LiberoMercato 14 febbraio 2008, P. LIB., 14 febbraio 2008
Nelle mani dei sindaci. LiberoMercato 14 febbraio 2008. Quasi ottomila società, più di 270mila dipendenti, oltre 35 miliardi di fatturato netto e 1,3 miliardi di margine operativo netto
Nelle mani dei sindaci. LiberoMercato 14 febbraio 2008. Quasi ottomila società, più di 270mila dipendenti, oltre 35 miliardi di fatturato netto e 1,3 miliardi di margine operativo netto. Quella delle società partecipate o controllate dagli enti locali è una realtà elefantiaca dalla quale l’Italia non riesce a liberarsi. L’ultimo rapporto, completo di tutti i dati, è stato presentato meno di tre settimane fa da Unioncamere. Dati che tornano alla ribalta ogni volta che dalla politica arrivano segnali di cambiamento. L’ultimo a proporre la privatizzazione delle ex municipalizzate è stato ieri il presidente del Partito del Popolo delle libertà, Silvio Berlusconi. Dopo che il ministro del Partito democratico Linda Lanzillotta ha provato, invano, per i due anni di governo a cambiare la situazione attraverso una liberalizzazione che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto favorire l’ingresso dei privati e indebolire lo strapotere dei sindaci sui servizi pubblici locali. Ma non c’è stato niente da fare. La sinistra antagonista, con a capo Rifondazione comunista, si è opposta strenuamente, bocciando la privatizzazione di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua. Grosse resistenze, però, sono arrivate anche dai più moderati. Del resto il partito dei sindaci (in Italia molti Comuni sono di centrosinistra) è molto forte in Italia. Lo sa bene l’Anci contraria a questa riforma. Insomma, il feudo delle ex municipalizzate fa gola a troppe persone. E la mano degli enti locali sui settori delle utility, così come di altri comparti industriali, si fa sempre più pressante. Aumentano infatti le società controllate o partecipate da Stato, Regioni, Province e Comuni e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: costi più alti e produttività più bassa. E anche laddove i risultati siano lusinghieri, lo si deve all’enorme mole di finanziamenti pubblici che piovono su queste società, oltre che alle tasse (vedi settore energetico). E il numero del business è destinato a crescere se è vero che nel triennio 2003-2005 le società partecipate sono aumentate del 5,9%, secondo i dati di Unioncamere. Il fenomeno vede coinvolti, in prima linea, i Comuni, che di anno in anno vantano maggiori partecipazioni nel settore di gas, acqua ed energia elettrica. I sindaci sanno bene, infatti, che le addizionali locali, che si sommano alle imposte erariali, valgono una fortuna. «Per i consumi di 2.000 MWh all’anno - quelli di un’impresa di piccole dimensioni - l’incidenza delle imposte erariali e delle addizionali locali sul prezzo finale risulta pari al 29,2% in Italia, contro il 24,4% della Germania, il 22,9% della Francia, il 18,0% della Spagna e il 17,1% del Regno Unito», si legge nel Rapporto 2007 di Unioncamere, che mette in evidenza come in Italia un’impresa paghi «il 77,1% in più della media europea » sul costo dell’energia. Costi che arricchiscono le società distributrici di energia e con esse gli enti locali che le controllano. Se si guarda ai dividendi, infatti, questi sono aumentati del 50%. Nel 2003 gli enti locali incassavano ogni anno oltre 411 milioni di dividendi. Nel 2005 il dato è salito a quasi 628 milioni. Oltre a questo, però, sono anche raddoppiati i contributi e le compensazioni a favore delle controllate pubbliche. Quasi 609 erano i milioni di euro che nel 2003 confluivano nelle casse delle municipalizzate. Oggi questa cifra ha raggiunto il tetto di 1 miliardo e 165 milioni di euro. Soldi pubblici che «se si pone pari a 100 la somma totale dei contributi, il 19% degli stessi risulterebbe assegnato per la copertura dei costi derivanti dagli obblighi di servizio pubblico, il 14% andrebbe a finanziare spese di investimento e il restante 67% viene riportato in nota integrativa come contributo in conto esercizio tout court», si legge nel Rapporto. Insomma, quasi il 70% dei contributi viene erogato alle società partecipate a ”titolo gratuito” e sono somme che servono a tappare i buchi di bilancio. «Per una corretta valutazione del conto economico», prosegue lo studio, «va tenuto conto anche dei trasferimenti a titolo di compensazione economica e di contributo in conto esercizio percepiti dalle società controllate ad opera degli stessi enti locali, dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche. Al netto dei contributi, in effetti, il risultato del conto economico peggiorerebbe in misura notevole nella generalità dei settori considerati». Valga su tutti, infine, un ultimo dato: il fatturato medio delle imprese partecipate è aumentato proprio grazie al settore energetico - «in particolar modo nel comparto dell’energia elettrica (+56,1% in tre anni)» - ”coccolato” dalle alte tasse e dalle addizionali locali. Una situazione che paralizza anche gli investimenti, ripercuotendosi sulla qualità del servizio. Nel triennio 2003-2005, le società controllate hanno investito più in ”finanza” che in macchinari e impianti. P. LIB.