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 2008  febbraio 23 Sabato calendario

La verità è che sono un fenomeno. Libero 23 febbraio 2008. Ha rischiato di diventare capitano di lungo corso, Rocco Barocco

La verità è che sono un fenomeno. Libero 23 febbraio 2008. Ha rischiato di diventare capitano di lungo corso, Rocco Barocco. Poi, anziché affrontare le tempeste del mare, si è lasciato trasportare dal suo cuore in tumulto verso la bellezza delle forme e la sericità dei tessuti. Una lunga corsa felice da couturier nel mondo della moda. Come ha iniziato? «Da ragazzo l’estate lavoravo nella boutique Rino a Ischia, dove vivevo, l’inverno frequentavo l’istituto nautico di Procida: la mia famiglia aveva la velleità che divenissi capitano. Era dura: tutte le mattine dovevo raggiungere l’isola con un piccolo battello e il mare non era una frequentazione piacevole... sono state più le volte che non sono andato a scuola che quelle che sono andato. Amavo molto disegnare abiti e, per un caso del destino, a Ischia erano ospiti a casa di una mia amica francese due famosissimi couturier, Patrick de Barentzen e monsieur Gilles: gli chiesi di fare uno stage nel loro atelier romano d’alta moda. Avevo diciassette anni: non sono più tornato, se non per vedere gli amici fraterni e rilassarmi nelle fantastiche acque termali. Roma è la mia città d’adozione, il luogo dove lavoro, però io mi sento internazionale: vivo in tante città, Londra, Parigi, Dubai...». molto mondano? «Lo ero. Ma mi sono piuttosto stufato di trascorrere le serate vedendo sempre la stessa gente che dice sempre le stesse cose da snob "io ho la barca più grande della tua...", "dove vai in vacanza?"... nessuno ascolta e tutti parlano. "Sei asociale" mi dicono. No, sono educato, perché se la gente non è sana, non fa per me. Non ho mai sentito dire: "Quel paese è più povero, bisogna fare qualcosa per aiutarlo". Preferisco allora fare beneficenza per conto mio e conservare le energie per lo sport, come nuotare che amo molto. Mi piace molto il tempo libero anche se ne ho poco». un salutista? «Sì, della mente e del corpo. Però sono un pastasciuttaro, adoro i primi piatti benché sia quasi sempre a dieta. Mi regolo così: durante la settimana sto a regime, poi il weekend mangio quello che mi piace perché ho bisogno di rilassarmi». Dicono che lei sia di spirito beffardo e adori le battute... «Prendo in giro prima me stesso. Poi gli altri. Prendersi sul serio non riguarda l’essere umano, nessuno può essere al di sopra di un altro. Però sono molto critico e autocritico, mi metto sempre in gioco, mi piace ridere, scherzare, purché non si faccia gossip che è sempre pungente e mai a lieto fine. Lo detesto. Come ci si può divertire se qualcuno passa un guaio?». E cos’altro la infastidisce? «Gli snob, appunto. Diventare ricchi per diventare snob è inutile e stupido. Essere snob significa essere maleducati. Io non sono mai stato molto povero, ma il mio successo non mi ha mai montato la testa». Il successo è solo merito o ci vuole anche un po’ di fortuna? «Ne meriterei molto di più, perché sono molto bravo, ma si è innescato un meccanismo nella moda milanese: non vai avanti per meriti. Potenza di qualche importante testata che fa il bello e il cattivo tempo e per la quale tanto spendi in pubblicità, tanto vali». E il suo business ne risente? «Sono quasi un fenomeno, perché comunque lavoro e fatturo senza problemi. Probabilmente è dovuto alla mia immagine che dagli anni ’70 non passa mai di moda. Ho una trentina di licenze che esporto in quasi tutto il mondo. Sto espandendomi anche con i negozi in franchising. Non sono una multinazionale, gestisco la mia azienda direttamente e ho sempre declinato l’aiuto delle banche, preferendo andare avanti con le mie forze. La mia azienda è sana, non ha debiti». Quale sarà il tratto inconfondibile della donna Rocco Barocco il prossimo inverno? «Ho voluto trasmettere alle ragazze di oggi un modo meno urtante e esagerato di vivere, attraverso l’eleganza pulita del personaggio Sabrina di Audrey Hepburn, che ha degli ideali e persegue un suo sogno. Mi piace che la donna rimanga donna: se non si comporta con dignità e garbo, diventa invadente e perde fascino. I miei vestiti sono sempre riconoscibili per il glamour molto femminile e non troppo sfacciato: una donna che vuole essere ammirata, ma non guardata. C’è una differenza sottile. Seguo la mia strada: ho vestito madri e figlie e, spero, presto le nipotine». Lei che ha vestito tante donne di classe, ritiene che la classe esista ancora? «Per essere eleganti nei modi, bisogna avere rispetto del prossimo. Un tempo le donne erano meno aggressive, si lasciavano corteggiare, amare. Erano garbate, gentili. Il modo di vivere era diverso, così l’atteggiamento. Era un modo di porsi più elegante e più fragile. Se una vive in maniera urtante, si veste nella stessa maniera: l’aiuterebbe molto conoscere la buona educazione. Per me è sempre rivelatore: vediamo come mangi e ti dirò chi sei». Si consiglia prima di mandare in passerella una collezione? «No, ho sempre sbagliato o fatto bene di testa mia. Non sono un uomo-prodotto di un’azienda, sono uno stilista vero che cura ancora personalmente le sue collezioni». Il suo peggior difetto e la sua miglior qualità. «Posso essere frainteso per la mia troppa sincerità. Non sono diplomatico. Ma è anche la mia qualità migliore. E, forse, un lusso che ormai alla mia età mi posso permettere». Elisabetta De Dominicis