percorso professionale a quello del marito, soprattutto quando quest’ultimo dispone di un lavoro solo precario?». Domenico Quirico