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 2008  febbraio 16 Sabato calendario

Un atto unilaterale più politico che giuridico. Il Sole 24 ore 16 febbraio 2008. Forse passerà alla storia come lo strappo di Pristina

Un atto unilaterale più politico che giuridico. Il Sole 24 ore 16 febbraio 2008. Forse passerà alla storia come lo strappo di Pristina. Di certo la decisione unilaterale del Kosovo di proclamare l’indipendenza della provincia è destinata non solo a cambiare di nuovo la carta geografica dei Balcani, ma anche a rimodulare la strategia diplomatica dell’intera Europa. La scelta del primo ministro Thaci di andare avanti unilateralmente sulla strada dell’indipendenza segna poi un fallimento delle organizzazioni internazionali, Onu in testa, che dal 1999, dopo la campagna aerea di alcuni Paesi Nato per fermare la pulizia etnica condotta da Slobodan Milosevic nella provincia autonoma, non hanno saputo risolvere la questione del Kosovo. Il piano di Martti Ahtisaari, inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, non è stato infatti accettato né da Pristina né da Belgrado. Il processo a tappe disegnato dall’inviato speciale, che avrebbe portato sì all’indipendenza, ma in modo graduale e con alcuni accorgimenti, poneva troppi limiti su entrambe le parti, con la permanenza di forze internazionali e una supervisione continua dell’Onu. Il 16 gennaio scorso, poi, lo stesso presidente serbo Boris Tadic, nel corso di una riunione al Consiglio di Sicurezza, ha sottolineato che, malgrado gli enormi sforzi e le negoziazioni condotte dalla trojka (Unione europea, Russia e Stati Uniti), non è stata raggiunta una soluzione condivisa. Due gli interessi contrapposti: da un lato la volontà di Tadic di salvaguardare il principio dell’integrità territoriale e della sovranità serba, garantita dalla Carta delle Nazioni Unite e riconfermata nella risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza, dall’altro lato le ragioni dell’etnia albanese (maggioranza in Kosovo) che dopo il conflitto del marzo 1999 ha un’idea chiara del proprio futuro: il distacco da Belgrado. Che domenica avverrà con un atto giuridico unilaterale, immediatamente riconosciuto dagli Stati Uniti e da molti Paesi della Ue che, per far accettare la propria posizione a Belgrado, hanno messo sul piatto della bilancia un’accelerazione dell’avvicinamento della Serbia a Bruxelles. La questione della dichiarazione d’indipendenza poi apre nuove questioni giuridiche. Perché certo la semplice proclamazione unilaterale d’indipendenza non basta, per il diritto internazionale, a costituire uno Stato indipendente e sovrano. Né il riconoscimento da parte di alcuni Stati può essere considerato un sigillo di legittimità sufficiente a consentire la formazione di un nuovo Stato, attribuendogli soggettività internazionale. Si tratta infatti di atti privi di valore giuridico, che hanno un mero significato politico e un valore unicamente dichiarativo, irrilevante per l’esistenza di un nuovo Stato. Nel caso del Kosovo, però, la proclamazione d’indipendenza è un’espressione concreta del principio di effettività, diversa dalla situazione di Timor Est, frutto dell’autodeterminazione dall’Indonesia e del processo di decolonizzazione. evidente infatti che Belgrado, sul Kosovo, non ha ormai dal 1999 e dall’adozione della risoluzione 1244 del 10 giugno 1999 un potere di governo e di controllo del territorio, esercitato invece dalle Nazioni Unite. A questo tassello se ne aggiunge un altro: la popolazione del Kosovo è di maggioranza albanese e l’etnia serba è una minoranza che dopo il conflitto si è affievolita sempre di più. Questo vuol dire che la Serbia non esercita ormai una sovranità sulla provincia autonoma, sostituita dall’Unmik, la missione Onu sull’amministrazione del Kosovo che coopera con le autorità di Pristina soprattutto dopo le elezioni del 2007. L’assenza di un controllo e dell’esercizio di un potere di governo da parte di Belgrado ridimensiona di molto le rivendicazioni della Serbia. E delimita la portata degli effetti della proclamazione d’indipendenza di Pristina che non potrà certo essere invocata da altre regioni del mondo alla ricerca della separazione dai governi centrali, come teme la Russia di Putin contraria all’indipendenza del Kosovo. Un punto di non ritorno, quindi, ma certo non la chiusura della questione, con nuovi rischi d’instabilità nei Balcani. Belgrado, infatti, non resterà a guardare. Marina Castellaneta