Abitare gennaio 2008, Penelope Green, 22 febbraio 2008
Case con vista. Abitare The reader gennaio 2008. Pare che tutto abbia avuto inizio quando Jeremy Fletcher e Alejandra Lillo - designer di Graft, uno studio di architettura e design con sede a Berlino, Pechino e Los Angeles - iniziarono a esaminare la relazione tra voyeurismo ed esibizionismo e nello stesso tempo a progettare lo scintillante e audace interno bianco del W Downtown, un alto condominio dalle pareti in cristallo che dovrebbe essere costruito nel 2009 nel quartiere finanziario di Manhattan
Case con vista. Abitare The reader gennaio 2008. Pare che tutto abbia avuto inizio quando Jeremy Fletcher e Alejandra Lillo - designer di Graft, uno studio di architettura e design con sede a Berlino, Pechino e Los Angeles - iniziarono a esaminare la relazione tra voyeurismo ed esibizionismo e nello stesso tempo a progettare lo scintillante e audace interno bianco del W Downtown, un alto condominio dalle pareti in cristallo che dovrebbe essere costruito nel 2009 nel quartiere finanziario di Manhattan. Le pareti in vetro del palazzo W metteranno infatti gli inquilini nella situazione di vedere i passanti sulla via sottostante e di essere visti, ma non solo. In piu, all’interno di ciascun appartamento Fletcher e Lillo hanno creato elementi in vetro, come delle finestrelle tra le cucine e le camere da letto e bagni. Questi elementi sono costituiti da cubi in vetro tali per cui gli inquilini possono mostrarsi all’interno della propria abitazione a familiari e coinquilini. Lo scopo, secondo Fletcher, era quello d’incorniciare ed esibire i dettagli intimi della vita, o almeno quelli esteticamente gradevoli, "come la propria silhouette nella doccia". "Creiamo palcoscenici dove la gente possa diventare protagonista di una qualche forma di performance, pur osservando criteri d’esposizione codificati e controllati", afferma I’architetto. Fletcher continua poi a parlare del progetto insistendo nella possibilita di regolare la privacy degli ambienti utilizzando tende e veli per allargare o restringere le aperture, proprio come se fossero gli obiettivi di una macchina fotografica. E come gli abiti che questo autunno Marc Iacobs ha disegnato per la sua griffe e per Vuitton (le gonne impigliate posteriormente nella cintura dei collant, i vestiti trasparenti con reggiseni e slip cuciti dentro), anche gli interni a vista di Graft sono un’allusione a una cultura che trova continuamente nuovi modi per esibire dettagli sempre più intimi e ordinari della vita domestica. A New York, dove il paesaggio urbano è in fase di cambiamento sistematico proprio a causa dei grattacieli in cristallo come il W - che negli ultimi sette anni sono spuntati come funghi sulla scia della costruzione dei primi due edifici a forma di "terrarium" progettati da Richard Meier lungo la West Side Highway - , la vita dei newyorkesi è sempre più esibita anche sull’esempio delle performance artistiche in cui gli artisti "vivono" in una galleria per 24 ore e si mostrano mentre fanno un pisolino o si lavano i denti. E non è che sia sempre un bel vedere. In settembre, Curbed, I’aggressivo blog del real estate di New York, ha pubblicato la fotografia di un condominio a pareti di vetro appena ultimato in East 13th Street. In questo caso lo sguardo cadeva direttamente dentro agli appartamenti, che sembravano per lo più dormitori disordinati. Era come una risposta infame al marketing chiassoso che circonda questi edifici ormai onnipresenti e che pubblicizza uno stile di vita elegante e seducente, accessoriato con mobili moderni di metà Novecento e abiti firmati. C’erano letti sfatti sbattuti proprio contro i vetri, veneziane aggrovigliate, un asciugamano buttato sopra una sedia. La foto si accompagnava alla descrizione di un uomo in boxer che faceva flessioni. pur vero che la vita in città è sempre stata considerata per certi versi una rappresentazione pubblica di cui uno dei suoi lati positivi è la possibilità di lanciare uno sguardo ad altri habitat, osservare "il film delle vite altrui" attraverso una tenda socchiusa, come faceva James Stewart in "La finestra sul cortile". Ma così come le conversazioni al telefono ascoltate accidentalmente erano allettanti finchè l’uso del cellulare non ha saturato le nostre orecchie - "Sono tra la 14’ e la Quinta", sbraita un tizio nel suo bluetooth e tu non puoi fare a meno di sentirlo -, anche sbirciare negli appartamenti altrui non e più interessante e il gioco ha la stessa efficacia narrativa dell’insensato video sui muffin (fatti da qualche adolescente nella sua cucina) che mia figlia guarda e riguarda su YouTube. In effetti, il computer