Il Messaggero 19 febbraio 2008, Carlo Jean, 19 febbraio 2008
Pakistan opposizione in vantaggio. Il Messaggero 19 febbraio 2008. NON si conoscono ancora i risultati definitivi delle elezioni pakistane
Pakistan opposizione in vantaggio. Il Messaggero 19 febbraio 2008. NON si conoscono ancora i risultati definitivi delle elezioni pakistane. però già un successo che si siano tenute e che il livello di violenza fra le fazioni contrapposte sia stato limitato. Benazir Bhutto, la popolare leader del maggiore partito pakistano, con il suo coraggio e sacrificio, ne ha certamente aumentato il successo elettorale. Sicuramente ci sono stati brogli. Meglio però non solo per il Pakistan, ma per tutti un governo eletto, per quanto imperfette siano state le elezioni, che la situazione degli ultimi mesi. Si rischiava di far implodere il Paese, di trasformare le violenze in rivolte e di mettere a repentaglio la sicurezza delle armi nucleari. Non vi era però il rischio che una società secolare come quella pakistana cadesse nelle mani degli islamisti. Solo nelle regioni Pashtun vicino al confine afgano la maggioranza della popolazione pratica un Islam rigorista. Sugli 80 milioni di aventi diritto, è andato a votare meno della metà, all’incirca come in passato. Forse questa volta ha influito anche per il timore di violenze religiose. Quelle che vi sono state erano politiche. Dal primo spoglio di voti, il Partito del popolo pakistano (Ppp) diretto fino alla sua morte dalla Bhutto e oggi da suo marito, Alì Zadari avrebbe ottenuto una grande vittoria: oltre il 50% dei voti. Esso sarebbe seguito, con all’incirca il 30% dei suffragi, dalla Lega Musulmana Pakistana dell’ex-premier Nawaz Sharif (Pml-N), mandato in esilio otto anni fa da un colpo di stato militare, guidato da Musharraf, allora Capo dell’Esercito. Nettamente battuti sarebbero invece il partito del Presidente (Pml-Q), crollato a meno del 15% dei voti, e quelli islamisti. Anche questo era previsto dai sondaggi che, una volta tanto, hanno visto giusto. Le elezioni erano un referendum su Musharraf o Busharraf, come viene chiamato dagli avversari per la sua sudditanza agli Usa. Egli ne esce sconfitto e indebolito. Non si può ancora dire se ne sarà politicamente distrutto. I giochi sono ancora aperti. Il Ppp è diviso. Zadari ha dichiarato di essere disponibile a collaborare con Musharraf e con il Pml-Q per effettuare la transizione verso la democrazia. Segue il programma esposto nel libro postumo di sua moglie ”Riconciliazione” pubblicato proprio pochi giorni fa. Esso propone una realistica roadmap per riconciliare l’Islam, la democrazia e l’Occidente. Altri esponenti del Ppp sono invece nettamente contrari. Vorrebbero allearsi con Shafir, nemico acerrimo di Musharraf. Con tale alleanza, raggiungerebbero in Parlamento due terzi di voti e potrebbero destituire il Presidente ed inviarlo in esilio. Le irregolarità non sono state tali da far invalidare le elezioni o da provocare rivolte. Il Pakistan è uno Stato dominato da grandi famiglie, con le loro coorti di seguaci, distribuiti un po’ in tutti i partiti. Esse hanno interesse innanzitutto a conservare i loro privilegi e potere. Anche se non possono contrastare gli estremisti e i terroristi, vogliono arricchirsi, non farsi la guerra. L’esercito ha in Pakistan una collocazione particolare. uno Stato nello Stato. sempre stato non solo il difensore, ma anche il garante delle istituzioni della Repubblica. una situazione in un certo senso analoga a quella della Turchia del dopo Kemal Ataturk. A differenza dell’esercito turco garante della laicità dello Stato quello pakistano non è suscettibile di essere destabilizzato dagli islamisti. Infatti, sin dalla nascita del Pakistan, si pone come protettore dell’identità islamica dello Stato. Non si è mai diviso in fazioni contrapposte. Ha governato il Pakistan per 33 anni, cioè per oltre la metà della sua esistenza. Dispone di grandi ricchezze, che lo rendono quasi indipendente dai giochi politici e che ne contribuiscono alla coesione interna. Da quando, per le pressioni statunitensi, il presidente Musharraf si è dimesso da Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, l’importante carica è stata assunta dal generale Ashfag Kayani, posto da Musharraf a dirigere i servizi di sicurezza militare più conosciuti sotto l’acronimo Isi per riportarli sotto il controllo delle Forze armate. Ancorché legato al presidente, Kayani ha adottato un atteggiamento indipendente. Si è preoccupato soprattutto di ripristinare il prestigio e la popolarità dell’esercito. Si è mantenuto completamente estraneo alla competizione elettorale, auspicando solo che da essa possa scaturire un governo sufficientemente popolare e legittimato a sostenere le Forze armate nella sua lotta contro i separatisti Pashtun, i jihadisti stranieri ed i terroristi interni. Sicuramente l’esercito non interverrà, anche qualora Musharraf fosse destituito. Manterrà l’ordine nelle regioni del Paese che contano veramente, cioè nel Punjab e nel Sindh. Solo dopo che la situazione politica si sarà chiarita, si volgerà alle aree tribali, dove finora la sua offensiva contro al Qaeda ed i talebani non ha avuto successo. Solo fra qualche mese si saprà se il nuovo governo pakistano sarà un alleato determinante della Nato per stabilizzare l’Afghanistan. Carlo Jean