Bjørn Lomborg, L’ambientalista scettico, Mondadori 2001., 20 febbraio 2008
L’ambientalista scettico. Capitolo V: "Alimentazione e fame" Paul Ehrlich nel libro The Population Bomb (1968) criticò gli "ottimisti di professione": "Sostengono che nei prossimi otto anni l’India sarà in grado di aumentare la produzione agricola e di dar da mangiare a circa a circa 120 milioni di persone in più"
L’ambientalista scettico. Capitolo V: "Alimentazione e fame" Paul Ehrlich nel libro The Population Bomb (1968) criticò gli "ottimisti di professione": "Sostengono che nei prossimi otto anni l’India sarà in grado di aumentare la produzione agricola e di dar da mangiare a circa a circa 120 milioni di persone in più". Otto anni più tardi la produzione alimentare indiana era sufficiente a sfamare ben 144 milioni di persone in più. Secondo le Nazioni Unite dal 1961 la produzione alimentare è aumentata del 20% pro capite e nei paesi in via di sviluppo del 52%. In modo equivalente, la carne disponibile per persona è cresciuta del 122%, passando da 17,2 kg nel 1950 a 38,4 kg nel 2000. La teoria di Malthus: la popolazione aumenta di una determinata percentuale ogni anno, in modo esponenziale (gli abitanti della Terra raddoppiano ogni 40 anni circa). La produzione alimentare invece aumenta più lentamente, secondo una funzione di crescita lineare. Risultato: la popolazione del futuro non avrà cibo a sufficienza. La teoria di Malthus, che ebbe tanto successo, però manca di prove. Di rado la popolazione aumenta in modo esponenziale e altrettanto di rado la quantità di cibo cresce con andamento lineare. Oggi ogni individuo ha molto più cibo a disposizione di un tempo, anche se dal 1961 la popolazione è raddoppiata. L’apporto calorico è aumentato del 24% su base globale e nei paesi in via di sviluppo addirittura del 38%. Secondo le Nazioni Unite, una persona soffre la fame se non ha cibo a sufficienza per compiere una leggera attività fisica: a livello globale la percentuale che soffre la fame dal 1970 è diminuita dal 35 al 18%. Nei paesi in via di sviluppo la percentuale di bambini considerati denutriti è scesa dal 40 al 30% negli ultimi 15 anni e si prevede che nel 2020 sarà del 24%. Nel 1971 quasi 920 milioni di persone nel Terzo Mondo erano sottonutriti, nel 1997 il totale era sceso sotto i 792 milioni. E’ aumentata la domanda, eppure i prezzi dei cibi sono scesi: nel 2000 i generi alimentari costavano un terzo in meno rispetto al 1957. Il prezzo del grano ha registrato una tendenza al ribasso fin dal 1800, e la caduta dei prezzi è stata particolarmente pronunciata nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale. Poiché il prezzo riflette la scarsità di un determinato prodotto, ne consegue che in questo secolo i generi alimentari sono diventati meno scarsi benché la popolazione sia più che triplicata e la domanda sia aumentata in modo costante. Come è stato possibile un simile sviluppo positivo? Grazie a un insieme si tecnologie conosciute come la ”rivoluzione verde”, i cui principali elementi sono: colture ad alta resa; irrigazione e rifornimento idrico controllato; fertilizzanti e pesticidi; capacità gestionale degli agricoltori. Grazie alla rivoluzione verde è stato possibile ricavare più cibo da ciascun ettaro di terreno. L’intuizione si deve a Norman Borlaug (poi premio Nobel per la pace) e al suo lavoro sulle colture ad alta resa. Le varietà moderne di riso, granturco e grano crescono più velocemente, maturano prima e sono più resistenti alle malattie e alla siccità. Così sono possibili più raccolti in un anno. E siccome le piante sono più forti, è aumentata anche la zona climatica favorevole alle colture. Risultato: dal 1960 le nuove varietà vegetali hanno portato a un aumento della resa massima di oltre il 30%. I miglioramenti non hanno interessato solo le varietà cerealicole: la produzione di carne di pollo e di maiale è più che raddoppiata rispetto a sessant’anni fa e quella di latte è raddoppiata. L’irrigazione e il controllo delle risorse idriche, come la costruzione di dighe, ha fatto aumentare la proporzione di campi irrigati dal 10,5% del 1961 a oltre il 18% nel 1997. L’aumento nell’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi ha reso possibile il miglioramento nella crescita delle piante, limitando la perdita di raccolto dovuta a malattie e insetti. Nel 1960 in Asia quasi un terzo del raccolto di riso veniva divorato da locuste e simili. Le nuove varietà di colture selezionate dall’uomo offrono una maggiore resistenza alle malattie, consentendo così di ridurre il consumo di pesticidi. Nei paesi in via di sviluppo la produzione di riso è cresciuta del 122%, quella di granturco del 159%, quella di grano addirittura del 229%. Si sente dire spesso che pesticidi e agricoltura intensiva sono dannosi per l’ambiente. Ma qual è l’alternativa, considerando che sulla Terra ci sono più di 6 miliardi di persone? Se si abbandonassero agricoltura intensiva e pesticidi, gli agricoltori avrebbero bisogno di molto più spazio per fornire le stesse quantità di derrate, oppure finirebbero per produrne di meno. C’è più cibo, dunque. Ma non è così ovunque. Per esempio c’è stato un grande aumento in America Latina, Asia e Vicino Oriente, ma l’Africa subsahariana è rimasta quasi ferma. Nelle coltivazioni non si usano fertilizzanti, i sistemi di irrigazione sono insufficienti, eppure l’Africa ha grandi potenzialità. Numerosi programmi agricoli gestiti dalla Fao hanno dimostrato che è possibile aumentare in modo considerevole le rese (è accaduto per esempio in Eritrea e in Burkina Faso). Le Nazioni Unite affermano che a bloccare la situazione è la mancanza "di slancio politico". In effetti dall’epoca della decolonizzazione, alla fine degli anni Cinquanta, l’Africa subsahariana è teatro di instabilità politica, corruzione, conflitti etnici, mancanza di infrastrutture, istruzione scadente: tutti aspetti che hanno ostacolato lo sviluppo dell’agricoltura e sui quali occorre intervenire in fretta.