Il Giornale 19 febbraio 2008, Nicola Forcignanò, 19 febbraio 2008
Non tirate il Papa per la tonaca. Il Giornale 19 febbraio 2008. Puntuale come l’inutile e stucchevole dibattito sulle quote rosa, alla vigilia di ogni appuntamento elettorale ritorna il problema del voto dei cattolici
Non tirate il Papa per la tonaca. Il Giornale 19 febbraio 2008. Puntuale come l’inutile e stucchevole dibattito sulle quote rosa, alla vigilia di ogni appuntamento elettorale ritorna il problema del voto dei cattolici. Come se la fede fosse complementare alla politica e viceversa. Come se credere implicasse obbligatoriamente l’appartenenza a un gruppo o addirittura a un partito. Come se solo sotto alcune bandiere i cattolici potessero abbracciare i propri valori e il proprio credo. E da altre parti, invece, dovessero nascondersi nelle catacombe dell’anonimato, manco fossero ricercati. In realtà, ricercati - in questi mesi - lo sono davvero, ma unicamente per quello che rappresentano: un voto in più. E perfino per un laico anticlericale come chi scrive appare blasfemo e offensivo questo volgare mercato dove si confondono i simboli dei partiti con quelli più nobili e alti della fede e della cristianità. Dove in ogni programma elettorale, come su una bancarella, vengono esposti, come merci dascegliere, l’abbassamento delle tasse e la moratoria sull’aborto, il rilancio dell’economia e le unioni di fatto. E si potrebbe andare avanti per una pagina intera. Certo, era tutto più facile anni fa, prima che Di Pietro e i suoi «apostoli» posassero la prima pietra (tombale) sul sistema politico italiano e scientemente cancellassero quei partiti che per storia e tradizione rappresentavano punti di riferimento per i cattolici. A cominciare dalla Democrazia cristiana che - magari come il grande Montanelli - in molti votavano turandosi il naso, ma che come un muro di Berlino teneva i comunisti dall’altra parte. Comunisti che in molti casi - comeil Peppone di Guareschi - sventolavano falce e martello ma si segnavano entrando in chiesa. Un altro secolo, un’altra Italia. Nel quadro attuale, diventa quindi, anacronistico e perfino un poco patetico il tentativo di chi si dimena per ricreare quel centro che non c’è più, non ci sarà mai più e soprattutto, analizzando i sondaggi, gli elettori non vogliono più. La percentuale che spetterebbe ora a Casini (2,9 per cento) è disarmantealmeno quanto la sua ostinazione a voler correre da solo contro i mulini a vento. Eppure, ieri, l’attento Michele Brambilla, profondo conoscitore del mondo cattolico, proprio su queste pagine faceva giustamente notare l’attenzione della Chiesa verso un ipotetico centro - attraverso il proprio giornale, l’Avvenire - nella speranza di un successo elettorale in grado di esibire nel proprio marchio i simboli dichiaratamente di ispirazione cattolica. Secondo Brambilla, però, la Cei ben si guarderà dal dare un’indicazione di voto. Cosa che anche se accadesse - viste le ultime invasioni di campo da Oltretevere -ben poco mi stupirebbe. Ma piuttosto si limiterà a fissare quei paletti giudicati invalicabili dall’attuale pontefice e dal mondo cattolico: temi, dalla fecondazione artificiale alla famiglia e all’aborto, sui quali il Vaticano ha martellato negli ultimi mesi come un’incudine. Brambilla, poi, ha giustamente ricordato quanto sia trasversale il voto del mondocattolico, di quanti parroci cerchino, riuscendoci, a fare proseliti a sinistra e ha ribadito l’inutilità dei pochi voti che raccoglierà l’Udc di Casini, paragonandola addirittura ai voti cheda Almirante i benpensanti di allora facevano confluire nella Democrazia cristiana: «Voti in frigorifero». Fin qui io laico e anticlericale concordo in tutto con l’amico cattolico Brambilla. Analisi perfetta. Ma... Ma così torniamo a mescolare il sacro e il profano, la politica e la religione. A tirare il Papa per la tonaca un po’ di qua e un po’ di là. E a cercare di convincere i lettori che il Parlamento è diviso in due, da una parte i devoti e dall’altra i mangiapreti. Ingannando noi stessi che inunsistema bipolare, qual è quello al quale tendiamo, certi temi non siano trasversali e nonabbraccino tutto l’arco costituzionale. Pensiamo al laicissimo Marcello Pera e al suo cammino interiore, o alla crociata un po’ guascona di Ferrara. Chi se lo sarebbe mai aspettato? E chi si sarebbe immaginatomai Rosy «Maria Goretti» Bindi battersi per le unioni civili o la devota Binetti dibattersi tra la propria fede e gli ordini di partito? Caro Brambilla, non so chi e che cosa voteranno i cattolici. Ma in questo sgangherato Paese afflitto da mille problemi, non sarebbe meglio per tutti che almeno le elezioni fossero un problema laico? Nicola Forcignanò