Il Sole 24 ore 20 febbraio 2008, Roberto Galullo, 20 febbraio 2008
Condello, in carcere la ’ndrangheta Spa. Il Sole 24 ore 20 febbraio 2008. Mani pulite in apparenza e portafoglio pieno
Condello, in carcere la ’ndrangheta Spa. Il Sole 24 ore 20 febbraio 2008. Mani pulite in apparenza e portafoglio pieno. Pasquale Condello, arrestato due giorni fa nella "sua" Reggio Calabria dopo 18 anni da uccel di bosco - otto di macchia e dieci di latitanza ufficiale - non si sporcava con i traffici di valuta e non entrava mai in banca per aprire un conto. Lui, classe ’50, dal 1993 boss indiscusso del territorio di Reggio Calabria dopo aver sconfitto le famiglie De Stefano (che pure lo aveva allevato al crimine duro), Tegano-Martino-Libri, non comprava immobili o imprese. Lo lasciava fare ad altri che investivano e riciclavano per lui in tutto il mondo. Il portafoglio che si gonfiava, tanto, era il suo. Sapeva di poter contare su persone che avrebbero pagato con la vita ogni sgarro. Prima veniva il patrimonio a lui riconducibile, che lievitava di giorno in giorno fuori e dentro la Calabria. Poi veniva tutto il resto, come è scritto nel Dna dei mafiosi a cui puoi infliggere un ergastolo ma non puoi sottrarre il patrimonio, segno del comando. E Pasquale Condello, da ieri nel carcere di Messina ma che fino a tre anni fa comprava personalmente abiti griffati in Corso Garibaldi, la via chic di Reggio dove possedeva in totale tranquillità anche immobili di pregio, sicuro di non essere riconosciuto o certo di non essere denunciato, era un boss vero, il "supremo", come lo chiamava chi magari non sopportava che Michele Greco fosse appellato "il papa" di Cosa nostra. E lui allora chi era - si domandavano i suoi fidi? Molto di più. Lui era capace di nascondere in un pollaio armi e droga con cui trafficava e si arricchiva in barba ai carabinieri che intanto gli frugavano in casa. Lui era il solo che sapeva perché venne assassinato – a pochi chilometri dal luogo dove è stato arrestato due giorni fa - Ludovico Ligato, ex presidente delle Ferrovie dello Stato e deputato della Dc, freddato il 27 agosto 1989. Lui aveva spostato i confini del suo impero economico fino a Prato, Roma, Milano e da fine anni Novanta a Cesena, arrivando pulito pulito ai forzieri bancari di Montecarlo. Lui che ha un patrimonio personale stimato in almeno 50 milioni e interessi e mire in Calabria e Lombardia nel settore dello smaltimento dei rifiuti e sui depuratori di Gallico, Reggio centro e Pellaro. Dalla data ufficiale della sua latitanza, il suo nome e il suo cognome restano nell’ombra degli investimenti, dei traffici di droga e del riciclaggio. Pasquale Condello non esiste più da almeno 10 anni. Al suo posto esiste innanzitutto Alfredo Ionnetti - una fedina penale che inizia a sporcarsi nel 1951 e che non finirà più di infangarsi - che dal 1989 costruisce a Cesena, scrive testualmente la Sezione anticrimine dei Ros di Reggio Calabria, «un impero economico di vaste proporzioni, essendo titolare di aziende operanti nel settore della commercializzazione, riparazione e costruzione di autocarri e veicoli in genere». Poco, troppo poco per gli appetiti del "supremo". E così l’impero in "affido" a Ionnetti e famiglia, continua a proliferare anche a Reggio Calabria, dove alle solite attività aggiunge anche il commercio all’ingrosso di ortofrutta. Ma a Cesena resta il cuore e il portafogli e così, dal 2001 insieme ai figli, Ionnetti si lancia anche nel ricchissimo mercato immobiliare: a Cesena e dintorni costruisce, acquista, vende e affitta case e impianti. Ogni cosa che poggi su un mattone, insomma, senza dimenticare di comprare quote o assumere direttamente o indirettamente partecipazioni in altre società o imprese, in una ragnatela che in 10 anni lo stesso gruppo, gli stessi investigatori e le stesse menti che si ritrovarono nella stanza del magistrato Salvatore Boemi a Reggio Calabria per dichiarare guerra a Condello, hanno svelato due giorni fa. Ionnetti era un prestanome, ma non uno dei tanti: era "il" prestanome, quello che diffidava la moglie dal «non sputare nel piatto in cui mangi». «Oramai - spiega Alberto Cisterna, che 10 anni fa era in quella stanza con Boemi e il collega Francesco Mollace, Giampaolo Ganzer e Mario Mori dei Ros - la ’ndrangheta i traffici li conduce così. Con i prestanome. I boss non hanno bisogno più di sporcarsi. Hanno lo sfizio di un’auto nuova? La intestano a Tizio e la guidano loro. Vogliono una villa? La intestano a Caio e se la godono quando vogliono. Difficile, difficilissimo prenderli». Invece gli uomini del Ros e i magistrati hanno ricostruito filo per filo la ragnatela, spulciando per 10 anni la conservatoria dei registri immobiliari, le dichiarazioni dei redditi, i conti correnti, le assicurazioni, le mappe catastali, le pratiche della Motorizzazione civile e della Capitaneria di porto e persino le bollette dell’Enel. In silenzio hanno trovato un impero che la dice lunga sul potere immenso della ’ndrangheta il cui problema - come ripete spesso il magistrato della Direzione nazionale antimafia Nicola Gratteri - non è fare soldi, ma riciclarli e investirli. Tra polizze assicurative, conti correnti, titoli amministrati, fondi e gestioni patrimoniali, sono stati sequestrati a vari prestanome quasi 12 milioni. Più di una banca deteneva parti del tesoro, soprattutto a Milano, ma il boss non si fidava troppo delle Poste. «Rendono poco», si legge in un passaggio delle intercettazioni ambientali e soprattutto «fanno troppe domande». Attento anche ai particolari dunque, anche se ricchissimo. Più uomo d’affari che boss, insomma. Attento lui, sempre allerta i prestanome. «Ionnetti - scrive il comandante dei Ros, sezione anticrimine di Reggio, Valerio Giardina - con ubbidienza e reverenza ha aggiornato la moglie del latitante in ordine agli investimenti del denaro, tanto che per dimostrare la sua linearità operativa, si è prodigato per inviare alla stessa la documentazione attestante le operazioni effettuate». Operazioni che arrivavano nel Principato di Monaco, dove, scrivono i Ros «sicuramente Ionnetti ha depositato ingenti capitali». Ed è per questo che i carabinieri hanno sollecitato una rogatoria internazionale. Di rogatorie invece non ci sarà bisogno per porre sotto sequestro le cassette di sicurezza individuate nelle filiali bancarie (da Milano a Reggio), gli appartamenti, i box, i terreni, gli uffici, i magazzini, i mezzi, le automobili, le società e le imprese. Solo in immobili - da Roma a Reggio – il valore d’acquisto al quale si è riusciti a risalire con gli atti catastali, supera i tre milioni. Ma ci sono decine di appartamenti di lusso – sulla Cassia a Roma o in centro a Cesena o a Reggio – che al momento non sono stimabili. E infine ci sono le società e le imprese di Cesena. Due gioielli su tutti: Sornova 2006, una srl le cui cariche societarie erano ricoperti dai fidati Ionnetti (padre e figli) e Alpa srl. La prima attiva nell’acquisto e la vendita di macchine agricole e industriali, la seconda operante nel mercato immobiliare. Roberto Galullo