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 2008  febbraio 20 Mercoledì calendario

la riscossa femminile: Il seme della (bio)diversità. l’Unità 20 febbraio 2008 «Il seme è sacro» dicono le donne indiane

la riscossa femminile: Il seme della (bio)diversità. l’Unità 20 febbraio 2008 «Il seme è sacro» dicono le donne indiane. Così racconta Vandana Shiva, fisica, ecologa e ambientalista. Sarà per questo che nella sua attività «ecologia e femminismo sono stati inseparabili». Il primo approccio con il problema della sostenibilità, racconta la scienziata indiana, «l’ho avuto tramite Chipko», un movimento di donne che negli anni Settanta del secolo scorso cercavano di difendere le foreste nella regione dell’Himalaya. In realtà le radici di Chipko sono molto più antiche, affondano in una storia avvenuta trecento anni fa quando le donne del Rajastan decisero di proteggere i loro alberi dall’abbattimento abbracciandoli. Le donne morirono assieme agli alberi ai quali rimasero avvinghiate, ma il movimento Chipko rimase nella memoria dell’India e fu rimesso in piedi da due allieve di Gandhi. Vandana passò le sue vacanze tra le contadine del movimento fino al 1981. Dopo dieci anni, fondò Navdanya, la banca dei semi. Navdanya in hindi significa «nove semi», ma anche «nuovi doni». Il suo scopo principale è la salvaguardia della biodiversità e il sostegno ai contadini locali. Gli operatori della banca raccolgono e conservano i semi che altrimenti sarebbero destinati all’estinzione e li vendono agli agricoltori. Ma assieme a questo compito, Navdanya se ne è dato un altro: quello di dare voce e potere alle donne che si occupano di agricoltura. «Le donne da sempre sono le custodi della biodiversità, ma ora la globalizzazione distrugge il loro lavoro», si legge sul sito dell’organizzazione. In effetti, il rapporto delle donne con la terra in tutto il mondo è particolarmente stretto. nel bene e nel male. Le donne coltivano il 65% del cibo consumato nel mondo, dice la Fao. Ed è un dato tanto più impressionante se si tiene conto del fatto che sulle donne grava anche il lavoro della casa e la cura dei figli. Nello stesso tempo, nelle aree rurali di tutto il mondo le famiglie più povere sono quelle con a capo una donna. E sono le donne che sempre più spesso rimangono a coltivare la terra quando gli uomini cercano lavoro altrove. Così accade ad esempio anche in Nepal. Un resoconto (Women’s participation in people’s war in Nepal) scritto da Hisila Yami, rappresentante di punta del movimento maoista nepalese e oggi ministro del lavoro e dello sviluppo nel governo di transizione, apre un velo su una realtà per noi sconosciuta. Una realtà in cui un sistema sociale fondato sul latifondo feudale si intreccia con una condizione femminile drammatica. Le donne nepalesi vivono meno degli uomini, il tasso di mortalità per parto è il più alto del mondo. Nelle campagne la loro vita è particolarmente dura: spesso rimangono sole con i figli a lavorare i campi mentre gli uomini in grado di lavorare migrano nelle città. E il loro lavoro viene pagato la metà di quello degli uomini.