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 2008  febbraio 16 Sabato calendario

Nel Pakistan dei nuovi talebani. La Repubblica 16 febbraio 2008. Ci sono due criteri per misurare la spettacolare avanzata dei "nuovi" Taliban nel Pakistan occidentale, proprio sulla fascia di confine che è vitale alla missione Nato in Afghanistan

Nel Pakistan dei nuovi talebani. La Repubblica 16 febbraio 2008. Ci sono due criteri per misurare la spettacolare avanzata dei "nuovi" Taliban nel Pakistan occidentale, proprio sulla fascia di confine che è vitale alla missione Nato in Afghanistan. Il primo criterio è la scia di negozi bruciati, devastati o costretti a chiudere perché osavano vendere dvd di film occidentali. Intorno a Peshawar, per un raggio di decine di chilometri, non ne è rimasto uno in attività. E ormai anche nella periferia urbana le botteghe specializzate in quel genere stanno sparendo dal panorama, così come i barbieri e le labbra rifilate con il rossetto. Lunedì una bomba ha spazzato via una botteguccia di dvd all´estremità di Peshawar, nel quartiere di Abdarran, case minuscole affacciato su un rivolo nerastro. Il proprietario l´aveva chiusa due mesi fa, dopo le prime minacce, ma sperando in tempi migliori non l´aveva riconvertita come i Taliban gli avevano ordinato. L´esplosione ha sformato anche le serrande di due negozietti limitrofi, trasformato in minestrone un banco di verdura, e sconcertato i titolari di quelle attività: «Che senso ha tutto questo? Perché prendersela con noi?». Ma subito frenano l´ira, inquietati dal dubbio che nella zona i Taliban abbiano le loro spie. Per trovare film in dvd (tutti piratati) adesso bisogna andare nel bazar chiamato Nishtar Abad, dove tuttora sono in quel commercio 120 botteghe, anzi 119 perché una è saltata in aria alla fine del 2007. La sparizione della concorrenza non ha giovato al negozio dirimpetto: le vendite sono crollate del 70%, calcola il proprietario, che è anche il presidente di una sorta di associazione creata dai venditori di dvd. In quel ruolo ha chiesto aiuto ai mullah della moschea centrale, racconta, ma quelli grossomodo gli hanno detto: pentiti! Rinuncia a Satana! Obbedisci ai Taliban! Tornato tra i suoi diavolacci, due pareti di cinematografia americana e indiana, adesso il commerciante non sa bene cosa fare. Resistere: ma fino a quando? I molto ottimisti possono sperare che dalle elezioni di lunedì prossimo, le prime elezioni libere dal 1997, nasca un governo determinato a ricacciare indietro i Taliban. Ma le probabilità non sono alte, e se applichiamo il secondo criterio dobbiamo convenire che in questa parte del Pakistan i Taliban hanno il vento in poppa. Da Peshawar partono cinque strade statali: quante ne può percorrere in auto un occidentale visibilmente occidentale senza rischiare d´essere sequestrato o decapitato? Una soltanto, valuta Husain, autista fidato: la strada per la capitale. Le altre attraversano villaggi o territori in cui i Taliban hanno rapito, sparato, attaccato all´improvviso soldati, almeno una volta negli ultimi tre mesi. Ogni tanto, dalle montagne di roccia che incombono su Peshawar, tirano con i mortai sulla caserma azzurra e ocra dei Frontier Corps pachistani, solitaria sentinella dell´estrema periferia. E tutto questo sembra giustificare il singolare spettacolo offerto dalla fortezza di Bala Hissar, costruita da Sikh nell´Ottocento: dai bastioni le canne sottili dell´artiglieria leggera si sporgono sul traffico sottostante, come se da un momento all´altro un´orda di Taliban potesse lanciarsi all´assalto, ululando tra le automobili. In realtà quell´attacco non è un evento probabile, comunque non imminente. Nell´agenda dei Taliban c´è innanzitutto l´Afghanistan: la riconquista, l´espulsione della Nato. Peshawar può attendere. Più importante, adesso, è acquisire una certa libertà di manovra sull´intera