L’Osservatore romano 22 febbraio 2008, Saverio Ricci, 22 febbraio 2008
All’indice! Anzi no. L’Osservatore romano 22 febbraio 2008. Dal tempo del saggio di Luigi Firpo Filosofia italiana e Controriforma (1951), e dopo i suoi studi sui processi a Bruno e a Campanella, le indagini intorno alla storia del Santo Uffizio e della censura ecclesiastica, e in generale sul fenomeno europeo delle inquisizioni ecclesiastiche, hanno conosciuto in Italia larghi e fruttuosi ampliamcnti, anche per quanto concerne processi e divieti relativi alla filosofia
All’indice! Anzi no. L’Osservatore romano 22 febbraio 2008. Dal tempo del saggio di Luigi Firpo Filosofia italiana e Controriforma (1951), e dopo i suoi studi sui processi a Bruno e a Campanella, le indagini intorno alla storia del Santo Uffizio e della censura ecclesiastica, e in generale sul fenomeno europeo delle inquisizioni ecclesiastiche, hanno conosciuto in Italia larghi e fruttuosi ampliamcnti, anche per quanto concerne processi e divieti relativi alla filosofia. Da un certo momento, questo sviluppo è proceduto anche in concomitanza con una più ampia ricognizione delle fonti, e poi infine con l’apertura agli studiosi dell’Archivio dell’ex-Santo Uffizio (Congregazione della Dottrina della Fede), intervenuta nel 1998, regnante Giovanni Paolo II. Nel clima di "purificazione della memoria", che per la storia del pensiero comportava per la Santa Sede la cosiddetta "riabilitazione" di Galileo e alcune iniziative sul caso Bruno. Negli anni di Firpo l’attenzione era stata rivolta soprattutto alla storia della persecuzione delle correnti "spirituali" ed ereticali italiane, ma anche ai filosofi e agli scienziati, ai letterati e agli artisti vittimc della macchina inquisitoriale. Più di recente, la storia politico-istituzionale, i presupposti teologici, ecclesiologici e giuridici, l’organizzazione e il funzionamento di quella macchina, e la personalità, la formazione e la cultura dei suoi "meccanici", inquisitori e censori, sono diventati rinnovati oggetti di studio, offrendo allo sguardo dello storico un panorama molto complesso, non un volto statico e uniforme. Il nuovo orientamento. contestuale a un generale rinnovamento della storiografia internazionale sulle diverse inquisizioni, e a nuove discussioni su Rinascimento e Controriforma, è sentito fin dagli anni settanta, e per merito di non pochi studiosi sia italiani sia stranieri. I lavori di John Tedeschi vi contribuirono in modo molto sisnificativo, segnalandosi in essi che l’immagine del Santo Uffizio si avvertiva ormai non più come di "un tribunale arbitrario, un tunnel degli orrori o un labirinto giudiziario dal quale era impossibile uscire", ma di una "giustizia in senso legale", ricostruibile nella sua storicità, per quanto, alla attuale cultura e spiritualità essa non paia essere stata tale anche "in senso etico". Si veniva producendo una più efficace restituzione del Santo Uffizio alla sua realtà storica, appannandosi la "leggenda nera" della "crudele inquisizione" e i condizionamenti ideologici che l’avevano alimentata; ma restava saldo l’appello a evitare il rischio di fondare una nuova, "assurda leggenda rosa". Notevoli esiti sono stati conseguiti, oltre che intorno al più celebre e bat- tuto caso di Galileo, anche nello studio di procedimenti istruiti dal Santo Uffizio e dall’Indice contro filosofi naturali, scienziati, medici ed esoteristi, nel tentativo di ricostruire l’orientamento generale delle Congregazioni inquisitoriale e censoria nelle materie scientifico-naturali e magico-naturali. Mentre sono avanzati con decisione i lavori relativi alla storia generale dell’Indice e all’incidenza dell’attività censoria su campi tanto rilevanti (e con quello filosofico collegati per più versi) della letteratura italiana, del connesso territorio, tra erudizione, nuova spiritualità e umanesimo, dell’erasmismo, e ancora del machiavellismo e del pensiero politico, campi sui quali l’azione della censura, ma anche quella inquisitoriale, fu precoce, più vasta, inizialmente più dura, influente e molto avvertita dai contemporanei, rispetto a quella esercitata sulla filosofia e sul pensiero scientifico, sebbene sempre oscillante tra scelte di radicale severità e ripensamenti, limiti e contraddizioni nella concreta attuazione. D’altro canto, dopo i contributi da Firpo dedicati ai filosofi del Rinascimcnto, storici della filosofia e del pensiero politico e scientifico hanno appro- fondito singoli casi, infoltendo le nostre conoscenze o esprimendo nuove interpretazioni o più larghe vedute su quei casi processuali o censori, spesso fra i più noti: Bruno, Patrizi, Campanella, Galileo, Cremonini, Bodin