Il Sole 24 ore 20 febbraio 2008, Carlo Dell’Aringa, 20 febbraio 2008
Il rischio di inventare una nuova scala mobile. Il Sole 24 ore 20 febbraio 2008. Questa volta è iniziata bene
Il rischio di inventare una nuova scala mobile. Il Sole 24 ore 20 febbraio 2008. Questa volta è iniziata bene. La prima riunione della trattativa tra Confindustria e sindacati sulla riforma del modello contrattuale si è conclusa positivamente. Due sono i motivi di soddisfazione. Il primo è che finalmente la discussione è partita ed è stato fatto un primo calendario con argomenti da trattare. Il che non è poco: dopo tante partenze false, alla fine si registra una partenza regolare. Il secondo motivo di soddisfazione è che la trattativa è partita senza l’aiuto e la presenza del Governo, in una situazione in cui le forze politiche sono in campagna elettorale. Segno questo che le parti non vogliono perdere altro tempo e che sono in grado di assumersi le loro responsabilità. Aver iniziato bene non significa certo avere risolto i problemi. Questi si presenteranno puntuali alla prima riunione (fissata per domani) quando si comincerà a parlare dei primi tre argomenti messi all’ordine del giorno, vale a dire: numero e durata dei contratti nazionali, indicatori di inflazione da utilizzare per la revisione dei minimi nazionali e intervento fiscale sul costo del lavoro. Si vuole (giustamente) partire dai temi meno complicati e relativamente abbordabili. Molti sono infatti convinti che vada ridotto il numero dei contratti nazionali, con conseguenti risparmi sui costi di contrattazione e con evidenti guadagni di semplificazione per lavoratori ed aziende. Anche sull’allungamento della durata dei contratti si registra un certo consenso. Va ricordato, a questo proposito che già alcuni comparti l’hanno fatto (bancari) e che intere categorie (i dipendenti pubblici) si apprestano a introdurre questa novità. Si tratta di un’iniziativa che può dare più trasparenza all’attività negoziale e che può contribuire a ridurre sensibilmente gli ormai insopportabili ritardi con cui i contratti vengono rinnovati. Il confronto entrerà poi nel vivo quando si affronteranno gli altri due problemi. Il primo è quello dei criteri di aggiornamento dei livelli minimi nazionali dei salari. L’accordo del luglio ’93 (e tuttora in vigore) fa riferimento all’inflazione programmata. I sindacati vorrebbero un indicatore di inflazione più vicino a quelle che sono le tendenze effettive del fenomeno. Continua u pagina 12 A parte i pericoli insiti in una proposta che rischia di riproporre vecchie forme di indicizzazione, vi è da dire che le parti dovranno confrontarsi con il fatto che l’inflazione è ormai sotto il controllo di una autorità che non è più nazionale. la Banca Centrale Europea, la quale ha confermato ancora una volta – sono notizie di questi giorni – che non tollererà e non si adeguerà a spinte inflazionistiche provenienti dal lato dei costi. Con una inflazione media intorno al 2%, i singoli Paesi potranno scostarsi solo temporaneamente da questo riferimento e comunque con oscillazioni, in alto e in basso, attorno a questa media. Le parti sociali (e non solo quelle del nostro Paese) dovranno tener conto di questo vincolo, per non mettere in moto rincorse prezzi-salari che avrebbero l’unico effetto di ridurre i livelli occupazionali. Il terzo tema, quello del peso fiscale sul costo del lavoro, è senz’altro il più importante, ma anche il più complicato da trattare. Il presidente Luca Cordero di Montezemolo ha già annunciato che la Confindustria si aspetta un alleggerimento fiscale delle componenti aziendali delle retribuzioni. Se si vuole dare alle imprese e ai lavoratori la possibilità di sfruttare le opportunità che i processi di globalizzazione aprono, occorre introdurre molta flessibilità nelle aziende e quindi anche flessibilità nel determinare quantità e qualità dei compensi dei dipendenti. Si tratta anche di potenziare il grado di partecipazione e di coinvolgimento dei lavoratori negli obiettivi e nei risultati aziendali. I benefici fiscali dovranno incentivare il decentramento della contrattazione. Su questo obiettivo converge anche parte del sindacato. Però non tutto il sindacato. In particolare la Cgil teme che il decentramento tolga potere e ruolo al contratto nazionale. Se il timore è quello che un contratto nazionale riformato possa lasciare scoperti e indebolire la posizione di quei lavoratori di piccole e micro-imprese dove la contrattazione aziendale non si potrà mai fare, qualche soluzione può benissimo essere trovata. Non è un problema irrisolvibile. Ad esempio lo stesso ultimo rinnovo del contratto dei metalmeccanici ha previsto di concedere ai lavoratori che non hanno altre voci retributive oltre a quelle previste dal contratto nazionale, un aumento aggiuntivo rispetto a quello concesso ai lavoratori che invece possono godere della contrattazione aziendale. Ecco un modo per proteggere i lavoratori più deboli e dare più spazio alla contrattazione aziendale nelle imprese in cui essa si può svolgere. Se si vuole, una riforma incisiva si può fare. Carlo Dell’Aringa