Avvenire 13 febbraio 2008, ANDREA LAVAZZA, 13 febbraio 2008
Chi ci crede è un altruista. Avvenire 13 febbraio 2008. «Nella cabina elettorale, Dio ti vede. Stalin no»
Chi ci crede è un altruista. Avvenire 13 febbraio 2008. «Nella cabina elettorale, Dio ti vede. Stalin no». L’efficacia dello slogan di Giovannino Guareschi contro il Fronte popolare nelle elezioni del 1948 ha un fondamento che la psicologia scientifica sta indagando e portando alla luce. Perché l’idea che un’entità superiore ci osservi, al di là della fede esplicita nell’esistenza di una divinità personale, sembra spingere le persone a comportamenti prosociali (quelli che, senza la ricerca di ricompense esterne o materiali, favoriscono altre persone o obiettivi pubblici). La prova più recente, oggetto di dibattito nel mondo anglosassone anche fra i non addetti ai lavori, è stata pubblicata qualche mese fa dalla Psychological Review, una delle riviste più autorevoli del settore, con il titolo «Dio ti sta guardando». I due esperimenti, condotti da Azim Shariff e Ara Norenzayan dell’Università della British Columbia di Vancouver, sono piuttosto eloquenti nei loro risultati: l’essere esposti a idee legate a Dio fa aumentare l’altruismo, qualunque siano i soggetti considerati: donne e uomini, giovani e anziani, ricchi e poveri, colti e meno istruiti. E, sorpresa, credenti e non credenti secondo quanto dichiarano essi stessi. I test di laboratorio sono molto semplici, ma due aspetti chiave meritano una spiegazione preliminare. Il primo è il concetto psicologico di priming; in italiano, innesco o facilitazione. Se sentiamo qualcuno nominare una malattia o un farmaco e, poco tempo dopo, ci viene chiesto di elencare alcune professioni, probabilmente cominceremo con il medico e l’infermiere, o almeno le indicheremo tra le prime. Il secondo elemento è il «gioco del dittatore», in cui il volontario, cui è regalata una somma di denaro, deve decidere liberamente, senza essere visto, quanto denaro dare al secondo partecipante: da nulla all’intero ammontare. Gli studiosi, sulla base di una tradizione consolidata di ricerca, hanno selezionato un gruppo di universitari, li hanno ripartiti in un gruppo da analizzare e un gruppo di controllo. Al primo è stato fatto svolgere un compito preliminare che consisteva nel riordinare alcune banali frasi, le cui parole erano state rimescolate, contenenti le espressioni «Dio», «spirito», «divino», «sacro». Divisi i partecipanti tra «datori» e «riceventi», si è poi andati a controllare il grado di generosità di coloro che erano stati esposti al priming rispetto a chi non lo era stato. La differenza è netta: questi ultimi, su dieci dollari, ne regalano in media 1,84, con il 52% degli studenti che ne lascia 1 o meno; chi ha invece avuto la «facilitazione religiosa» concede al secondo giocatore 4,22 dollari, con il 64% dei volontari che ne dona 5 o più. Uno scarto statisticamente significativo. Ma un test ancora troppo limitato. L’altro esperimento ha infatti considerato cittadini di Vancouver invitati con annunci sui giornali in modo da avere rappresentate tutte le tipologie di persone. Inoltre, si è introdotto un accurato controllo preliminare e successivo in modo che i partecipanti non capissero lo scopo della prova e venisse escluso dal conteggio chi dichiarava di avere intuito che il compito introduttivo aveva lo scopo di attivare «pensieri religiosi». Si è quindi condotto un priming neutro sul gruppo di controllo e si è introdotto un terzo gruppo con un «innesco» di concetti connessi alle istituzioni della morale laica, con le parole «corte», «polizia», «civismo», «contratto». Gli esiti del «gioco del dittatore» sono ancora rilevanti: chi ha «manipolato» frasi legate alla fede dona 4,56 dollari contro i 2,56 del campione «neutro». I volontari «esposti» alla morale laica si sono mostrati leggermente meno generosi, con 4,44 dollari regalati. In questo caso, si è registrata una correlazione con le dichiarazioni preliminari sulla propria fede, irrilevanti nel primo esperimento. Chi dice di essere credente tende a rispondere maggiormente al priming, ma di per sé non risulta più disposto a dividere la somma, come si evince dal gruppo di controllo. «I concetti che fanno riferimento a Dio, attivati implicitamente, fanno aumentare il comportamento prosociale», concludono gli autori. E il fatto è tanto più significativo perché le persone coinvolte avevano la garanzia dell’anonimato e si rapportavano con estranei. Shariff e Norenzayan ipotizzano alcune spiegazioni, ma non ne hanno una definitiva. Certo, coloro che si ostinano a considerare la religione come nemica dell’umanità e della convivenza civile, e oggi pare vada assai di moda, dovranno fare i conti con i risultati di quella scienza che ritengono di non mettere mai in dubbio. Una lezione per chi sostiene che la religione sia nemica della convivenza civile. Invece l’idea di un’entità superiore spinge a sganciarsi dall’egoismo Andrea Lavazza