Libero 20 febbraio 2008, Mattias Maniero, 20 febbraio 2008
I MORTI COME RIFIUTI
Libero 20 febbraio 2008.
Nella Napoli di Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino, città della munnezza dove si vive male e si muore peggio, anche i morti non trovano pace. Li portano di qui e di lì, li seppelliscono e li riesumano. Li accatastano da qualche parte, talvolta li bruciano e se li levano di torno. Se hanno una tomba decente, i marmi vengono venduti al miglior offerente, le bare diventano legna da ardere. Ci cuociono le pizze, con quel fuoco. E il grande chef che indisturbato o quasi agisce all’om bra di Palazzo San Giacomo ha un nome noto e antico: camorra. La stessa dei rifiuti e delle discariche che non si riescono a costruire anche perché danno fastidio ai clan. La stessa che non potrebbe fare nulla se il sistema napoletano non glielo permettesse. La stessa che per anni, nelle dichiarazioni di Bassolino e Rosa Russo Iervolino, semplicemente non esisteva, e che ora, dopo aver conquistato la città, ha invaso persino l’aldilà. Leggete gli articoli dedicati all’ultima invenzione camorristica, l’ultimo exploit dei clan scatenati. Troverete materiale a sufficienza per inorridire. E capirete che a Napoli, la Napoli del rinascimento bassoliniano, si muore decentemente solo se si è raccomandati. E si vive decentemente solo se si paga un camion privato per spostare l’immondi zia da una strada all’altra. Si vive e si muore nella speranza che l’amministrazione comunale o il politico locale o il boss del partito che comanda non si inventi qualche strana storia che viene a complicare la vita e pure la morte. State a sentire questa, che con la camorra non c’entra, anche se è l’origine della forza camorristica. In tutte le città italiane una salma sepolta può essere riesumata solo dopo 10 anni. (...) (...) I 10 anni possono diventare 5 se il terreno ha una particolare composizione. A Napoli si fanno le cose in fretta: cotte e mangiate. Da almeno 15 anni nella città partenopea, grazie ad una ordinanza sindacale, i dieci anni che possono diventare cinque si sono ridotti a venti mesi. Un anno e mezzo, almeno secondo la stampa locale, perché dal Comune non arrivano conferme. Dopodiché la salma, parcheggiata provvisoriamente in qualche posto per mancanza di spazi, può essere riesumata per legge napoletana. Risultato: tutte le operazioni commerciali legate alla riesumazione, subiscono un’intensi ficazione, le fosse vengono vendute non una ma dieci volte, i marmi ordinati dieci volte. Per dieci si moltiplicano anche le fioriere, le mance e tutto ciò che una decente sepoltura comporta. E la camorra ingrassa, perché nessuno ha deciso che quell’ordinanza andava abolita. Perché a Napoli va tutto bene, la camorra non esiste, i clan non controllano i cimiteri. Perché al Comune non sanno evidentemente di quell’ordinanza. Bisogna comprenderli: loro hanno tanto da fare con i vivi. I morti devono sbrigarsela da soli. Devono andarsene senza pretendere troppo, visto che a disposizione dell’amministra zione cittadina ci sono solo quattro carri funebri. Quattro. In una città con una media di 27 morti al giorno. Significa che gli altri 23 devono bussare alla porta della camorra. Bussare e pagare. O arrangiarsi in qualche modo. Il carro estinto
Una storiella, che tanto storiella non è. Qualche anno fa, cortile dell’ospedale Ascalesi. Il carro funebre è arrivato per prelevare la salma di una donna. Viene da Torre del Greco, comune dell’hinter land. Arriva e lo prendono a pistolettate. L’autista fugge. Dopo poco, ecco un altro carro con un altro autista. Questa volta, niente pistolettate: il carro è autorizzato dai clan ad operare in zona. I documenti sono in regola. L’autista viene però incarcerato: era un detenuto agli arresti domiciliari. Qualche anno dopo, cimitero di Pianura, la zona della rivolta contro la discarica. Il corpo di una bambina deve essere riesumato perché si è liberato un loculo definitivo. Il dipendente - racconta un giornale locale - chiede 120.000 lire. Il padre si ribella: «Guardi che sono amico di un consigliere comunale». Il dipendente: «Va bene, le faccio lo sconto». La tariffa ufficiale per la riesumazione era di 25mila lire. Cinque volte di meno. Il caso divenne di pubblico dominio. Non risulta, alle cronache, che Bassolino o la Iervolino o chi per loro si indignarono più di tanto. Erano troppo occupati a non far nulla per i rifiuti? Erano distratti? Secondigliano. E siete pregati di non sorridere. Questa è roba drammatica, tratta da una pagina di cronaca che non ha ricevuto smentita. Nella sala consiliare della circoscrizione è in corso una vera e propria lotteria. Si devono estrarre 243 numeri, ognuno corrispondente ad un signore o una signora, ognuno legato ad un loculo del cimitero. A Secondigliano è successo un fatto spiacevole: i morti da seppellire sono 303, ma i loculi 243. E così si tira a sorte. I fortunati finiranno sotto terra. Del destino degli altri non si è mai saputo nulla di preciso. Il santo della porta accanto
Questa è Napoli, signori lettori, la Napoli del vicerè Bassolino e di donna Rosa. La Napoli dell’immondizia che si accumula, delle discariche ingolfate, dei termovalorizzatori inesistenti. E anche dei morti senza pace. A meno che i morti non vengano a patti con la camorra. E allora anche le porte dell’altro mondo si spalancheranno. In questa città, per campare, bisogna sempre avere un santo in paradiso. Se il santo abita nella casa accanto e si fa chiamare "don" è meglio ancora. Ma Bassolino non lo sa. E neppure donna Rosa. Lo abbiamo detto: per loro Napoli è una città tranquilla. Ha solo qualche problemino con i cassonetti. E con la casse. Problemi per i vivi e pure per i morti.
Mattias Maniero