La Stampa 20 febbraio 2008, Elise Vincent, 20 febbraio 2008
Il regno dei miliardi nascosti. La Stampa 20 febbraio 2008. Nel Liechtenstein le crisi si svolgono sempre sul velluto
Il regno dei miliardi nascosti. La Stampa 20 febbraio 2008. Nel Liechtenstein le crisi si svolgono sempre sul velluto. Nella stretta vallata di 24 chilometri dominio del principe, stretta tra Svizzera e Austria, l’eco delle frodi fiscali risuona molto attutita sulle facciate intonacate delle agenzie finanziarie. E anche sui giornali il mormorio sulla vicenda è rado e sommesso. Ma è l’unica fonte sullo scandalo che scuote la Germania da venerdì scorso, e che mette in imbarazzo questo piccolo paradiso fiscale in tweed e collier di perle. I miliardi di euro che centinaia di contribuenti tedeschi hanno sottratto, negli ultimi cinque anni, al fisco del loro Paese, era affidati all’aria di montagna del Principato. Nel 2000, Vaduz si era già fatta conoscere quando si era scoperto che era stata il rifugio segreto dei fondi neri della Cdu, il partito del cancelliere tedesco Helmut Kohl. Ma questa volta lo scandalo lambisce anche il monarca del piccolo Stato. Le somme nascoste si trovavano soprattutto nella LGT-Bank, la prima del Paese, il cui proprietario altri non è che il principe Hans-Adam II, «von und zu» Liechtenstein. Per questo cattolico praticante, che vantava in occasione del suo 63° compleanno, il 14 febbraio, le qualità naturali che dovrebbero spingere le donne a consacrarsi all’educazione dei figli, l’affaire disturba i valori principeschi. Il governo tedesco conferma di aver penetrato, attraverso i suoi servizi segreti, il sistema bancario del Liechtenstein e speso quasi cinque milioni di euro per ottenere da un ex impiegato la lista dei clienti. E se c’è una cosa sacra, nel Principato, è il segreto bancario. Metterlo in discussione è «attentare agli interessi primari dello Stato». Il principe ereditario Alois, 39 anni, che gestisce gli affari di suo padre, avrebbe dovuto tenere ieri una conferenza stampa, mentre il primo ministro Otmar Hasler si è diretto a Berlino, dove oggi dovrebbe incontrare il cancelliere Angela Merkel. I professionisti della piazza sono preoccupati per le chiamate ossessive dei loro clienti. Bisogna difendere la banca, le sue 29 rappresentanze nel mondo, i 1300 dipendenti. E proteggere il fatturato bancario del Paese, 27 miliardi di euro nel 2006, i suoi attivi di gestione, che ammontano a 161 miliardi di franchi svizzeri, pari a 100 miliardi euro, e che permettono al Liechtenstein di avere un reddito medio pro capite che è più del doppio di quello italiano o francese. Per costruire quello che oggi rappresenta un terzo del Pil di un micro Stato di 35 mila abitanti, di cui 12 mila stranieri, e d’altronde leader mondiale nelle protesi dentarie, i principi non hanno disdegnato nessuno metodo. «Bisogna che guadagni abbastanza al mattino per potermi permettere di fare il principe la sera», spiegava Hans-Adam II, nel 2000. Nel 2003 ha ottenuto per referendum, dopo aver minacciato i suoi sudditi di andarsene in esilio nei suoi palazzi austriaci, i pieni poteri: licenziare un governo, bloccare le leggi votate in Parlamento e intervenire nella nomina dei giudici. Unica concessione, virtuale: il popolo potrebbe abolire la monarchia, con una maggioranza dei due terzi. Nell’attesa, la sua posizione di principe gli vale un potere quasi assoluto. Il portavoce di un importante gruppo parlamentare, interrogato sullo scandalo, ha preferito rimettere l’onere di rispondere a un altro portavoce… quello del governo. Stessa reazione alla rappresentanza diplomatica del Liechtenstein a Strasburgo. «Quello che è successo è tutt’altro che una sorpresa. Il sistema bancario è fatto apposta per le frodi», osa Paul Vogt, uno dei tre deputati della Lista libera (FL), rara voce discordante in un Paese dove il vicepresidente del Parlamento lavora nella onnipotente LGT-Bank. E dove ogni quotidiano è affiliato a uno degli altri due partiti, conservatori, vicini entrambi al principe. A Vaduz, la capitale, dietro la spessa cinta muraria del castello di famiglia, a strapiombo sulla falesia, la strategia di protezione del paradiso fiscale, divenuto indipendente nel 1806, si trasmette di principe in principe. La posta in gioco: assicurare l’eccellenza nel campo della discrezione bancaria, evitando però di irritare gli organismi internazionali che vigilano sul riciclaggio del denaro sporco. Nel 1999, un’inchiesta tedesca aveva denunciato stretti legami con i cartelli sudamericani della droga. Due anni prima il Liechtenstein aveva costituito un organismo di controllo dei servizi finanziari, come gli era stato più volte chiesto. Ma formato da cinque persone solamente. Nel 2001 aveva anche posto fine ai conti anonimi. Ma non alle fondazioni, strutture finanziarie molto diffuse - ce ne sono 60 mila - che permettono di nascondere facilmente interi patrimoni. Intanto la famiglia principesca si vanta della sua collezione di pittura, una delle più ricche al mondo. Una ventina di Rubens, Rembrandt, Van Dyck, Botticelli. E si sente sempre «nel suo paradiso privato». Elise Vincent