Il Sole 24 ore 19 febbraio 2008, Marco Masciaga, 19 febbraio 2008
L’India crea gli alberghi per i turisti della fede. Il Sole 24 ore 19 febbraio 2008. Nel resto del mondo l’offerta turistica indiana è nota per i forti del Rajasthan, le lagune costiere del Kerala, le spiagge di Goa e, ovviamente, il Taj Mahal di Agra
L’India crea gli alberghi per i turisti della fede. Il Sole 24 ore 19 febbraio 2008. Nel resto del mondo l’offerta turistica indiana è nota per i forti del Rajasthan, le lagune costiere del Kerala, le spiagge di Goa e, ovviamente, il Taj Mahal di Agra. Eppure, a livello domestico, tra le località capaci di attirare ogni anno milioni di turisti ci sono diversi nomi che al di fuori del Subcontinente sono pressoché sconosciuti, come Tirupati, Puri, Vaishno Devi, Haridwar, Naina Devi e Mathura. Sono le capitali indiane del turismo religioso, uno dei fenomeni intorno a cui prospera una parte consistente dell’industria domestica della ricettività. Secondo una ricerca del National council for applied economic research, tolto il 58,9% di viaggi riconducibili al turismo sociale (come le visite ai parenti lontani e i matrimoni), sono proprio i pellegrinaggi a rappresentare sia in termini assoluti (13,8%) che in valore (22,1%) la fetta più grossa dell’industria turistica indiana. Il fenomeno non è nuovo, ma ciò che sta cambiando è l’approccio dei grandi player. «Per anni tutto si è svolto in maniera molto informale – spiega Siddharth Thaker, un analista della società di consulenza nel settore alberghiero Hvs ”. Di norma i turisti dormivano in piccoli ostelli indipendenti oppure in spazi gestiti dalle stesse associazioni incaricate di mantenere i templi. Da un paio d’anni il settore organizzato sta prendendo atto dei nuovi bisogni di questo mercato e presto anche i grandi gruppi del settore intercetteranno una parte di questi flussi». I primi segnali ci sono già. La Ginger, catena di hotel a tre stelle della Indian Hotels Company (Gruppo Tata), oltre alle strutture rivolte alla clientela d’affari come quelle di Thiruvananthapuram (all’interno del Techno park) e Bangalore (vicino al Tech Park), ha aperto un albergo a Haridwar, città sacra sulla rive del Gange fuori da qualsiasi rotta business, ma frequentata ogni anno da più di 11 milioni di fedeli. Anche le statistiche sui pacchetti turistici confermano la tendenza: quelli rivolti alla clientela "religious and pilgrimage" valgono da soli il 50% del mercato contro il 28% del settore "leisure and holiday". A prenderne atto non sono solo i tour operator privati. Anche la Indian railway catering and tourism corporation ha messo sul mercato offerte per i turisti della fede. Da Vaishno Devi e Puri per gli hindu ad Amritsar per i Sikh e Ajmer per i musulmani i viaggi organizzati giocano un ruolo crescente. Ma l’interesse del settore pubblico non si ferma qui. Lo scorso ottobre, Shivraj Singh Chouhan, chief minister del Madhya Pradesh, Stato dell’India centrale, ha annunciato un progetto per ricostruire il Ram Path, ovvero le tappe dell’esilio di Ram, una delle divinità più amate dell’induismo. Uno degli obiettivi è di creare un percorso turistico in grado di attrarre fedeli in località oggi poco frequentate. Il modello è quello del Bihar, uno degli Stati più poveri dell’India, ma il più ricco di suggestioni buddhiste: dal Patna Museum a Bodh Gaya, dove Buddha raggiunse l’illuminazione. In gioco ci sono centinaia di migliaia di turisti provenienti dal Sud-Est asiatico, la Cina e il Giappone. Con clienti così interessanti, sia in termini numerici che di potere d’acquisto, non deve stupire che anche l’Uttar Pradesh, pur con un patrimonio storico probabilmente inferiore al Bihar, stia pensando a creare un circuito buddhista. in quest’ottica che a Sarnath si sta costruendo, ex novo, la statua di Buddha la più alta del mondo. Marco Masciaga