Il Manifesto 22 febbraio 2008, Alberto Piccinini, 22 febbraio 2008
Il calcio «nomade» del Kosovo. Il Manifesto 22 febbraio 2008. La questione dell’indipendenza del Kosovo accende anche gli stadi
Il calcio «nomade» del Kosovo. Il Manifesto 22 febbraio 2008. La questione dell’indipendenza del Kosovo accende anche gli stadi. Gli ultras serbi della Stella Rossa e del Partizan non hanno perso tempo: da un po’ di tempo espongono striscioni con su scritto «Il Kosovo è Serbia» e cantano i loro slogan sulle gradinate (su youtube si trovano parecchi di questi cori filmati). Nei giorni scorsi gli stessi ultras, gemellati ma soltanto in quest’occasione, sono stati protagonisti dell’assalto all’ambasciata Usa di Belgrado, una battaglia che si è conclusa con oltre 60 feriti. C’è qualcosa di inevitabile nella deriva calcistica di quel che sta accadendo tra Pristina e Belgrado. Qualcosa che ha a che fare, si direbbe, con lo spirito del luogo. A cominciare dalla famosa rissa del 1990 durante la partita tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa Belgrado, quando Zvonmir Boban prese a calci un poliziotto serbo e il «comandante» Arkan cominciò a reclutare la sua milizia paramilitare tra i tifosi della Stella, le Tigri. Per finire con gli attestati di solidarietà e di cordoglio allo stesso Arkan, esposti all’epoca in parecchi stadi europei compreso l’Olimpico di Roma (erano i tifosi della Lazio di Mijhalovic). Qualcosa del genere si ripete in questi giorni: lo striscione «Kosovo è Serbia» è stato fotografato in alcuni stadi greci e turchi. E lo slogan riecheggia sui forum ultras, anche quelli italiani, che rilanciano: «Onore a chi difende la propria terra/ Non esiste un Kosovo indipendente». Dall’altra parte il percorso del Kosovo verso l’indipendenza ha già avuto una evoluzione calcistica. Alla fine del 2006, due rappresentanti della federazione kossovara erano stati ricevuti al massimo livello dalla Fifa, che aveva mostrato attenzione e interesse per le loro richieste, pur nella consuetudine che vuole il riconoscimento di una nuova nazionale legata al contemporaneo riconoscimento Onu. Il Kosovo sarebbe (o sarà) il 209esimo membro della Fifa, per l’esattezza. E già si discute se i giocatori che fin qui hanno indossato la maglia dell’Albania o di altre nazionali potranno (o eventualmente vorranno) «tornare a casa». Una nazionale del Kosovo già esiste. Negli ultimi due anni ha giocato soltanto qualche amichevole: vinta 1-0 quella contro l’Arabia Saudita; 7-1 quella contro il Monaco. Persi entrambi i derby con l’Albania. L’allenatore Edmond Rugova ha dichiarato una volta che «ogni sentimento nazionalistico non è tollerato da noi: se sei un buon giocatore e sei nato in Kosovo sarai chiamato». Aveva provato a convocare Nikola Lazetic, nato a Mitrovica ma ex giocatore del famigerato Oblic presieduto da Arkan. Lazetic nemmeno aveva risposto. Pure la Federazione calcistica del Kosovo esiste, dal 1946. All’epoca organizzava un campionato che stava subito al di sotto della serie b nazionale jugoslava. Solo della Fc Pristina si ricorda una «generazione dorata» che negli anni ’70 portò la squadra in serie A. Poco altro. La realtà del calcio kosovaro oggi è fatta quasi esclusivamente di giocatori emigrati che in campo internazionale indossano la maglia dell’Albania, oppure quella delle loro nuove rispettive nazionalità. il caso di Valon Behrami, esterno laziale anche lui nato a Mitrovica, che gioca per la nazionale svizzera. Nelle condizioni di Behrami si trovano altri giovani promesse del calcio europeo: Astrit Ajdarevic, uno dei nuovi acquisti del Liverpool, che gioca per l’Under 21 svedese. Falon Toski dell’Eintracht Frankfurt che ha esordito nell’under 19 tedesca. Shefqi Kuki, che gioca per la Finlandia. Un po’ diverso il caso del capitano dell’Om Marsiglia Lorik Cana, che è nato in Kosovo e avrebbe la statura per fare da testimonial al calcio del suo paese, ma è titolare inamovibile dell’Albania. Ai giornalisti che poco tempo fa gli chiedevano se avrebbe voluto cambiare maglia con quella del Kosovo ha risposto: «La mia squadra ce l’ho già». Tra l’altro le maglie di Albania e Kosovo sono praticamente uguali, rosse e nere. Secondo le regole Fifa, chi sceglie (potendo) la maglia di una nazionale non può più tornare indietro, salvo eccezioni individuali il cui esame ha tempi certamente lunghi. Troppo per la carriera di un giocatore affermato come Cana. Forse abbastanza per il giovanissimo secondo portiere del Palermo Samir Ujkani, kosovaro, che ha già indossato la maglia dell’under 21 albanese. «Bisogna aspettare - ha ripetuto Cana - Forse solo fra 10 anni potremo vedere i primi frutti del calcio kosovaro». Alberto Piccinini