ItaliaOggi 19 febbraio 2008, Carlo Forte, 19 febbraio 2008
I genitori non hanno voce sul sesso. ItaliaOggi 19 febbraio 2008. I genitori degli alunni non hanno titolo a interferire sulle scelte didattiche e contenutistiche dei docenti
I genitori non hanno voce sul sesso. ItaliaOggi 19 febbraio 2008. I genitori degli alunni non hanno titolo a interferire sulle scelte didattiche e contenutistiche dei docenti. Anche se prevedono lo svolgimento di lezioni di educazione sessuale nella scuola elementare. Il monito viene dalla Suprema corte di cassazione, che ha affermato questo principio a sezioni unite, con la sentenza 2656 depositata il 5 febbraio scorso. Durante le lezioni no Il caso riguardava un genitore di un alunno di quinta elementare, che aveva presentato un ricorso al giudice ordinario chiedendo che fosse dichiarato che la scuola non aveva il diritto di svolgere lezioni di educazione sessuale in classe senza il consenso dei genitori e che venisse vietato lo svolgimento di queste lezioni durante l’orario scolastico. Il ricorrente aveva argomentato la domanda facendo riferimento ai principi contenuti negli articoli 29 e 30 della Costituzione. E da ciò aveva dedotto che l’amministrazione non avrebbe potuto incidere sul diritto-dovere del genitore di provvedere all’educazione dei figli. Il tutto "secondo una prospettiva", si legge nella sentenza, "volta a configurare il fatto in sé dell’educazione sessuale come espressione di immoralità e ateismo, ossia di valori antitetici a quelli coltivati nell’ambito familiare, e prima ancora ad attribuire al nucleo familiare una funzione esclusiva e totalizzante nel processo di crescita, educazione e maturazione dei figli". Liberi di insegnare, a casa Ma la tesi difensiva non è stata condivisa dai magistrati di legittimità. Secondo le sezioni unite il diritto fondamentale dei genitori di provvedere all’educazione e alla formazione dei figli, sancito dalla Costituzione, trova il necessario componimento con il principio di libertà dell’insegnamento dettato dall’articolo 33 della nostra Carta fondamentale e con quello di obbligatorietà dell’istruzione inferiore affermato dal successivo articolo 34. Il quadro costituzionale di riferimento pone, quindi, con chiarezza, in relazione al processo formativo degli alunni della scuola pubblica, un’esigenza di bilanciamento e coordinamento tra i diritti e doveri della famiglia e quelli della scuola. I quali peraltro trovano esplicazione nell’ambito dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che si concreta anche nell’autonomia progettuale e didattica. Secondo le sezioni unite, dunque, è certamente ravvisabile un potere dell’amministrazione scolastica di svolgere la propria funzione istituzionale con scelte di programmi e di metodi didattici potenzialmente idonei a interferire e anche eventualmente a contrastare con gli indirizzi educativi adottati dalla famiglia e con le impostazioni culturali e le visioni politiche esistenti nel suo ambito. Ciò non solo nell’approccio alla materia sessuale, ma anche nell’insegnamento di specifiche discipline, come la storia, la filosofia, l’educazione civica, le scienze. E dunque "ben può verificarsi", recita la sentenza, "che sia legittimamente impartita nella scuola una istruzione non pienamente corrispondente alla mentalità e alle convinzioni dei genitori, senza che alle opzioni didattiche così assunte sia opponibile un diritto di veto dei singoli genitori". Parlano gli amministrativi Nel caso specifico le sezioni unite hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario affermando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ciò perché le determinazioni assunte dall’istituzione scolastica rientrano nell’autonomia scolastica, sono ricompresse nell’ambito di esercizio della libertà di insegnamento e riguardano la materia dell’organizzazione del servizio pubblico. In definitiva, dunque, la controversia non aveva per oggetto la lesione di un diritto, ma di un mero interesse legittimo. Carlo Forte