La Repubblica 15 febbraio 2008, CORRADO SANNUCCI, 15 febbraio 2008
Grande, commovente Dorando. La Repubblica 15 febbraio 2008. La rotatoria sulla strada per Modena è anonima ma dopo sarà difficile dimenticarla perché proprio lì al centro calerà la statua di Dorando Pietri, otto metri di altezza dei quali cinque di basamento e tre del bronzo vero e proprio
Grande, commovente Dorando. La Repubblica 15 febbraio 2008. La rotatoria sulla strada per Modena è anonima ma dopo sarà difficile dimenticarla perché proprio lì al centro calerà la statua di Dorando Pietri, otto metri di altezza dei quali cinque di basamento e tre del bronzo vero e proprio. Verrà scoperta il 24 luglio, centenario della maratona di Londra del 1908. Degli infiniti dibattiti su una figura la cui storia sembra lineare e che invece è ricca e controversa, l´ultimo è se il Pietri di bronzo dovesse correre in direzione di Carpi o nella direzione opposta verso Modena: ha vinto questa seconda ipotesi. Il garzone di pasticceria, scoperte le mirabili doti nel suo metro e sessanta d´altezza, si lanciò istintivamente verso il mondo e le Americhe, e non da emigrante ma padrone dei suoi mezzi, in un anelito verso la ricchezza che comportò prima l´ammirazione e poi l´invidia dei suoi concittadini. Tutti i bar di piazza dei Martiri, il centro della vita carpese, hanno le foto di Pietri, ma l´immagine del numero 19 che taglia sfinito il traguardo del White Stadium appare di giorno in giorno sempre più in qualche negozio o ristorante della zona, in un processo tardivo ma ora convinto di riunione e riappacificazione con il proprio concittadino illustre che le sofferenze economiche di Carpi negli anni ´20 spinsero a trasferirsi a Sanremo per dare sviluppo alla sua azienda di autonoleggio. Pietri, il bambino la cui scuola è un casolare diroccato e abbandonato dalle parti di Mandrio e del quale non si è mai potuto accertare se avesse conseguito la licenza elementare, aveva una visione così allargata sul futuro che con i soldi vinti, e furono tanti, decise di costruire un albergo con il fratello Ulpiano (ma fu un flop) e di tuffarsi nel business alla Hertz (negli anni ´10!). La maratona di Londra è la meglio documentata delle maratone olimpiche almeno fino a quella di Berlino del ´36. Foto e filmati raccontano dettagliatamente la gara: gli inglesi Duncan, Beale, Lord e Price prendono la testa e poi crollano, quindi l´attacco del sudafricano Hefferon con il favorito americano Longboat che cede, in ultimo l´affondo finale di Dorando dopo il 40° chilometro. Anche la tragedia in pista è documentata quasi completamente: la sua entrata zigzagante, il tentativo di girare (erroneamente) a destra, l´avvio del giro di pista nell´altra direzione, il suo barcollare nei 9 minuti e 46 secondi che gli servirono a completare gli ultimi 325 metri, le cadute e i soccorsi, in un ultimo l´arrivo, tra il signor Jack M. Andrew (quello con il megafono), capo dei commissari di gara, e Michael J.Bulger, membro dell´Associazione Olimpica britannica e addetto all´assistenza medica. Di quella giornata sappiamo praticamente tutto, grazie agli inviati del Daily Mail, Le Figaro, La Gazzetta dello Sport, il Corriere della Sera, e al reportage di Arthur Conan Doyle, l´autore di Sherlock Holmes, che concluse con lucida lungimiranza dicendo che «l´impresa dell´italiano non potrà mai essere cancellata dalle storie sportive, indipendentemente dalle decisioni dei giudici». Questo racconto e una mole impressionante di documentazione è nel libro "La corsa del secolo", a cura di Augusto Frasca, una delle anime del piccolo gruppo di lavoro (insieme a Ivano Barbolini, la moglie Vanna, Luciana Nora e Daniele Menarini) che pochi anni fa ebbe l´idea visionaria di trasformare il 24 luglio di quest´anno nel monumentale Centenario Mondiale della maratona di Dorando Pietri. In pratica il festeggiamento non per una corsa vinta ma per una sconfitta («io fui colui che ha vinto e perso la vittoria», nella citazione più famosa dello stesso Dorando). Ma aveva ragione Conan Doyle, Hayes che vinse con un reclamo non lo ricorda nessuno, Pietri è famoso in tutto il mondo e godette anche di essere celebrato in una canzone di Irving Berlin. La crisi di Pietri era dovuta probabilmente a disidratazione: la giornata era calda, afosa e allora la teoria medico-sportiva consigliava di non bere in corsa. Non è vero che la Coppa che la regina Alexandra, che aveva assistito al dramma, volle consegnare a Dorando il giorno dopo, fosse piena di sterline. La Coppa, di proprietà della società "La Patria", l´unica per la quale Pietri abbia sempre corso, è custodita nei caveau dell´Unicredit di Carpi e farà un´apparizione il 30 maggio prossimo, protetta da un´assicurazione di 5 milioni di euro, davanti alla regina Elisabetta, in occasione della maratona di Londra. Quel giorno, tra le mani della sovrana, saranno riunite la medaglia di Hayes, proveniente dagli Usa, e quella di Pietri, proveniente da Carpi. Gli inglesi non amavano gli americani e i loro atleti, e la squalifica fu accolta malvolentieri. «Una donna ristabilì la giustizia» scrisse "La Stampa" polemicamente, in un´epoca in cui alle donne era proibito gareggiare ai Giochi. La giornata del Centenario comincerà alle 9,30 con la messa nel Duomo dove Pietri sposò nel 1909 Teresa Dondi, poi l´inaugurazione di una mostra fotografica, quindi l´inaugurazione della statua, la sera un banchetto. Ci sono 500-600 foto rintracciate delle gare di Dorando Pietri, il segnale che l´aspirante pasticcere aveva già un´idea chiara del ruolo della pubblicità in un mondo che era di fatto professionistico. Per la rivincita con Hayes, al Madison Squadre Garden il 25 novembre di quell´anno, Pietri battè l´avversario 45" e guadagnò diecimila dollari. E Dorando, dopo ogni vittoria, mandava lui stesso un telegramma alla Gazzetta dello Sport con la notizia e il risultato. Carriera brevissima, la sua. Aveva cominciato tardi, a 18 anni, quando in una corsa intorno a piazza dei Martiri tenne il passo di un podista laziale dell´epoca, Pericle Pagliani, e la finì a soli 26, nell´´11, con una gara a Stoccolma. In pochi anni Pietri si consumò in due sfiancanti tournée negli Usa e in Argentina, una carriera bruciata in quelle 46 gare quasi tutte all´estero che gli fruttarono 200mila lire, una cifra enorme per quei tempi. Non arrivò neanche ai Giochi di Stoccolma del ´12: ma, oltre a essere professionista, a fermarlo furono anche disturbi cardiaci. Il più grande maratoneta dell´epoca, si scoprì alla visita militare del ´16 che gli procurò l´esonero, soffriva di stenosi mitralica, un´affezione che avrebbe contribuito alla sua morte precoce, nel ´42, a soli 57 anni, a Sanremo. Con le visite mediche preventive, non sarebbe mai esistito il mito Pietri. Il garzone di pasticceria, è il primo proletario che entra nella storia dello sport italiano, che aveva pochi eroi, borghesi o militari. Lo celebreranno a lungo i fogli socialisti, esaltando «il suo trionfo fatto di volontà, costanza, lavoro». E´ il primo italiano (insieme a Enrico Caruso) che sfonda nelle Americhe, l´italiano che riscatta l´immagine internazionale di un paese povero e straccione, tanto da meritarsi nomi di vie a Londra e New York. E´ il semianalfabeta che in patria denuncia l´arretratezza fisica degli italiani e invita, inascoltato, a uno sviluppo dell´educazione fisica dei giovani. Dorando fu un grande atleta nato dal nulla, in un´Italia che aveva rifiutato di ospitare quelle Olimpiadi del 1908. L´aveva capito il garzone di pasticceria, non l´aveva capito Giolitti. Il Comitato del Centenario intanto ha un altro progetto, per dopo il 24 luglio: riportare Dorando a casa da Sanremo, dove è sepolto da 65 anni. Allora sì che il monumento potrà essere girato e la corsa di Dorando puntare decisamente verso la sua città. CORRADO SANNUCCI