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 2008  febbraio 21 Giovedì calendario

Il parricidio del figlioccio siciliano. La Stampa 21 febbraio 2008. Ad aprirlo alle otto della sera, fa un po’ impressione il blog di Gianfranco Miccichè, con quella foto di un fulmine che cade sul mare squarciando un cielo nero e un titolo che pare un epitaffio: «Io Prometto, Fermezza

Il parricidio del figlioccio siciliano. La Stampa 21 febbraio 2008. Ad aprirlo alle otto della sera, fa un po’ impressione il blog di Gianfranco Miccichè, con quella foto di un fulmine che cade sul mare squarciando un cielo nero e un titolo che pare un epitaffio: «Io Prometto, Fermezza...». «Non solo non ho mollato, ma mi sento più carico che mai - scrive nel suo blog il costruttore di Forza Italia in Sicilia -. La partita è aperta, e comunque vadano le cose sarò schierato contro il cuffarismo... Ciò di cui potete stare certi e che avrò bisogno di tutti voi». Su questo, in effetti, Gianfranco Miccichè non sbaglia: perché se Berlusconi alla fine deciderà sul serio di scaricarlo - preferendogli come successore di Totò Cuffaro l’autonomista Raffaele Lombardo - allora davvero l’ex enfant prodige di Forza Italia siciliana avrà bisogno di molto aiuto e molta fortuna nelle settimane a venire. Alle viste, infatti, c’è un possibile divorzio di quelli che mai avresti immaginato: come Craxi e Martelli che si dicono addio, come De Mita e Mastella che separano le loro strade, come Fisichella che abbandona Fini dopo avergli disegnato Alleanza nazionale. Gianfranco Miccichè, infatti, non è soltanto l’uomo che - a metà degli Anni 80 - fece lievitare in Sicilia da due a quattordici miliardi il fatturato di Publitalia, gioiellino di Marcello Dell’Utri. E’ anche il giovane di buona famiglia che, trasformata Publitalia in Forza Italia, consegnò a Silvio Berlusconi nel 2001 uno dei più clamorosi successi elettorali che si ricordino: la conquista al centrodestra di tutti i collegi uninominali dell’isola, il famoso 61 a zero. E, ancora, è il leader ambizioso che riprese Palermo dopo gli anni di governo di Leoluca Orlando e il politico spregiudicato che, sempre nel 2001, puntò su Totò Cuffaro per la corsa a governatore della Sicilia. Tutto questo, però, non è sufficiente - oggi - a far pendere dalla sua parte la bilancia per la scelta dell’uomo che dovrà sfidare Anna Finocchiaro per la conquista del governo dell’isola. A lui, infatti, Berlusconi starebbe per preferire Raffaele Lombardo, che porta in dote non solo i voti del suo Mpa ma anche un patto di ferro con l’odiata (altrove) Udc di Casini e Cuffaro: elementi entrambi indispensabili per non perdere la guida della Regione. Di qui lo scontro che sta dilaniando il centrodestra siciliano e che, se Miccichè insistesse nel candidarsi comunque, potrebbe perfino mettere seriamente a rischio la riconquista del governo dell’isola. Che deciderà Berlusconi? E quanto sta premendo su di lui Marcello Dell’Utri - gran protettore di Miccichè - affinché non si consumi la clamorosa rottura? Difficile dirlo, ma le previsioni dell’ultima ora non sono granché confortanti per l’irrequieto Gianfranco. Figlio del potente e stimato vicedirettore del Banco di Sicilia per tutti gli Anni 80, fratello di Gaetano - tra i più apprezzati collaboratori di Corrado Passera in Banca Intesa - certo Miccichè non ha né lo stile né il modo di fare del classico notabile politico siciliano. Una gioventù spesa nei gruppi della sinistra extraparlamentare, qualche noia di tanto in tanto per uso di cocaina, una bella casa in piazza Politeama (quasi donatagli da Berlusconi, che arrotondò la sua liquidazione da Publitalia alla cifra esatta che occorreva per l’acquisto dell’immobile), Gianfranco Miccichè è di quelli che ancora preferiscono una bella serata a chiacchierare tra amici piuttosto che le interminabili riunioni politiche. E’ per queste caratteristiche, in fondo, che - pur essendo un leader influente - Miccichè non è mai diventato un «uomo di potere» nel senso classico. Poco affidabile, è più o meno il giudizio comune. Tanto comune da esser fatto proprio anche da alcuni «picciotti»: in un’intercettazione a proposito di un’importante gara d’appalto, infatti, un mafioso chiedeva all’altro se era il caso di rivolgersi a Miccichè e si sentiva rispondere: «Lascia perdere che quello è totalmente inaffidabile». Una fortuna, in fondo. Ma pure un «marchio» difficile da cancellare. Si favoleggia, per esempio, di un sms spedito da Stefania Prestigiacomo a Miccichè dopo che quest’ultimo l’aveva indicata come una buona candidata per il dopo-Cuffaro. Sms di una sola parola: «Stronzo». A puntare l’indice, insomma, contro una certa avventatezza (se non peggio, naturalmente). Tra oggi e domani si capirà meglio che traiettoria assumerà la parabola di Gianfranco Miccichè. Lui non pare intenzionato a mollare, intende candidarsi comunque e - in fondo - forse spera valga sempre l’antico insegnamento impartitogli da Dell’Utri, uno che Berlusconi lo conosce bene: «A Berlusconi - si raccomandò Dell’Utri - digli sempre di sì, perché se gli dici di no quello magari s’incazza. Ma se hai un’idea che ti sembra migliore, non aver paura e mandala avanti: lui capirà». Gianfranco ci prova, è «più carico che mai» e un solo rovello, magari, lo turba: che diavolo succede, stavolta, se Berlusconi non capirà? Federico Geremicca