Corriere della Sera 25 febbraio 2008, Alessandro Pasini, 25 febbraio 2008
Valentino Rossi. Corriere della Sera 25 febbraio 2008. Valentino Rossi, ha detto di avere finalmente la coscienza a posto
Valentino Rossi. Corriere della Sera 25 febbraio 2008. Valentino Rossi, ha detto di avere finalmente la coscienza a posto. «Ah, adesso sì!». E come si sente? «Bene. Ora sono sereno, almeno fino a quando comincerà il Mondiale». Eppure tanti si sentono traditi: sa, le tasse sono le tasse... «Già, ma sarebbe bello fare chiarezza». Facciamola. «Per cominciare, quando al Fisco hanno fatto il primo lavoro di intelligence, hanno guardato moto, sponsor, contratti e hanno pensato che prendessi tutto io». E invece? «Non è difficile fare quattro conti e capire quanto guadagno realmente. L’enorme cifra iniziale è stata solo una provocazione per aprire la trattativa. Me l’hanno detto anche loro. Non si può parlare di sconto, ho pagato il giusto». Molti dicono il contrario. «Ma scusi, se io avessi evaso davvero 112 milioni di tasse in 4 anni, vorrebbe dire che ne ho guadagnati oltre 250, cioè 65 l’anno! Be’, io di soldi ne guadagno tanti, ma non così tanti». Allora cosa diciamo al popolo che l’amava incondizionatamente, dalle bimbe alle nonne? «Sinceramente, questa immagine del ragazzo perfetto che piace a tutti mi è stata data: io non l’ho mai voluta. In realtà, anch’io faccio le mie cazzate, ho i miei problemi e i miei difetti. Insomma, Valentino è questo. Non così differente dagli altri. E poi c’è un’altra cosa che non va dimenticata». Quale? «A me non ha regalato niente nessuno. Ho avuto la fortuna e il dono divino di un grande talento nel guidare i mezzi a motore, ma poi, per usarlo bene, devi farti un gran mazzo. E tutti quei soldi, se me li danno, è perché ne faccio guadagnare ancora di più. C’è un mercato». Da recordman italiano dei grandi debitori, con 35 milioni pagati al Fisco, che cosa pensa della parte di Italia che non arriva a fine mese? «Che nel Paese c’è qualcosa che non va. Eppure siamo un popolo con un potenziale incredibile». Molti vorrebbero lasciare l’Italia, lei invece torna. «A me ora interessa solo stare a casa. Molto meno ricco, ma sereno». La cosa che l’ha ferita di più in questa storia? «La voglia di dipingermi come uno che fa il bravo, l’umile e il simpatico e poi vive da furbetto miliardario e menefreghista». Ma perché uno dovrebbe avercela con lei? «Tanti giornalisti avevano qualche sassolino nella scarpa, anche per come sono stato gestito nei rapporti con loro negli ultimi anni. E hanno voluto farmela pagare. Succede a chi è ricco e famoso». Sente di aver pagato anche colpe non sue? « facile, adesso, dire che è stata colpa di altri. Ma io ero lì e mi andava bene così». Perché? «Ero concentrato sulla pista. Il resto lo consideravo una perdita di tempo. Era una mia lacuna». Ma possibile che non abbia mai avuto il sospetto che qualcosa non quadrasse? «Secondo me, il mio manager (Gibo Badioli, ndr) e i miei collaboratori fino a un certo punto hanno fatto un buon lavoro». Su che cosa si è rotta l’intesa? «Già da un po’ volevo lasciare Londra. E poi sulla vicenda fiscale». Una gestione fatta di messaggi tv, silenzi, fughe. Non pensa che per la sua immagine sarebbe stato meglio dire subito ciò che ha poi detto a Misano, quasi un mese dopo: se ho sbagliato, pagherò? «Sì, quello è stato un errore grandissimo. Certo, quelli che fino a lì erano stati con me mi hanno lasciato solo mentre mi massacravano... ». Ha mai perso il sonno? «Sì, ma solo per qualche giorno, come dopo Valencia nel 2006. Poi mi sono ripreso». Ha provato il dolore del tradimento? «Mi ha più fatto incazzare la poca professionalità. Ho pensato che non avevo a fianco gente al mio livello». Che cosa cambierebbe di questa storia? «La scelta di Londra non la rinnego: ci sono stato, ho fatto esperienze, ho conosciuto tanti nuovi amici, ragazze. Quando mi sono fidanzato con Arianna, nel 2004, ho sentito il bisogno di regolarizzarmi e tornare in Italia, ma chi lavorava con me mi ha stoppato. Intendiamoci: sarebbe successo tutto anche se fossi