fascia di confine. Già ora i Taliban controllano settori strategici prossimi alla frontiera, lì dove il loro movimento nacque (all´inizio degli anni Novanta) e resuscitò (alla fine del 2002), sempre sotto gli occhi benevoli dei servizi segreti pachistani. Quelle regioni riarse svolgono un ruolo fondamentale nella guerra contro la Nato. Ospitano il comando politico e la cassaforte dei Taliban. Garantiscono la turnazione al fronte, essendo in grado di rovesciare in Afghanistan fino a 40mila uomini, grossomodo quanti sono i soldati occidentali e più del doppio degli afgani che sono Taliban a tempo pieno. Fabbricano, ad un ritmo senza eguali, kamikaze per uso locale e per esportazione (innanzitutto l´Afghanistan, ma ora anche l´Europa: provenivano dal Pakistan talibanizzato la maggioranza dei terroristi arrestati di recente a Barcellona e in Germania). Se ora riuscissero a precipitare nel caos l´intera zona di frontiera, da Chitral a Quetta, sarebbero in grado di minacciare i rifornimenti della Nato, che per il 70% arrivano dal Pakistan. Questo potrebbe accelerare la progressione verso la battaglia finale per l´Afghanistan, che i Taliban sui due lati della frontiera sentono ormai vicina. Enigmatica e poco lineare, l´espansione dei Taliban pachistani ha avuto un´accelerazione negli ultimi mesi, in parallelo alla crisi del regime di Musharraf. Al contrario dei loro precursori afgani, questi "nuovi" Taliban si considerano militanti di un movimento rivoluzionario mondiale, anzi la sua punta di lancia, essendo effettivamente l´unico jihadismo di massa, e l´unico in grado di sconfiggere in battaglia l´Occidente. Il loro biglietto di visita sono i dvd di propaganda binladista prodotti in Pakistan da imprese regolarmente registrate (Manbaul-Jihad, Abdullah-videos). Esaltano successi guerriglieri in Afghanistan, in Iraq, nel Waziristan pachistano, in Palestina. Mostrano con compiacimento l´ "interrogatorio"´ e l´esecuzione di "spie". E sulle immagini di bombardamenti sovietici e americani in Afghanistan, costruiscono l´idea di una sempiterna guerra ateo-cristiano-giudaica contro la Vera fede. Il ricorso ad uno strumento di propaganda come i filmati in dvd conferma che i Taliban si mostrano "nuovi" soprattutto nella capacità di usare i media. Dal 6 dicembre scorso si presentano alla stampa locale come "movimento Taliban del Pakistan", Tarik-i-Taliban-Pakistan, e si premurano di segnalare le loro vittorie sui due lati del confine. In genere mandano sms, ma talvolta conversano al telefono, amichevoli e vanitosi, con i giornalisti di Peshawar. Uno dei loro interlocutori abituali, Mushtaq Yusufzai, mi racconta il codice di questi dialoghi. Per "feddayn", non a caso termine arabo importato dall´Iraq, si intendono i poveri disgraziati, spesso adolescenti, che i Taliban convincono a farsi saltare in aria, per la gloria dell´islam e del comandante che dispone delle loro vite. "Sheck", lo sceicco, è Osama bin Laden. Ma più spesso è "Obiel", l´acronimo delle sue iniziali in inglese, perché quel suono liquido non sarebbe riconosciuto dal Grande Orecchio americano che spia dai satelliti le telefonate in quest´area. Mushtaq è rimasto molto sorpreso quando il Talib al telefono gli ha rimproverato presunte inesattezze in un articolo che aveva scritto per la tv statunitense Nbc, di cui il giornalista è collaboratore. «Possibile che questa gente controlli perfino i siti di televisioni quasi sconosciute in Pakistan? Evidentemente qualcuno li aiuta». Ma ancor più Mushtaq si è stupito per la sorprendente ascesa di "Mullah Radio", un Talib che usando un´emittente privata è riuscito a scatenare l´inferno nella valle dello Swat. «Quando tutto è cominciato sarebbero bastati dieci poliziotti per neutralizzarlo. Invece lo si è lasciato fare». Con la sua predicazione forsennata "Mullah Radio" ha formato una grossa banda di Taliban e