Il Sole 24 ore 16 febbraio 2008, Elena Ragusin, 16 febbraio 2008
Conto alla rovescia a Pristina. Il Sole 24 ore 16 febbraio 2008. Il freddo vento dell’Est che da ieri mattina sferza Pristina sembra aver diradato gli ultimi dubbi sulla data della proclamazione dell’indipendenza: il Parlamento pronuncerà la storica formula domani alle 18, anche se il premier kosovaro Hashim Thaci, incontrando ieri le centinaia di giornalisti provenienti da tutto il mondo, non ha voluto confermare
Conto alla rovescia a Pristina. Il Sole 24 ore 16 febbraio 2008. Il freddo vento dell’Est che da ieri mattina sferza Pristina sembra aver diradato gli ultimi dubbi sulla data della proclamazione dell’indipendenza: il Parlamento pronuncerà la storica formula domani alle 18, anche se il premier kosovaro Hashim Thaci, incontrando ieri le centinaia di giornalisti provenienti da tutto il mondo, non ha voluto confermare. In questo clima ormai surreale di supposta segretezza, a Pristina per tutto il giorno i netturbini hanno avuto un gran da fare per rimuovere dalle strade del centro, che certo non brillano per pulizia, tutto ciò che durante i festeggiamenti che avranno inizio domani potrebbe trasformarsi in oggetto contundente, mentre i muri delle case venivano via via tappezzati dai manifesti inneggianti al Kosovo «libero e indipendente». Ben altra atmosfera a Kosovska Mitrovica Nord, la parte della cittadina abitata dalla più forte componente serba del Kosovo. Ieri mattina nel corso di una riunione cui hanno partecipato tutti i rappresentanti delle municipalità serbo-kosovare è stato deciso di costituire un Parlamento autonomo, da eleggere sotto la supervisione di Belgrado il prossimo 11 maggio quando vi saranno le elezioni amministrative in Serbia. Nei fatti si tratta di una dichiarazione di spartizione del Kosovo. Quel che in queste ore preoccupa di più gli osservatori internazionali sono però le voci che parlano di un blocco del fiume Ibar da parte dei serbi, che divide in due la Berlino balcanica, e soprattutto la possibile dichiarazione del passaggio dei poliziotti serbi che ora operano nella polizia multietnica kosovara agli ordini del ministero degli Interni della Serbia. Da Belgrado intanto il presidente Boris Tadic, che ieri si è insediato ufficialmente per il secondo mandato, ha affermato che la Serbia non troncherà le relazioni diplomatiche con i Paesi che riconosceranno il Kosovo ma che i rapporti con essi non saranno più «dello stesso livello», e ha ribadito che non riconoscerà la legittimità della missione Ue in Kosovo. Ieri notte a pochi metri dalla sede della missione europea che si trova nella parte Sud di Mitrovica sono esplose due bombe a mano che hanno provocato solo lievi danni. L’episodio però è stato letto dalle fonti di intelligence dell’Unmik, la forza Onu che dal ’99 amministra il Kosovo, come un segnale molto preoccupante. Sotto stretta osservazione delle pattuglie della Forza di pace Nato (Kfor), che ha decuplicato pattugliamenti e posti di blocco sull’intero territorio, anche la situazione a Decani. Si tratta della più popolosa énclave serba dopo quella Mitrovica e preoccupa la sua vicinanza con Pristina, 15 km, che potrebbe favorire l’infiltrazione ostile di serbo-kosovari durante le celebrazioni per la dichiarazione di indipendenza. L’ordine pubblico non è il solo problema che dovrà affrontare nei prossimi giorni il nuovo Stato: giovedì a tarda sera il Governo ha proclamato lo stato di emergenza energetica e ha messo sotto accusa per corruzione la dirigenza della compagnia elettrica Kek. La prima misura è dovuta alla previsione di un’ulteriore penuria degli approvvigionamenti (da tempo i black-out prolungati sono prassi quotidiana) a causa del paventato taglio delle forniture elettriche da parte della Serbia. Quanto all’affondo contro i manager della Kek, non sarebbe tanto una prova di buona volontà di Thaci nella lotta alla corruzione – malignano non solo gli osservatori stranieri ma anche gli stessi kosovari – quanto una sorta di "spoil system" della dirigenza uscita vincitrice alle ultime elezioni, che mira a controllare con i suoi uomini il futuro appalto da due miliardi e mezzo di euro che le istituzioni finanziarie internazionali e l’Ue hanno messo a disposizione di Pristina per la realizzazione di una mega centrale termoelettrica. Un appalto che fa gola a molti, in uno Stato che nasce con una disoccupazione al 70% e un prodotto interno lordo stimato dalle agenzie internazionali in poco più di un miliardo di euro l’anno, di cui il 20% frutto degli aiuti internazionali e il 70% derivante dai traffici illegali gestiti dai clan strettamente legati al mondo della politica. Elena Ragusin