c i politiques, ma anche Francesco Giorgio Veneto e Girolamo Cardano. Di necessità presupponendo la storia della istituzionc inquisitoriale in quanto tale, rico- struita con sempre maggiore penetrazione dagli storici generali, dagli studiosi delle strutture curiali ed ecclesiastiche e dell’eresia religiosa, e traendo da essa indubbio vantaggio. Scopo del presente lavoro è quello di tentare una prima reazione, in un campo vasto, suscettibile di molti ulteriori approfondimenti, tra alcuni casi relativi a filosofi, talvolta meno frequentati, o già studiati, ma la cui conoscenza è ora integrata da nuovi documenti o investita da nuove prospettive, e i risultati della più generale, recente ricerca intorno alla storia del Santo Uffizio e della censura, così da verificare il corso e le effettive caratteristiche del radicamento del controllo del pensiero filosofico nella complessa storia della curia romana e dei suoi uffici. Il periodo principalmente considerato è qucllo tra i regni di Pio IV e di Clemente VIII, con "allunghi", nei casi di Montaigne e di Telesio, ben dentro il XVII secolo, per completare, sullo sfondo di. nuove condanne e divieti, l’illustrazione di due episodi nati nel precedente, ma risolti definitivamente in quel tempo. L’asse principale della ricostruzione passa poi attraverso la convulsa vicenda della riforma dell’Indice romano dei libri proibiti per quanto essa concerne la produzione filosofica, il clamoroso caso Patrizi, la questione della expurgatio dei libri di filosofia, per arrestarsi con la riconsiderazione di alcuni processi di Santo Uffizio istruiti contro filosofi, alcuni celebri, altri meno, uno dei quali, del tutto strumentale, riguarda Jan van Heck, in quanto cofondatore di quella Accademia dei Lincei voluta nel 1603 da Federico Cesi, e che nel corso dei primi decenni del secolo sarebbe stata coinvolta in vario modo nelle vicende di Indice e inquisizione, e soprattutto nella condanna del copernicanesimo e del pro- cesso a Galileo. Lontana dall’organizzare fin dal principio dell’attività delle nuove strutture inquisitoriali e censorie una programmatica campagna di "bonifica" del pensiero filosofico in quanto tale, ma anche dal concentrarsi su di esso solo dopo aver estinto 1’eresia rcligiosa fra i credenti, la Chiesa tridentina guardò alla filosofia come a uno dei possibili ambienti di coltura della eterodossia. Santo Uffizio e Indice trovarono criteri generali di condotta, sul merito, nella tradizione patristica, nei decreti dei concilii, e nella consueta sorveglianza dell’aristotelismo secolare, in continuità con timori, polemiche e condanne medievali. Ma si avvertirono pure, al centro e in periferia, nuove prospettive e nuovi dubbi. Nella censura, si registrarono spesso dissensi e distonie all’interno delle stesse strutture centrali, ma anche la quasi sempre puntuale "bocciatura", a Roma, di libri filosofici regolarmente approvati in periferia, magari a costo di sforzi auto-censori degli autori, di trattative con revisori e inquisitori locali, di annotazioni ed emendazioni apposte d’ufficio, perchè il debito imprimatur fosse concesso. Si rinnovano le difficoltà e le tensioni antiche tra platonismo, aristotelismo e teologia cristiana, e pertanto si riaggiornano i sempre difficili conti tra filosofia c rivelazione cristiana. Ma d’altra parte, il confronto tra la "scolastica" in cui si è formato il ceto dei censori, dei consultori e degli inquisitori, e il pensiero dei novatores, sempre antiaristotelici, ma che spesso guardano, al di là di Aristotele, e contro Aristotele, a tradizioni più antiche, o ai Padri della Chiesa, finanche a qualche maestro recente della teologia e della esegesi, e a possibili "concordie", a loro avviso migliori di quelle aristoteliche, delle loro proposte, con la Sacra Scrittura nuovamente interpretata, non fu però sempre riducibile a reciproca diffidenza e ostilità, a radicale mancanza di comunicazione. Si verificano, nel mondo dei teologi, dei censori e degli inquisitori, posizioni differenti rispetto al rapporto tra filosofia e teologia, tra conservazione aristotelico-scolastica e difesa della fede dalla haeretica pravitas, che tuttavia non sempre aiutano, e semmai talvolta ulteriormente complicano o pregiudicano l’espressione del pensiero nuovo. La Chiesa tridentina non cominciò dai filosofi la sua azione di nuovo disciplinamento, ma al principio della storia del Santo Uffizio, allorchè cercò di snidare l’eresia innanzitutto là dove essa avrebbe dovuto essere piu detestata e meglio combattuta, ovvero all’interno della Chiesa stessa, tenne ben presto presente il problema. Saverio Ricci