La Stampa 20 febbraio 2008, Marco Neirotti, 20 febbraio 2008
Duello in aula tra il killer e il suo doppio. La Stampa 20 febbraio 2008. Mi hanno fatto il «lavaggio del cervello», ha detto lunedì in aula Olindo Romano, spiegando così perché ha confessato la strage di Erba
Duello in aula tra il killer e il suo doppio. La Stampa 20 febbraio 2008. Mi hanno fatto il «lavaggio del cervello», ha detto lunedì in aula Olindo Romano, spiegando così perché ha confessato la strage di Erba. Confessione da condizionamento psicologico? I Carabinieri hanno spiegato ogni attimo dei dialoghi con lui. Ma Olindo ha anche detto o lasciato intuire che il suo «lavaggio» stava in una tragica ossessione: vedrò ancora mia moglie? E su tutto questo si è innestata in aula una polemica sfuggita ai taccuini o coperta dal rumore dell’esternazione dell’imputato. La difesa ha chiesto di allegare agli atti una registrazione, ripulita da tutti i rumori e i disturbi tecnici, della deposizione di Mario Frigerio, l’unico sopravvissuto al massacro, con la descrizione dell’assassino. Frigerio parla più volte. All’inizio, sventurato in letto di ospedale, ansima e cerca di combattere il disastro che gli è precipitato addosso, tra testa e gola. La difesa sostiene che certe trascrizioni delle sue parole o dei suoi tentativi di dire sono sbagliati e propone una nuova versione. Il pubblico ministero Massimo Astori, senza scomporsi, tra l’irritato e l’annoiato, fa presente che «il teste sarà di persona in aula e dirà quello che deve dire», quello che ha bofonchiato allora e quello che ha visto. E’ lì la battaglia prossima, prima di una improbabile perizia psichiatrica (come può chiederla una difesa per chi si reclama innocente?): l’uomo scampato è sicuro di avere visto Olindo? O ha visto lo scellerato giovane ritratto dalla difesa? Quello che ha visto l’ha detto in parte: «Carnagione olivastra...» e particolari via via più minuziosi. Non riconosce subito Olindo, ma piangerà più avanti quando ne sentirà il nome. Tutte le sue parole sono state setacciate e al viso di Olindo affianca un altro volto il detective privato Oscar Candian (titolare della Stealth di Torino, consulente dei legali) che ha inserito tutto nello stesso programma che usa Fbi. Ci sono aspetti comuni, come il collo, la fronte, poi divergenze. Il pm Astori, ieri mattina, era sereno e gentile come suo solito: «Facciamo attenzione agli atti. Frigerio era in ospedale ridotto come l’avevano ridotto. Io stesso subito ho rinunciato a parlargli, per rispetto. Certo, c’erano comunque intercettazioni c’erano voci di parenti e personale medico e paramedico. E quando un carabiniere nomina uno per uno, come suo dovere, i vicini, lui al nome del Romano piange». Ma la difesa punta su un «no», che di per sé potrebbe essere stato detto da altri («lui lì a stento respirava») o essere la fine di una parola più lunga, come «sonno». Il pianto non fa accusa, fa pensare. Incredulità da vincere leggono i pm nelle lacrime. E in quello che viene dopo. Astori: «Nessuno ha mai forzato, come nessuno ha forzato Olindo e Rosa.Abbiamo solo ascoltato». Specifica: «Non sta nemmeno in piedi la storia del vedere o no la moglie come scambio. Chiese di vederla e dicemmo sì. Intercettammo anche l’incontro. Andammo da lui su sua richiesta e chiese di vedere l’avvocato, dicemmo sì. Poi cominciò l’interrogatorio e si aprì». C’era un identikit questa volta psicologico di Olindo, figlio dell’ intuizione del maresciallo Gallorini di fronte alle pupille dilatate dell’uomo che sta sul letto e non parla mentre la lavatrice ronza nella notte. Frigerio è un uomo devastato non soltanto nel fisico, ma anche nell’anima, ha sentito sua moglie morire ammazzata. Ecco che cosa racconta in una delle poche trascrizioni comprensibili di quei primi momenti. FRIGERIO: «Ho sen...ho sentito, no scusate, assolutamente non... Abbiamo sentito gridare e allora mia moglie mi ha detto: sta qui in casa e aspetta. Ho aspettato dieci minuti, è uscita, è rientrata e ha detto che c’era fumo, tanto fumo». Vanno a vedere che cosa capita. F.: «Aperto la porta... Quel... mi hanno visto hanno richiuso poi hanno riaperto». P.M.:«In quanti erano?». F: «Uno sicuro». P.M:«Che lingua parlava?». F: «Non ha parlato. Poi a un certo punto c’è una candela. Non ho capito più niente. Nel buio sentivo mia moglie che gridava aiuto, però sembrava che la picchiavano bene». P.M: «Quello che ha aperto era bianco di carnagione o scuro?». F: «Nooo. Scuro. Non era di qua». P. M: «Ma nero nero?». F: «Olivastro... capelli corti... tanti capelli ma corti... era forte come un toro... che mi ha preso e messo giù... mi sembrava che mi ha colpito con un coltellino (quello di cui parla Olindo in dettaglio? ndr). Poi sono caduto, non riuscivo più a muovermi». P.M: «Aveva i capelli bianchi o neri?» F: «Capelli neri, di uno scuro scuro... c’era il fuoco». P.M: «Aveva i baffi?» F: «No». P.M: «Lei non ha mai visto quella persona?» F: «No». No. Però è un uomo in ospedale che vive perché una carotide un po’ storta l’ha salvato. E’ un uomo cui fanno un elenco di nomi quando ancora per capire qualcosa devi chinarti più sul petto che sulla bocca, è un uomo che piange e dirà poi, a verbale: «Mi volevo convincere che non era lui. Però era lui, non c’è niente da fare. Non volevo incolpare qualcuno senza essere sicuro. Mi spiace». Astori: «Ne è sicuro?». «Sono sicurissimo». E di nuovo pianto. Marco Neirotti