La Repubblica 19 febbraio 2008, FABIO MINI, 19 febbraio 2008
L´ODIO, LA MAFIA, LE ARMI
La Repubblica 19 febbraio 2008.
Predrag Matvejevic discutendo del suo insuperato Breviario mediterraneo si è chiesto dove termina il mare nostrum. E ne ha indicato i limiti non nei confini degli Stati e neppure nelle vicende storiche, ma nei luoghi dove arrivano l´ulivo, il mandorlo, il fico, il melograno oppure fino a dove arriva una brezza o i sapori e profumi di certe erbe e spezie. E´ molto poetico ed anche vero.
Ci si può perciò chiedere con la stessa intensità e lo stesso amore per le terre del mondo che ci sono care dove finiscono i Balcani. Questa penisola continentale ha caratteristiche proprie e allo stesso tempo rappresenta un luogo d´incontro di culture centro europee, mediterranee, slave e asiatiche. Incontri che spesso sono degenerati in scontri, conflitti e massacri tramandando la sensazione, anche questa profondamente vera, di un caos inestinguibile. Oggi dobbiamo però chiederci se veramente i Balcani si fermano alla penisola; se quello che vi succede è un fatto locale; se i suoi territori sono semplicemente da assegnare a qualche organizzazione regionale o all´influenza di questo o quello stato, gruppo etnico o clan malavitoso.
L´idea caotica dei Balcani, della divisione, degli odi umani prima che razziali o politici si è diffusa in tutto il mondo. Non è più il profumo del mandorlo, delle rose, dello zafferano ad attraversare questa terra, ma quello delle droghe provenienti dall´Afganistan che, seguendo una rotta terrestre che alimenta tutte le aree di conflitto e instabilità tra Asia ed Europa, nei Balcani si concentra e amplifica, si specializza e si diffonde, balcanizzato, in tutta Europa e verso le americhe. E´ il profumo del belletto da quattro soldi delle ragazzine dell´est europeo che nei Balcani si trasformano in prostitute remunerative, in un processo di raffinazione estetica e schiavizzazione che comprende anche il passaggio di proprietà da un cugino delinquente ad un clan che gestisce i bordelli per la consolazione dei depravati più soli e frustrati d´Europa e d´America. E´ l´odore greve del denaro sporco da riciclare proveniente dai traffici della droga, delle armi, degli organi, delle persone, della migrazione clandestina e del terrorismo. E´ la scia degli effluvi delle lozioni dopobarba e della brillantina dei capi delle mafie balcaniche di ogni etnia che confluisce in quella che lasciano i capi di Cosa Nostra, della Ndrangheta, della Camorra, della Sacra Corona Unita e tutti i capi dei clan marsigliesi, maghrebini, albanesi, turchi e via dicendo collegati in una rete che ormai non ha confini. E´ il tanfo delle banche nascoste, dei paradisi fiscali, della ricchezza da sviluppare mungendo le organizzazioni internazionali e facendo pagare il prezzo più alto ai poveracci, sfruttandone i sogni.
Attraverso e dai Balcani emanano questi flussi negativi ingiusti perché parziali e profondamente veri perché riscontrabili e globalizzati. Sono perciò questi Balcani e non quelli della brava gente che c´è, ad essersi estesi oltre ogni limite geografico e giurisdizione statale. Poi c´è l´idea balcanica della politica che ormai ha raggiunto le cancellerie di tutto il mondo: le regole servono per essere violate, l´unità è funzionale alla frammentazione, l´instabilità serve agli affari dei potenti. Le guerre più tragiche del mondo moderno si sono alimentate di queste suggestioni e ora, all´inizio del terzo millennio cristiano e occidentale, dai paesi più potenti del mondo parte l´offensiva "balcanica" per la creazione di un vuoto istituzionale globale che permetta di abbattere il sistema di regolazione degli stati a cui è faticosamente giunta la nostra civiltà.
Ancora una volta la degenerazione parte dai Balcani e dal loro cuore, il Kosovo, si riverbera l´onda d´urto destinata a investire tutto il mondo. Non è la prima volta in assoluto che si verifica il paradosso di un sistema internazionale che produce la causa della propria morte. Ma è la prima volta che un sistema di regolazione globale lo fa dopo appena mezzo secolo di vita e in maniera così deliberatamente incosciente. E per i Balcani e l´intero sistema degli Stati è uno smacco grave proprio perché nei Balcani si era cercato di rafforzare il diritto internazionale e brandirlo come una spada contro i trasgressori. Rinunciando a tutti gli strumenti legali disponibili, che avrebbero potuto risolvere la questione dello stesso Kosovo, rinunciando a capire che i processi di rimarginazione sono molto più lunghi e complessi di quelli di lacerazione, non si è trovato di meglio che sottrarre alla sovranità di uno stato membro una parte del suo legittimo territorio. Si vuole imporre dall´alto l´indipendenza di una fazione etnica che ha trasformato il diritto di ribellarsi alle persecuzioni in diritto di perseguitare e massacrare gli altri. Si vogliono ribalcanizzare gli stessi Balcani. Si vuole dirigere il flusso dell´instabilità balcanica nel mondo intero frazionando l´Europa, frantumando le Nazioni Unite e motivando altre ribellioni e separatismi. Ci sono tra quest´ultimi alcuni casi legittimi e umanamente condivisibili, come lo era il Kosovo sotto Milosevic, ma se non esiste un sistema di controllo globale e se quello esistente deve essere scardinato, allora sono gli stessi popoli senza stato a rimanere le vittime di sempre della repressione, del colonialismo e dello sfruttamento criminale. Inoltre, creando entità deboli, non accettate e riconosciute da tutti, dando vita a quasi-stati da tenere indefinitivamente nel limbo e senza garantirne l´affrancazione dalla tutela internazionale, dalle ineguaglianze, dagli odi etnici e dall´arretratezza economica la cosiddetta comunità internazionale liquida in un sol colpo qualsiasi certezza del diritto vigente e spalanca le porte non più e non soltanto all´illegalità, ma all´assenza di qualsiasi riferimento di legalità.
Dove finiscono i Balcani? Da nessuna parte. Ma con l´affermazione dell´idea della balcanizzazione globale finisce un´era di speranza e legalità per tutti.
FABIO MINI