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 2008  febbraio 23 Sabato calendario

Padri attenti. Il Messaggero 23 febbraio 2008. I pedofili, signor Paolucci... Alza gli occhi al soffitto, solo per educazione non sbuffa

Padri attenti. Il Messaggero 23 febbraio 2008. I pedofili, signor Paolucci... Alza gli occhi al soffitto, solo per educazione non sbuffa. «Siamo daccapo. In televisione, alla radio, sui giornali. Tutti a discutere del mostro di turno, quello di Agrigento, stavolta. Del magistrato, del medico, dello psichiatra, delle leggi, del carcere, della castrazione chimica. Ma quella bambina, la sua vittima, come sta? Chi ci pensa? E ai bambini di Rignano, a tutti gli altri? A loro, chi ci pensa? In questo Paese, i bambini vengono sempre dopo. Perché non votano e non vanno al supermercato, non sono elettori né consumatori». La casa del dopo-terremoto è nuova, modesta, esigua. Ad abitarla sono quattro persone e un ricordo. Luciano Paolucci e la moglie hanno una figlia di quattordici anni, Elisa, e un ragazzo di ventidue, Stefano. Lorenzo ne avrebbe ventotto, ma è morto a tredici, massacrato come è meglio non raccontare da Luigi Chiatti, l’uomo che i giornali battezzarono "il mostro di Foligno". Arrestato e condannato solo dopo il secondo delitto: dieci mesi prima aveva già ucciso un bambino ancora più piccolo, Simone Allegretti. L’ergastolo gli è stato ridotto a trent’anni, quindici ne ha già scontati, con l’indulto la pena residua è scesa a 12. Fra non molto sarà di nuovo in circolazione. Al processo ha avvertito tutti noi: «Se mi mettete fuori lo rifarò, e sarà di nuovo colpa vostra». Ma Paolucci rifiuta di lasciarsi ossessionare dall’assassino di suo figlio. «Che esca o no, non conta poi molto: di Chiatti è pieno il mondo. Dobbiamo fare qualcosa per tutti loro, e per i nostri bambini». Il qualcosa di Paolucci si chiama Movimento Infanzia, è una rete di persone e associazioni che ragionano così: un bambino maltrattato potrà facilmente trasformarsi in maltrattatore; nell’infanzia di un pedofilo c’è quasi sempre un abuso, una violenza. Gente che non crede, per cominciare, alla cosiddetta "castrazione chimica". «In questi giorni se ne parla come fosse una bacchetta magica. Invece è solo un trattamento farmacologico dagli effetti limitati e transitori, che potrebbe servire in certi casi solo se prolungato all’infinito, sotto continui controlli». Tanto meno crede, però, al buonismo burocratico delle facili scarcerazioni per decorrenza dei termini. «Il pedofilo è un malato che oggi non sappiamo guarire; uno che se gli capita l’occasione, la coglie. Dunque finché non si troverà una cura seria, definitiva, deve stare in un posto da cui non esce. Non un carcere, magari, ma una struttura psichiatrica». Se curare non si può, bisogna prevenire, dare ai figli nostri un’infanzia felice ed equilibrata. «Avere genitori responsabili, educatori competenti non deve essere una coincidenza fortunata, ma un diritto del bambino. Le emozioni devono essere formate ed educate come l’intelligenza. Il rispetto del minore come persona è essenziale: oggi il bambino è, nel migliore dei casi, la valvola di sfogo delle ansie consumistiche dei genitori». Prevenire, per Paolucci, significa anche prestare ascolto ai pedofili, dare una mano a chi cerca di fermarsi prima che sia troppo tardi. «Ci sono ragazzi che chiamano, che chiedono di essere aiutati. Deluderli è irresponsabile, pericoloso». Dietro gli occhiali, gli occhi azzurri non sorridono mai, non riposano neppure sulle grandi foto incorniciate alle pareti. Luciano Paolucci è uno che vive d’urgenza, sente di dover recuperare anni perduti. «Prima che succedesse quel che è successo, non mi ero mai fermato a riflettere su queste cose. Come tanti, mi sembrava naturale occuparmi dei miei figli, non di tutti i bambini. E spesso penso: se mi fossi svegliato prima, forse Lorenzo sarebbe ancora vivo». Difficile capire se l’impegno a cui ha consacrato tutto il tempo libero -gli appelli alle istituzioni e al pubblico, il sito movimentoinfanzia.it- non sia anche una terapia, o una forma d’inconscia espiazione. Se c’è dell’odio, è sulla pedofilia che si riversa; non sul pedofilo. Neppure sull’uomo che un tempo avrebbe voluto uccidere con le sue mani. «Chiatti ha il mio perdono, perdono completo; prego Dio che gli conceda la possibilità di capire quel che ha fatto. Sono convinto che abbia visto, e in parte subito, quel che poi ha fatto agli altri. Perdonarlo significa perdonare un bambino. Mi riesce più difficile perdonare gli adulti che l’hanno messo in quelle condizioni: Luigi Chiatti è un mostro fabbricato da adulti». Michele Concina