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 2008  febbraio 20 Mercoledì calendario

Si fa presto a dire che Fidel se ne va. La Stampa 20 febbraio 2008. Se ne va Fidel. Chi mai gli avrebbe dato, tanti anni fa, una tale lunghezza di vita e di governo? Non voglio tuttavia né ricordare né dire le solite furbate su se Fidel è stato meglio di Saddam o di Pinochet, perché so dalla mia lunga esperienza che ogni despota, come ogni governo democratico, è ahimè un caso a parte

Si fa presto a dire che Fidel se ne va. La Stampa 20 febbraio 2008. Se ne va Fidel. Chi mai gli avrebbe dato, tanti anni fa, una tale lunghezza di vita e di governo? Non voglio tuttavia né ricordare né dire le solite furbate su se Fidel è stato meglio di Saddam o di Pinochet, perché so dalla mia lunga esperienza che ogni despota, come ogni governo democratico, è ahimè un caso a parte. Di questo sono interessato a discutere. Qual è stata secondo lei la ricetta di lunga vita al potere del piccolo dittatore dello Stato libero dell’Avana? Comunismo in salsa piccante caraibica, lunghezza di vita del comunismo, consenso pecorone della popolazione, o repressione? ANGELO MARIA ALBANESI Intanto, caro lettore, ci andrei piano a dire che Fidel se ne va. Il Líder máximo non sarà più infatti né presidente né comandante in capo di Cuba. Anche se lui lascia il posto da cui ha guidato la sua bellissima isola, la carica andrà a suo fratello Raúl Castro, che già ha le redini della nazione dal 31 luglio 2006. Tutto meno che un abbandono, dunque. Lo stesso Fidel ha promesso che continuerà a far sentire la sua voce, da lui definita «un’arma su cui si potrà contare». L’ambiguità di questo passaggio di potere contiene già le ragioni che lei cerca. Quello di Fidel è stato un regime comunista per molti versi «morbido», non nel senso delle persecuzioni ai dissidenti, che ci sono state e continuano a esserci. stato morbido come «Stato comunista», in quanto la sua posizione, la sua stessa grandezza ne hanno affidato la sopravvivenza meno alla forza e più a una serie di fattori che oggi diremmo «moderni». Il castrismo è una combinazione molto «latina» di paternalismo, autoritarismo, rivoluzione, corruzione e immaginazione. Castro ha vissuto così a lungo, pur essendo nelle fauci stesse del suo peggior nemico (L’Avana è solo a 90 miglia da Key West, Florida), non perché ha avuto la forza di sfidarlo o perché ha avuto dietro la Russia, ma soprattutto perché ha creato (in questo senso «modernamente») una mitologia di se stesso del tutto unica e ineguagliata nel mondo del comunismo. Vivace, populista, bugiardo, verace, audace, diplomatico, il volto di Cuba è stato negli anni un cangiante specchio di immagini in cui molti si riconoscevano. Il mondo latinoamericano dei desperados per il mito di Davide e Golia, il mondo intellettuale occidentale per le migliaia di medici che le sue università hanno sfornato, i ragazzi di molti paesi per la «vestibilità» dei suoi semplici simboli. Oggi Cuba ha da molto tempo lasciato dietro di sé anche la parte migliore di questa esperienza, ma pare finita anche la sua influenza. L’abbandono del vecchio Fidel è stato non a caso accolto senza entusiasmo, ma solo da un temperato ottimismo, persino da quei leader come Bush che gli sono sempre stati avversari. Lucia Annunziata