Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 21 Giovedì calendario

Non solo fair-play. La Stampa 21 febbraio 2008. Un’entrata scorretta. Calcistica. Alla Domenech. «L’Italia gioca sporco nei raggruppamenti», ha sibilato velenoso Warren Gatland, allenatore neozelandese del Galles

Non solo fair-play. La Stampa 21 febbraio 2008. Un’entrata scorretta. Calcistica. Alla Domenech. «L’Italia gioca sporco nei raggruppamenti», ha sibilato velenoso Warren Gatland, allenatore neozelandese del Galles. «Voglio parlare con l’arbitro prima della partita di sabato, assicurarmi che stia con gli occhi aperti». Ieri la replica secca di Nick Mallett, il nostro ct: «Per fortuna in campo non sarà Gatland ad arbitrare». E dire che nel dopo partita con l’Inghilterra, al Flaminio, eravamo stati noi a mugugnare, molto in sordina, contro le touche maleducate degli inglesi. Che il rugby abbia deciso di copiare il peggio del calcio? «Nel rugby è prassi che l’arbitro, su precisa richiesta, incontri lo staff tecnico prima di una partita per discutere di alcune problematiche», spiega Carlo Damasco, napoletano, 35 anni, ex mediano di mischia, l’unico arbitro professionista italiano. «Noi arbitri siamo molto disponibili a questi meeting. E’ sempre meglio domandare, informarsi, piuttosto che uscire con sparate come quella di Gatland. Il problema è che invece di discutere di questioni tecniche generali i responsabili delle squadra, quasi sempre, vengono a lamentarsi o a mettere le mani avanti nei confronti degli avversari». Un tempo, per "addomesticare" gli arbitri si usavano metodi caserecci, ingenui, quasi umoristici. Derek Bevan, il grande referee gallese, nelle sue memorie ricorda di quando si trovò a dirigere un match fra Pontypool e Bristol. ««Nella mischia di Pontypool giocava Terry Cobner, il capitano, che ammiravo molto», scrive Bevan. «Ogni volta che stavo per ammonire un suo compagno Cobner interveniva: "dica pure a me, sir". Ero convinto che mi stesse aiutando. Alla fine del match Mike Rafter, il flanker di Bristol venne a stringermi la mano: "bella partita", mi disse, "Permette ora che mi complimenti anche con l’altro arbitro, il signor Cobner?"». Bevan si è ritirato nel 2000, lanciando l’allarme contro gli attacchi che nel rugby, ormai incamminato sulla strada del professionismo, erano costretti a subire i giovani arbitri. «Le pressioni ci sono anche da noi, inutile negarlo», ammette Damasco. «Ed è anche per questo che Paddy O’Brian, il responsabile degli arbitri dell’Irb, prima degli ultimi Mondiali ha esplicitamente vietato gli incontri fra squadre e arbitri prima delle partite, tranne una rapida battuta durante la recognizione sul campo. Ha intuito il pericolo». Vedi alla voce: sudditanza psicologica? «Non credo che il rugby corra eccessivi pericoli di "calcistizzarsi", sotto questo aspetto», sostiene Damasco. «Non è nella nostra mentalità, non è un modo di pensare radicato dentro di noi. Anche se le "union" più forti - Sud Africa, Nuova Zelanda, Inghilterra - cercano comunque di far sentire il loro peso». Damasco, TMO - ovvero television match officer, l’arbitro che si occupa della moviola - durante il Galles-Scozia dello scorso 10 febbraio, è stato anche al centro di un caso. «Ho assegnato la seconda meta di Shane Williams, che per gli scozzesi andava annullata perché secondo loro l’ala aveva toccato con la gamba fuori dal campo prima di schiacciare la palla. Hadden, il ct scozzese, mi ha criticato dopo il match, O’Brian mi ha difeso, la cosa è finita lì. Nel calcio probabilmente ci avrebbero ricamato sopra per settimane». Damasco, insomma, non rischia di finire chiuso a chiave negli spogliatoi. Anche nel rugby, però, la moviola non dà certezze: «Nel caso specifico, nonostante le 16 telecamere che avevo a disposizione, non era facile capire se la meta andava assegnata. Ma quasi sempre, anche se può diventare uno scarico di responsabilità eccessivo per l’arbitro, è uno strumento molto utile. Un "mezzo di soccorso" che andrebbe impiegato anche nel calcio». Resta la provocazione di Gatland: è vero che gli italiani sono scorretti? «Un po’ sporco giocano tutti», sorride Damasco. «La nostra arma è la difesa, certo, siamo molto abili a mettere pressione all’avversario nei raggruppamenti. Ma non siamo certo peggio degli altri, ad esempio degli inglesi o dei sudafricani, che usano il fisico al limite del regolamento. No, queste accuse mi sembrano del tutto ingiustificate. Anzi, se mi è concesso il termine, sono un po’ accuse da paraculi». Stafano Semeraro