Corriere della Sera, 22/2/2008, 22 febbraio 2008
Il ricercatore americano D.T. Max, nel libro «The Family That Couldn’t Sleep», analizza la «Fatal Familiar Insomnia», (FFI), malattia genetica fatale e rarissima riscontrata solo in 40 famiglie in tutto il mondo: «Chi ne è affetto innanzitutto non riesce a dormire
Il ricercatore americano D.T. Max, nel libro «The Family That Couldn’t Sleep», analizza la «Fatal Familiar Insomnia», (FFI), malattia genetica fatale e rarissima riscontrata solo in 40 famiglie in tutto il mondo: «Chi ne è affetto innanzitutto non riesce a dormire. Poi non riesce a camminare, a concentrarsi su niente. E di solito, nel giro di nove mesi, muore». I ricercatori pensano che sia stato un ricco medico italiano, primo portatore inconsapevole della mutazione genetica, a dare origine alla FFI 250 anni fa. Gli esperti lo chiamano il Paziente Zero: quando morì nel 1765, aveva trasmesso la malattia ai figli, e così la mutazione cominciò a diffondersi. Negli Anni Ottanta, un discendente della famiglia, Silvano, manifestò di botto i segni della malattia. Studiato alla clinica del sonno dell’Università di Bologna, dove i medici tentarono invano di curarlo coi sonniferi, prima di morire donò il suo cervello alla scienza. I ricercatori, studiandolo, hanno compreso cosa succede ai neuroni dei malati: le normali proteine presenti nella materia cerebrale si spezzano creando proteine anomale, i prioni. I prioni si accumulano nel cervello, in particolare nel talamo, formando grappoli che distruggono i neuroni e lasciando nel cervello buchi simili a quelli di una spugna. I sintomi della FFI emergono solo nella mezza età, di solito quando le persone hanno già avuto figli. E ogni figlio ha una chance del 50 per cento di ereditare il gene killer.