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 2008  febbraio 23 Sabato calendario

«Affronto la vecchiaia a teatro». Avvenire 23 febbraio 2008. «Oggi la gente vuole essere giovane a tutti i costi, e invece finisce per essere sempre fuori posto

«Affronto la vecchiaia a teatro». Avvenire 23 febbraio 2008. «Oggi la gente vuole essere giovane a tutti i costi, e invece finisce per essere sempre fuori posto. Questo Svevo l’aveva già ca­pito un secolo fa». Un’opera sul confronto tra vecchiaia e giovinezza, tra sogno e realtà quotidiana quella che met­te in scena Gianrico Tedeschi, mattatore che porta i suoi 87 anni portati con fie­rezza. La rigenerazione è l’ul­tima commedia scritta da I­talo Svevo, messa in scena con la regia di Antonio Ca­lenda dalla compagnia gori­ziana A.Artisti Associati as­sieme al Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia. De­butto ufficiale il 26 febbraio al Teatro Franco Parenti di Milano, e poi in tournée da Nord a Sud della penisola. Gianrico, lei sì che sembra aver trovato l’elisir di giovi­nezza. «Sono solo fortunato, questo lavoro fa tenere vivi. E poi mi porto dietro tutta la famiglia. Prima mia moglie Marianel­la Laszlo, ora mia figlia Sve­va, che sarà mia figlia anche in scena. Ma anche il mio ni­potino Leandro di tre mesi viene in tournée con noi: siamo un po’ come un a vec­chia famiglia di teatranti d’altri tempi». Lei però affronta il tema del­la vecchiaia senza mezzi ter­mini, ne «La rigenerazione», testo che lei ha già portato in scena due volte. «Un testo che ora affronto con maggiore convinzione perché ora sono diventato anziano. La commedia è molto bella e molto delicata: si concentra su Giovanni, un ultrasettantenne che vuole sottoporsi ad un’operazione per ringiovanire. In realtà lui vorrebbe tornare indietro nel tempo per non com­mettere gli errori del passa­to, liberandosi da un matri­monio soffocante e dal conformismo della sua vita borghese. Una volta recupe­rata l’energia vitale, però non può non tenere conto della moralità e della re­sponsabilità e decide di re­stare al suo posto di pater fa­miliae ». Una scelta che va contro­corrente in tempi, come i nostri, in cui si rincorre l’e­terna giovinezza. «Perciò ho accettato con en­tusiasmo questo lavoro. Qui non si parla di ringiovanire banalmente. C’è anche la fi­gura di un vecchio che vuo­le tornar giovane solo per le donne. Ma Giovanni in realtà capisce di essere fuo­ri posto e si interroga sul sen­so della vita, su qual è il de­stino dell’uomo. Più avanti si va negli anni, più si capi­scono queste cose. Sono do­mande che anch’io mi pon­go ». E che risposte si è dato? «Io concordo in parte con Svevo, ma non condivido il suo pessimismo. La sua con­clusione è che nella vita tut­to è fuori posto e ci si abitua a restare in questa condizio­ne. Per fortuna io ho avuto una vita ricca di soddisfa­zioni, personali e professio­nali ». Avere accanto sua figlia in scena è una di queste sod­disfazioni? «Certo. Lei è un’attrice coi fiocchi e canta anche bene. Ha frequentato l’Accademia d’arte drammatica ed aveva già lavorato con me in Sme­morando, il testo in cui por­tavo in scena ricordi della mia vita. Insieme in scena ci troviamo benissimo: certo, lei impara da me, ma è mol­to autonoma». Come vede il futuro di sua figlia e di tanti altri giovani attori nel teatro italiano di adesso? «Purtroppo la situazione del mercato è molto difficile, an­che lo spettacolo messo in scena da mia moglie, che e­ra molto bello, non ha trova­to spazio nei teatri. Ma noi attori siamo abituati ai sacri­fici: la passione e la profes­sionalità alla fine pagano». ANGELA CALVINI