Pierangelo Sapegno, La Stampa 20/2/2008, 20 febbraio 2008
Se c’è un terremoto in Italia dobbiamo prima chiedere il permesso ai sindacati: possiamo intervenire? Se è di giorno, forse
Se c’è un terremoto in Italia dobbiamo prima chiedere il permesso ai sindacati: possiamo intervenire? Se è di giorno, forse. Se è di notte, apriamo un tavolo. In ogni caso, niente esercitazioni, «se non dopo adeguate contrattazioni decentrate», come hanno scritto nero su bianco, con tanto di firme e punti esclamativi, le 5 organizzazioni sindacali, contro Guido Bertolaso e i suoi modi iperattivi. Per raccontare il nostro Paese, a volte basta una lettera come questa, spedita il 12 febbraio al Segretario Generale di Palazzo Chigi e al Capo della Protezione Civile, una pagina di tre capoversi stile Comintern, con il suo linguaggio stentato, il suo senso arrugginito, il suo burocratese assurdo, tanto sgrammaticato quanto protervo: «... invitiamo che ogni azione relativa a esercitazioni, incarichi e/o composizioni di gruppi di intervento siano sospesi fin quando non siano sottoposti all’approvazione secondo l’iter legale vigente». Cioè, non si può far niente senza il benestare del sindacato. Fra le storie di ordinaria burocrazia questa è la più incredibile. Il fatto è che la Protezione Civile di Guido Bertolaso fa le esercitazioni per i terremoti, che sono l’unico modo per fare prevenzione. Come tutte le simulazioni ben fatte dovrebbero essere senza preavviso e senza orari, di giorno e di notte, perché è il terremoto che è fatto così, che può arrivare in qualsiasi momento senza mai dirlo a nessuno prima. E’ questo che non va bene ai sindacati. Una questione di orari, di superlavoro, di stress, e poi di chissà quante altre beghe, perché la burocrazia è come un grosso edificio con le sue stanze chiuse che non si possono aprire. Loro si appellano al contratto, Titolo III, articoli 8 e 9, a quella prigione di gabbie, di schemi e di codicilli, che non guarda in faccia a niente, neanche alla vita e alla morte, alle tragedie che ci possono distruggere, o alla salvezza che possiamo trovare. L’hanno firmata tutti, quella lettera, nessuno escluso: Cgil, Cisl, Uil, Flp, Rdb. Così quando Bertolaso ha incontrato uno a uno i suoi 700 dipendenti per spiegare che avrebbero fatto una esercitazione per capire dove intervenire, che cosa migliorare e di che cosa ci fosse ancora bisogno, loro hanno subito preso carta e penna per protestare: «Tali pratiche (le esercitazioni, ndr) non possono essere messe in atto se non dopo adeguata contrattazione decentrata». Ricordano minacciosi che queste esercitazioni «non sono mai state sottoposte alla contrattazione sindacale come previsto dalla vigente normativa». Ma si può pensare di burocratizzare persino il lavoro sul campo? Sarebbe come imporre il limite di velocità a un pilota di Formula 1. Eppure quello che a noi sembra assurdo ad altri dev’essere apparso normale. Resta il fatto che Bertolaso l’esercitazione l’ha fatto lo stesso, la notte del 15 febbraio, lettera o non lettera. E hanno partecipato tutti i 700 dipendenti della Protezione Civile, da Aosta a Trapani, nessuno escluso e «nessuno che s’è tirato indietro». A volte, semplicemente, i lavoratori sono meglio dei loro sindacati.