l´ha scagliata contro i villaggi degli sciiti, che i Taliban considerano ripugnanti eretici nonchè quinte colonne dell´India e dell´Iran. L´esercito è intervenuto solo quando i morti ormai si contavano a centinaia. Ha scelto l´inazione anche alla fine del 2007, quando i Taliban si sono lanciati contro gli sciiti del Khurram. Seicento morti, calcola Javeed, che dal Khurram è fuggito. «Per tre mesi l´esercito è stato a guardare. Appena si è mosso, i Taliban si sono ritirati in montagna e tutto è finito». Per capire la misteriosa "neutralità" dell´esercito pachistano conviene ricordare la storia recente della frontiera occidentale, soprattutto delle Tribal Areas. Poverissime e turbolente, le "Aree tribali" sono la riserva indiana del Pakistan. Islamabad le governa con uno strumento coloniale ereditato dall´impero britannico, il Criminal code del 1901, che prevede punizioni collettive tuttora applicate (due giorni fa l´esercito ha punito il rapimento dell´ambasciatore pakistano a Kabul, sparito nel nulla a pochi chilometri da Peshawar, arrestando 13 dignitari della tribù nel cui territorio è avvenuto il misfatto: se all´ambasciatore accadrà qualcosa ne risponderanno anche loro). Disponendo di questo strumento di dominio, i servizi segreti pachistani hanno sempre fatto quel che volevano nelle Tribal areas, dove hanno una presenza massiccia sin da quando vi organizzarono la guerriglia contro i sovietici. Ma la loro influenza sui "nuovi" Taliban afgano-pachistani è stata, malgrado il sostegno elargito, fin dall´inizio problematica. Forzato dagli americani, nel 2006 Musharraf ha mandato 80mila soldati nelle Tribal Areas per tentare di riprenderne il controllo, ma l´impopolarità di quel conflitto feroce e inconcludente l´ha costretto a firmare una capitolazione disastrosa. Di fatto i Taliban sono rimasti padroni di interi distretti, dove hanno instaurato un regime di terrore. Secondo Safiullah Gul, un giornalista cresciuto nell´area tribale più ribollente, il Waziristan, «neppure quando sono a Karachi la paura abbandona i pachistani fuggiti a migliaia da quella terra: perfino lì temono che i Taliban li spiino». L´aggressività dei Taliban ha provocato anche un effetto positivo: stando ad un sondaggio recente, nel Paese la loro popolarità si è dimezzata (dal 38 al 19%), così come la popolarità di Bin Laden (dal 46 al 24%). Ma l´ostilità verso gli Stati Uniti resta talmente diffusa che la maggioranza giudica un cedimento a Washington l´intervento dell´esercito contro i Taliban (sarebbe favorevole solo il 33%). Questa percezione probabilmente spiega la riluttanza a sparare confermata negli ultimi mesi dalle Forze armate, e comunque si è saldata perfettamente con i giochi dei servizi segreti, le simpatie fondamentaliste di molti quadri militari, e il timore che, se attaccati, i Taliban avrebbero insanguinato queste elezioni con un terrorismo sistematico. Lo stesso presidente Musharraf ha la necessità, per ragioni elettorali, di scrollarsi di dosso l´immagine che lo vuole «strumento degli americani». Così il capo del suo partito due giorni fa era a colloquio con il mullah che aveva trasformato la Moschea Rossa di Islamabad in una santabarbara dei Taliban: la sua scarcerazione non dovrebbe tardare. Quanto agli altri partiti, tutti promettono che fermeranno il "terrorismo", però evitano di pronunciare quel nome: Taliban. Quale che sarà la coalizione prodotta dalle urne, il nuovo governo avrà la tentazione cui hanno sempre ceduto i governi precedenti, civili o militari: invogliare i Taliban a dedicarsi all´Afghanistan per distoglierli dal Pakistan, dove, questo è indubitabile, possono provocare stragi spaventose e dare filo da torcere all´esercito. Ma sarebbe un calcolo miope: incassato l´Afghanistan, i Taliban e Bin Laden cercherebbero di prendersi un pezzo di Pakistan. Magari il pezzo con la Bomba. Guido Rampoldi