varie, 22 febbraio 2008
CARRIGLIO
CARRIGLIO Pietro Palermo 1938. Regista. Ultimi lavori teatrali: Il re muore (di Eugène Ionesco), Il malinteso (Albert Camus), Il povero Piero (Achille Campanile), Assassinio nella Cattedrale (Thomas Stearns Eliot). «Docente per alcuni anni all’università di Palermo, appassionato studioso d’arte drammatica, ha fondato e diretto il teatro Biondo Stabile di Palermo, dopo aver fatto parte della direzione del teatro Massimo. Per tre anni è stato il direttore artistico del Teatro stabile di Roma, prima dell’arrivo di Luca Ronconi; dal 1998 è ritornato a dirigere lo Stabile di Palermo. Tra le sue regie più apprezzate, Il mercante di Venezia , La tempesta e Racconto d’inverno di Shakespeare, La vita è sogno di Calderón, Finale di partita di Beckett. Per il teatro d’opera ha allestito Il castello del principe Barbablù di Bartók e Die glückliche Hand di Schönberg. Molto scalpore hanno suscitato le sue scenografie modulari. Insieme a Giorgio Strehler ha avviato presso Laterza la pubblicazione di una collana di ”Teatro italiano”» (Dizionario dello Spettacolo del ”900, a cura di Felice Cappa e Piero Gelli, Baldini&Castoldi 1998). «Un uomo di teatro? Fosse soltanto questo, Pietro Carriglio non sarebbe Pietro Carriglio. Carriglio è molti uomini in uno. Cogliamo le sue numerose fisionomie scorrendo le pagine di Xenia [...] un denso volume di 480 pagine a due sensi: capovolto, può essere letto dall’altra parte. Curato da Renato Tomasino, Umberto Cantone e Roberto Giambrone il volume rientra nell’antico e nobile filone degli ”scritti in onore di...”. Vi hanno messo mano artisti e intellettuali di primo piano (una cinquantina) e tutti, da Giovanni Raboni a Mario Luzi a Edoardo Sanguineti, hanno fornito un contributo creativo o critico che rende conto del fervore artistico maturato negli anni al Teatro Biondo di Palermo diretto da Carriglio. Da queste pagine salta fuori il regista, ma anche lo scenografo. Prende forma l’organizzatore culturale che convince gli amici (Raboni e Luzi, per esempio, ma anche la Maraini e Bonaviri) a tradurre o a scrivere per il Biondo, cercando di arrivare a quell’idea di teatro d’arte che è il nodo mai sciolto della scena pubblica italiana. Ma le pagine più insospettate sono quelle firmate dallo stesso Carriglio. Si intitolano Foglietti Levi. Sono note ricordo che colgono l’autore di Cristo si è fermato e Eboli nell’affiorare dei suoi umori, nei gesti, nelle parole straordinariamente esatte. Questi Foglietti sono un’autentica delizia. Scritti con ammirevole leggerezza, ci consegnano la faccia di Carriglio che mancava alla conclusione del suo personale retablo: quella del ritrattista. [...]» (Osvaldo Guerrieri, ”La Stampa” 22/2/2008).