è un gemello misterioso (o noioso, a seconda del punto di vista) dell’appartamento di vetro o della pagina dei profili del sito Facebook, che con i suoi aggiornamenti continui e il suo parente emotivo piu prossimo - Mary dorme! Jim sta lavorando sodo! Lucy ha fatto "amicizia" con John! Esiste un collegamento comportamentale tra le vite inconsapevolmente "in vetrina" di coloro che abitano nei condomini trasparenti e le vite consapevolmente "in vetrina" di coloro che trascorrono sempre più tempo on line, dove le attività domestiche vengono riferite con dettagli di una precisione spaventosa. II risultato è una confusione culturale tra il pubblico e il privato. Sherry Turkle, psicologa e responsabile dell’iniziativa del MIT sulla tecnologia e l’individualità, considera le torri di vetro come un’espressione di una "svolta nella forma". "Esiste un’autentica confusione tra intimità e solitudine", dice la professoressa Turkle che da oltre due decenni studia i computer e le persone che li adorano. "Siamo da soli in questi edifici ad affrontare l’anonimità della città, o siamo collegati alla città? Che cosa mostriamo e che cosa nascondiamo? Questo rispecchia quanto accade quando siamo al computer e collegati su Facebook. Non siamo più in grado di distinguere fra quando siamo insieme e coccolati e quando siamo soli e isolati. Io posso essere in contatto intimo con trecento persone per e-mail, ma quando alzo gli occhi dal mio computer mi sento abbandonato. Non sento voci e non tocco mani per ore o addirittura per giorni interi. Ho paura che la gente non sappia più con certezza dove risieda l’individualità". Questi edifici, secondo lei, raccontano storie di ansia e non di esibizionismo. Jeffrey Cole, direttore del Centro per il futuro digitale alla Annenberg School for Communication della University of Sourthen California, studia gli adolescenti e le loro comunità digitali, per le quali la metafora della casa di vetro è più preoccupante e pericolosa. "In base alla mia esperienza, gli adolescenti, ma soprattutto le adolescenti, non sanno che in Facebook vivono in un’abitazione trasparente", dice il professor Cole. "S’illudono che nella rete ci siano solo loro e i loro amici che hanno a cuore solo il loro bene e che avranno sempre a cuore il loro bene. Hanno un senso scarsissimo della permanenza. Per cui ritengo che in pratica non abbiamo piu privacy, oppure che abbiamo sempre meno angoli in cui possiamo rifugiarci." Gli interni senza divisori e con le pareti di vetro dell’architettura modernista erano l’espressione del rilassamento di una cultura urbana, dice Winifred Gallagher, autrice di "House Thinking: A Room-by-Room Look at How We Live". Pensando agli albori del modernismo d’inizio Novecento, dice: "Improvvisamente non abbiamo più voluto ritirarci in privato ed essere tagliati fuori". Vedendo che la questione si ripresenta, la Gallagher rilancia lo stesso messaggio, ma con un nuovo sviluppo: "New York era una città fatta di cancelli d’acciaio e sbarre alle finestre. Era un posto molto poco sicuro. Oggi invece è una città spettacolare e sicura. il vetro a renderla così. Un tempo la casa di cristallo di Philip Johnson avrebbe potuto esistere solo a New Canaan. Oggi si può avere anche a New York. Ovviamente, non si può fare a meno di chiedersi come ci si possa sentire a proprio agio con il predatore che guarda dalla finestra". Negli anni Settanta, lo psicologo Irwin Altman aveva studiato il modo in cui le persone creano relazioni con la tecnica delle "aperture e chiusure," come ha spiegato l’altro giorno. "Gradualmente la gente si apre: prima a un livello molto superficiale della propria personalità, poi passa cautamente ad ambiti più intimi". Per poter equilibrare i momenti in cui si sente esposto, o aperto, l’individuo deve avere momenti in cui è chiuso e solo. Altman dice che: "Uno del luoghi in cui l’individuo si comporta così è la propria abitazione. Per ciascuno di noi il soggiorno è il nostro ambiente pubblico, dove mostriamo il meglio di noi stessi. le nostre cose migliori, dove sfoggiamo cio che ci è prezioso e a cui siamo affezionati. Poi ci sono altri ambienti, come le camere da letto, che sono inaccessibili e dove possono entrare solo le persone che ci conoscono intimamente". E se una società nel suo complesso è "aperta" 24 ore su 24, 7 giorni su 7, è normale che prima o poi si arrivi a qualche chiusura. Forse è per questo che l’architetto Costas Kondylis ha modificato il suo progetto di un condominio da 31 piani nel quartiere East 60s passando dal vetro totale alla pietra calcarea. Il vetro, dice, "è diventato una sorta di deja vu fin troppo sfruttato". Penelope Green