Avvenire 21 febbraio 2008, ALESSANDRO ZACCURI, 21 febbraio 2008
Processo a Manzoni. Avvenire 21 febbraio 2008. E va bene, ci siamo sbagliati. Per oltre un secolo e mezzo ci siamo tutti sbagliati, e cioè da quando, nel 1827, il conte Alessandro Manzoni pubblica il suo romanzo e i lettori si persuadono che I promessi sposi sia un romanzo cattolico
Processo a Manzoni. Avvenire 21 febbraio 2008. E va bene, ci siamo sbagliati. Per oltre un secolo e mezzo ci siamo tutti sbagliati, e cioè da quando, nel 1827, il conte Alessandro Manzoni pubblica il suo romanzo e i lettori si persuadono che I promessi sposi sia un romanzo cattolico. Il romanzo cattolico, addirittura. Qualche dubbio, almeno all’inizio, si solleva, ma l’autore è talmente abile e talmente elaborato risulta il suo piano che nessuno si accorge davvero dell’inganno. Una celebrazione della Provvidenza? Macché, il libro è l’esaltazione di un malvagio dio dell’odio, che solo occasionalmente consente il minimo anagramma fra caos e caso, suscitando così l’illusione di un lieto fine. Il resto è dissimulazione, e neppure tanto onesta. Ridotta ai minimi termini, è questa la posizione che da una quindicina d’anni Aldo Spranzi sostiene nei suoi studi di ’anticritica ’ manzoniana e che ora torna a ribadire in un riassuntivo, eppure corposo volume edito da una casa editrice di provata ortodossia cattolica. L’altro Manzoni esce infatti per i tipi della milanese Ares (pagine 344, euro 18, in libreria a giorni) e con i buoni uffici di Cesare Cavalleri, il critico-editore che già in passato aveva manifestato apprezzamento per il lavoro di Spranzi. Il quale, partito da Manzoni e dal suo capolavoro (il primo libro sull’argomento porta la data del 1994) ha successivamente ampliato il proprio campo di interesse ad altri autori e ad altri ambiti espressivi, sempre applicando un originale metodo di ’economia dell’arte’ (la disciplina di cui Spranzi è docente alla Statale di Milano dopo aver a lungo insegnato Economia industriale). Qual è dunque il «’delitto perfetto’ che attendeva impazientemente di essere scoperto», come L’altro Manzoni annuncia fin dal sottotitolo? La risposta sembrerebbe abbastanza semplice: la conversione parigina del giovane Alessandro sarebbe in realtà una passeggera infatuazione mistica, che otterrebbe l’unico risultato di rinsaldare il legame, peraltro fin troppo stretto, fra lo scrittore e la madre, Giulia Beccaria. Pronunciata in cuor suo l’abiura alle verità della Chiesa, Manzoni dedicherebbe poi tutte le sue energie alla costruzione di un’opera bifronte, passibile di essere letta in superficie come accomodante adesione al cattolicesimo, ma al di sotto della quale brulica un’autentica fabbrica di empietà. Questo, almeno, è quanto sostiene Spranzi, per il quale quello che crediamo di conoscere non sono i veri I promessi sposi, ma un ingannevole racconto fiabesco concepito apposta per nascondere uno spietato romanzo anticristiano. Lo studioso afferma di arrivare a questa conclusione attraverso una lettura priva di filtri critici (e la bibliografia riportata in appendice, infatti, è composto unicamente dalle ricerche di Spranzi e dei suoi allievi) e incentrata principalmente sull’analisi dei personaggi. Don Abbondio un pavido? Un perfido assassino, piuttosto? Il cardinal Federigo un santo? Manzoni lo presenta semmai come un cinico arrivista. Fra Cristoforo religioso modello? Ma se è entrato in convento con l’unico obiettivo di sottrarsi alla giustizia. La casta Lucia? Te la raccomando, superstiziosa com’è. Di Renzo, neanche parlarne. Tonio e gli altri, quelli che siamo abituati a pensare come ’gli umili’ sarebbero piuttosto piccoli benestanti, desiderosi soltanto di conservare i loro squallidi privilegi. E così, di demolizione in demolizione, del romanzo (o sedicente tale) non rimane più nulla. Neppure la cornice storica, che a Spranzi appare come deprimente manifestazione di un’umanità feroce. Sarà, ma allora come dovrebbe essere un romanzo cattolico? E che cosa dovrebbe fare un cattolico che scegliesse di scrivere un romanzo? Fissare lo sguardo nel male del mondo oppure consolarsi con vicende edificanti? Manzoni ha seguito la prima strada e, secondo molti di noi, ha fatto bene. Cristianamente bene. Ma questa è soltanto l’opinione di chi si lascia coinvolgere nei delitti perfetti e, con ingenua ostinazione, continua a sbagliarsi. ALESSANDRO ZACCURI