La Stampa 20 febbraio 2008, GIULIA ZONCA, 20 febbraio 2008
Un tuffo per uscire dai pettegolezzi. La Stampa 20 febbraio 2008. Doveva saperlo che farsi chiamare principessa non portava a niente di buono
Un tuffo per uscire dai pettegolezzi. La Stampa 20 febbraio 2008. Doveva saperlo che farsi chiamare principessa non portava a niente di buono. Guo Jingjing si è presa gli ori di Atene, la gloria e il soprannome insieme con le spie dietro gli angoli, i paparazzi e lo sdegno pubblico. un pacchetto unico, per le famiglie reali e per gli atleti cinesi costretti a rendere conto di ogni scelta, anche la più privata. Guo si tuffa sabato dentro il Water Cube, la piscina astronave delle Olimpiadi che fino al 25 febbraio ospita il torneo «Good Luck», buono per staccare qualificazioni ai Giochi. Si tuffa anche dentro le critiche che fino a qui ha evitato, stando alla larga da quelli che dovrebbero essere i suoi tifosi. Ancora non sa se li ha persi, se nell’attimo in cui cercherà concentrazione dal trampolino dei tre metri, qualcuno le urlerà cattiverie. Può darsi, c’è già chi ha provato a esporre uno striscione crudele: «Guo, non hai più tempo per la tua patria», risposta acida a una conferenza stampa sotto tono in cui la principessa, nel modo più neutro possibile, ha detto: «Dopo Pechino smetto». Per i sovrani le dimissioni non sono mai semplici, è naturale che lei, a 26 anni, 20 dei quali passati in piscina, abbia voglia di altro, solo che in questo periodo non le perdonano nulla. La contestano perché dopo aver vinto due gare ad Atene 2004 ha monetizzato la sua immagine, firmato contratti pubblicitari, prestato il volto a una ditta di cosmetici e presenziato a troppi show televisivi. Stavano per estrometterla dal ritiro, più o meno permanente, che ospita la squadra cinese di tuffi e ha dovuto rinunciare a ogni firma per rientrare nei ranghi. Funziona così, lo spiega anche Xia Shuhong, professore di diritto amministrativo all’Università di Pechino: «Non è uno scandalo che le abbiano chiesto rigore. Non è Beckham, in Cina il copyright degli atleti è dello stato perché è lo stato che finanzia l’attività fin da quando sono piccoli. proprio come firmare un contratto, la Cina è promoter e ha i diritti di gestione. Non si tratta di mostruosità retrograde, soltanto di regole». Guo è rientrata nelle regole e non è bastato perché i giornali locali vivono della sua love story con Kenneth Fok, nipote di un magnate di Honk Kong che ha fatto fortuna con ristoranti e casinò e ha investito nel petrolio. Già il nonno era molto discusso, ma se l’è cavata con la filantropia, il nipote invece si presenta con una reputazione da playboy non troppo per bene. L’ultimo che i cinesi vorrebbero vedere con la principessa. Lei non ha negato, stavolta non ritratta, le è già successo in passato, con un altro fidanzato scomodo: Tian Liang. Tuffatore anche lui, oro ad Atene anche lui, in teoria l’ideale, in realtà un incubo: «non si possono concentrare», «non penseranno allo sport», «sono passati da atleti d’oro a denti bianchi» perché stavano sempre in primo piano a sorridere dentro qualche spot. Lui sciupa avversari e femmine non ha retto alle accuse, ne è uscito. Si è preso l’anno sabbatico, lo ha raddoppiato e nel 2007 ha dichiarato che non voleva più saperne di faticare e girare al guinzaglio. Si è pure sposato con una show girl, matrimonio con riprese tv e karaoke, una cartolina un po’ pacchiana che si è divertito a caricare per schifare i puristi. Lei ha giurato che erano solo amici ed è tornata a fasciarsi le caviglie e a buttarsi. Rinuncia a tutto tranne che alle serate con Kenneth Fok, anzi, esibisce il ragazzo sbagliato, una botta rivoluzionaria a sei mesi dai Giochi. Persino l’atleta più adorato ha pagato il matrimonio. Yao Ming non ha sbagliato nulla, non è sparito dalla circolazione come i tuffatori, non ha avuto cali di rendimento e ha rispettato gli accordi presi con la federazione cinese, si è solo preso del tempo per un viaggio di nozze. Secondo i tifosi non doveva proprio sposarsi nell’anno olimpico, «si distrae», anche se lei, Ye Li, fa la cestista come lui, è discreta e non lo porta a ballare nei night. Il nome di Guo Jinjing aspetta riscatto nella starting list e scoppietta nei blog: il più famoso, Sina, punto di incontro per la maggioranza degli adolescenti cinesi, la stronca: «Chi si crede di essere? Dovrebbe rendere onore invece di comportarsi così». La insultano perché è l’atleta donna più pagata della Cina «e non se lo merita», perché «le piace far parlare di sé». Lei ha un tuffo a disposizione per uscirne fuori, se a Pechino rivince e sventola la bandiera cinese sarà il suo trionfo, amata o no resterà la principessa e se andrà con quel titolo a pensare agli affari suoi. Da quel momento si allenerà solo per buttarsi dentro storie che danno fastidio al pubblico. GIULIA ZONCA