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 2008  febbraio 17 Domenica calendario

Guggenheim alla russa. Il Sole 24 ore 17 febbraio 2008. Peggy Guggenheim in versione moscovita è un quarantenne tozzo dai capelli biondi a caschetto e lo sguardo allegro di chi si sta divertendo un mondo

Guggenheim alla russa. Il Sole 24 ore 17 febbraio 2008. Peggy Guggenheim in versione moscovita è un quarantenne tozzo dai capelli biondi a caschetto e lo sguardo allegro di chi si sta divertendo un mondo. Dopo aver fatto fortuna vendendo finestre dagli indistruttibili telai di plastica, Igor Markin ha deciso di aprire un piccolo Louvre tutto per sè. Un museo che è anche club, asilo per la gioventù, e giocattolo per i nuovi e irriverenti ricchi russi decisi a dare l’assalto al mondo dell’arte contemporanea. Il museo si chiama Art4.ru o "Arte per la Russia", e il suo curatore è il ventinovenne ex direttore di profumeria Henry Yasas. La collezione di Markin raccoglie i grandi nomi dell’arte russa, da Erik Bulatov a Oleg Kulik, ma i quadri sono disposti secondo criteri esclusivamente visivi, e non c’è traccia di didascalie: la filosofia imperante è chissenefrega chi l’ha dipinto, l’importante è se è bello o no. Chi vuole può assoldare una guida, che oltre a delucidazioni sul concettualismo moscovita, informa anche sull’orientamento sessuale dell’artista. Il museo espone il 30% della collezione di Markin, che dichiara in un raro guizzo di umiltà: «Non basta che un quadro mi piaccia perché decida di comprarlo. Un artista deve essere stato promosso dai professionisti prima che io lo inserisca nella mia collezione. Se compro un quadro e lo metto in magazzino, lo dimentico: ho bisogno della reazione da parte del pubblico, inclusi gli addetti ai lavori». Che però reagiscono con scetticismo: «Spesso i collezionisti russi acquistano opere pagando prezzi esorbitanti perché presi da capriccio o perché vogliono fare dispetto a un concorrente – spiega Nina Colantoni della galleria milanese Nina Lumer specializzata in arte russa contemporanea ”. Questo fenomeno nuoce sia al mercato che all’artista». L’ambizione di Markin&co. è diventare un Guggenheim russo, aprendo sedi nelle regioni russe e creando una "collezione zingara". Proposito non tanto strambo vista la determinazione con cui procedono in tutte le operazioni: l’ultima idea è stata un coniglietto bianco che scorrazza libero per le stanze del museo, zigzagando tra pale d’altare e statue di polistirolo. Nessuno può disfarsene ora, dopo che si è sgranocchiato lo Sgabello di Ilya Kabakov: «Quel coniglio adesso vale almeno 300mila dollari» confessa Yasas. Oggi l’intero museo è foderato di erba sintetica con mazze e palline da croquet a disposizione dei visitatori. Il portale del museo comunica che chi vuole può portarsi bevande alcoliche, consumarle durante la visita, e persino inondarne le pareti. L’ultima trovata è la festa del venerdì sera: con un ingresso di 200 rubli (6 ࿬) si gode di alcol senza limiti e dei migliori dj di Mosca. «Vogliamo attrarre piú giovani possibile» continua Yasas, per gli studenti infatti i biglietti sono ridotti a 100 rubli (3 ࿬), mentre tutti gli altri pagano il doppio, compresi – anatema in Russia – pensionati e veterani. «Un pensionato rinuncia a fumare per una settimana se vuole permettersi il nostro ingresso! E poi, come dice sempre Markin, una Mercedes non deve costare come una Zigulì: il biglietto caro serve da stimolo al visitatore, affinchè trovi ciò per cui ha speso i suoi soldi». Approccio decisamente post-sovietico e molto novy russki. Yasas è convinto che la funzione di un museo sia di istruire piuttosto che guadagnare, «ma visto che vengo dal settore commerciale, sono anche sicuro che l’efficienza si giudica dal bilancio in attivo». Oggi Art4.ru conta 40 visitatori al giorno, e il break-even è sui 200. Lo stesso approccio pratico si riconosce nelle mostre: l’ultima è Tsena (prezzo), uno studio sulle fluttuazioni dei valori dei quadri. «Se chiedete a una babushka di guardia al Museo Pushkin quanto vale un’opera, alzerà gli occhi al cielo e vi risponderà che i loro quadri non hanno prezzo. Noi la pensiamo diversamente» si legge sul comunicato stampa. Il grafico in esposizione indica che l’arte contemporanea russa è decisamente un buon investimento: se un Kabakov nel 2006 valeva 150.000 dollari, oggi ne vale 4 milioni, mentre Vassiliev è cresciuto da 20mila dollari a 216mila. Altra ambiziosa iniziativa è stato il concorso per il monumento a Boris Eltsin e alla sua epoca: un bando convocato in fretta e furia per battere sul tempo l’artista di regime Zurab Tsereteli. «Dobbiamo modificare il concetto di arte monumentale oggi vigente in Russia» spiega Yasas. Almeno sulla carta sembrano esserci riusciti, anche se l’effettiva realizzazione del monumento, al centro della piazza Lubianka, è per il momento assai irrealistica. Secondo classificato è la scultura di Rostan Tavasiev: un coniglietto di peluche che regge una colonna pericolosamente in bilico con in cima un vaso di porcellana. Il vincitore, con 2.789 voti, è Dmitri Kavargi: sua è la scultura di plastica fusa popolata da figurine bianche che rappresenta il marasma degli anni ’90, e su cui svetta la sagoma imponente del primo presidente russo. La vittoria è stata sancita da elezioni democratiche e il volere del popolo è stato raccolto su livejournal.com, sito web su cui si compie la vivacissima vita del museo. Ma i voti non sono soltanto virtuali, ogni visitatore infatti riceve all’ingresso del museo due bollini, uno nero con la scritta Protiv (contro), uno bianco con Za (pro). Risultato: la fotografia dei Blue Noses con il bacio di due poliziotti in uniforme è inondata da un mare nero. «Inizialmente pensavamo di togliere le opere che ricevessero troppi protiv» dice Yasas, «ma poi abbiamo visto che venivano criticate proprio le opere piú provocatorie e interessanti. Per cui toglieremo soltanto quelle che vengono ignorate». Margherita Belgiojoso