tornato». Perché è restato là allora? «Ho sbagliato a non impormi. Mi sono fatto convincere». Ora che torna ufficialmente in Italia, voterà? «Sì, anche se non mi sembra giusto dire per chi. Ho un’idea più chiara della politica, ma soprattutto di me. Penso di essere maturo per organizzare la mia vita fuori dalla pista ». In che senso? «Per tanto tempo mi sono sempre visto solo come pilota, ora mi vedo anche come un’azienda dalle grandi potenzialità. Spesso mi sono sentito incatenato e non ho potuto fare ciò che volevo». Tipo? «Insomma, io sono Valentino Rossi: se voglio fare un rally, per esempio, devo essere libero di farlo, anche se non c’è tornaconto economico». Sta cercando un Valentino nuovo o uno che si era perduto? «Un Valentino che si era perduto». Dove? «Dietro la sensazione che, fatto il mio dovere in pista, il resto potesse farlo qualcun altro. Ora è bello essere il padrone assoluto di me». vero che sua mamma le ha indicato una ragazza di Tavullia con la quale mettere la testa a posto? «No, questa donna non esiste». Ma il cambiamento di vita contempla anche una nuova relazione sentimentale? «Servirebbe una donna fantastica, ma non è facile trovarla. E poi adesso, se mi dovessi fidanzare, perderei concentrazione e tempo». Arianna non la frenava. «Vero. Infatti il 2005 è stato uno dei miei anni migliori in pista. Diciamo così allora: se tutto va bene, una donna può essere un vantaggio. Vedremo. Non ho fretta». Oltre che il vecchio Valentino, c’è da riprendersi un Mondiale che sfugge da un po’. «Due anni di sconfitte non sono una tragedia. Nello sport si vince e si perde. Mi è spiaciuto solo non poter lottare: nel 2006 per sfiga, nel 2007 perché non eravamo veloci». I punti forti del 2008? «Serenità, tranquillità, concentrazione, il lavoro del team Yamaha. A loro voglio bene, spero in una grande risposta». Si dice che, ora che ha le gomme Bridgestone, non potrà più avere scuse. «Nel 2003 dicevano che vincevo perché avevo la Honda: per dimostrarlo sono andato in Yamaha e ho rivinto. Ora è diverso. Io non ho mai detto che Stoner vince grazie alle Bridgestone. Ho solo detto che io non mi trovo bene con le Michelin. Anche se so che per quelli del bar non ho più scuse...». Il bar. Quanto è dura per voi sportivi farci i conti? «Durissima. Mi ricordo i discorsi che si facevano quando ci andavo. Ma il bar va capito e accettato». Di Stoner che pensa? «Un bell’avversario, tosto, sono contento di averlo». Ogni tanto la punzecchia... «Un po’ mi spiace, ma con me lui è sempre tranquillo. Forse si vuole creare a tutti i costi una rivalità. Io mi auguro solo belle lotte all’ultimo sangue in pista». Il Mondiale è una faccenda per due? «Vedo anche Pedrosa, l’unico che può andare come noi». E Lorenzo? «Molto forte». Siete compagni di team per modo dire. Vi parlate? «Cerco di tenere buoni rapporti. Ma, vede, noi piloti, in generale, non è che andiamo mai a bere assieme...». Nelle moto, dunque, niente terzo tempo? «Noi ci stringiamo sempre la mano, ma ci viene naturale. Obbligare a questo non ha senso». Una canzone dei Jethro Tull diceva: «Troppo vecchio per fare rock, troppo giovane per morire». Lei, 29enne contro una generazione di giovani fenomeni, si sente così? «Il mio rock’n’roll è correre e io mi sento di poterlo fare per altri 10 anni. Non tutti in moto, però...». In moto quanti? «Sicuro altri due o tre». In Yamaha? « il mio obiettivo». Ora i contratti li firmerà da solo? «Anche prima le decisioni tecniche le prendevo io. Comunque, sono pronto. Ora sono io il mio manager». In passato si è identificato in personaggi dei fumetti come Batman e di alcuni fumetti è stato pure ispiratore. Con chi si identifica oggi? «Ora è tempo di persone reali. Mi piace il giocatore della Nba Emanuel Ginobili. Anche lui ha 29 anni, gioca contro giovanissimi come LeBron James eppure con la sua esperienza fa ancora la differenza. Ecco, vorrei fare così anch’io». E poi da grande farà il commercialista? «Spero di no!». Allora il testimonial del Fisco. «Questa non sarebbe una cattiva idea. Se me lo chiedono sono pronto». Alessandro Pasini