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 2008  febbraio 15 Venerdì calendario

COMMERCIO DI VITE

Avvenire 15 febbraio 2008.
Un buco nero i cui contorni cominciano a delinearsi. In apparenza il traffico d’organi è una branca minore nella giungla globale della tratta di esseri umani che per le Nazioni Unite vale quasi 32 miliardi di dollari all’anno. Ma è in crescita fortissima. Come quello a scopo sessuale, inganna i più poveri, persone disperate, indebitate o economicamente prive di supporti, spesso analfabete o mentalmente ritardate, che popolano le baraccopoli di fango e lamiera del mondo. E li convince a risolvere i problemi di sopravvivenza vendendo a un malato una parte di sé. Ma spesso la menomazione mette ai margini e non viene neppure retribuita secondo le promesse.
Per la prima volta si squarcia il velo sul traffico mondiale di organi. Ieri a Vienna, alla conferenza globale sul traffico di esseri umani, una sessione è stata dedicata a un tema su cui finora le informazioni erano frammentate.
Benché proibito dal trattato Onu contro la tratta, il mercato degli organi da espianto non è illegale in molti Paesi. Le cifre ascoltate a Vienna tratteggiano alcune linee di un affare immondo e redditizio, quello del rene, il trapianto clandestino probabilmente più diffuso.
Una clinica che effettua un trapianto illegale può incassare fino a 120mila dollari, sostengono le Ong che combattono questo tipo di tratta, come le americane Cofs e Organs Watch o l’asiatica Ecpat. Considerato che l’Organizzazione mondiale della Sanità stima che il 10% dei 66mila trapianti di rene effettuati nel 2007 fossero illegali, solo questo mercato nero ha un potenziale di quasi un miliardo di dollari. Nessuno è invece oggi in grado di rispondere alle domande inquietanti sull’entità del traffico di minori, causa della sparizione di centinaia di bambini ogni anno nelle Filippine, in Brasile e nelle lande più misere ai confini orientali dell’Unione europea, in Moldavia.
Non c’è un’unica organizzazione mafiosa a gestire il traffico. Oltre ai trafficanti e ai procacciatori di donatori, a volte operatori di associazioni o sindacalisti, la rete criminale è composta da camici bianchi senza scrupoli, manager ospedalieri e traduttori.
In rapidissima crescita grazie al miglioramento delle tecniche di trapianto, la crescente domanda di organi (33% all’anno) si scontra con un’offerta di donatori che aumenta solo del due per cento. Per evitare lunghe liste d’attesa si ricorre alla scorciatoia cinica del bio serbatoio dei Paesi in via di sviluppo per com-missionare un rene o un occhio o, nei casi che prevedono la morte di chi dona, un fegato o un cuore nuovo. Che costano meno: reperire un rene negli Usa costa 40mila dollari, il mercato illegale del sud est asiatico procura l’organo a duemila dollari. Come funziona il meccanismo criminale? I 120mila dollari del prezzo ”chiavi in mano” comprendono il procacciatore, l’ospitalità alberghiera per il paziente, il ricovero e l’operazione, il pagamento dei medici, dei traduttori e del donatore. I vantaggi? Il malato arriva in fretta all’operazione senza spese perché copre le spese con la propria assicurazione. L’organizzazione divide l’incasso in parti diverse. La fetta più grossa va ai trafficanti, ai medici che effettuano espianti e trapianti e alle strutture ospedaliere compiacenti. Al donatore viene promesso il 10%, ma riceve al massimo tremila dollari.
Non è raro, stando alla polizia, che la rete comprenda gli assicuratori. «I Paesi con il maggior numero di donatori di reni – spiega la statunitense Debra Budiani, direttrice di Cofs – sono quelli con il maggior numero di baraccopoli. Il Brasile, le Filippine, l’India, il Pakistan e, in Europa, la Moldova. Gli Stati dove c’è maggiore richiesta sono Israele, Giappone, Sudafrica e Usa. Ma in India e Pakistan cresce lo stigma per i donatori, che restano invalidi con la grande cicatrice sul fianco ed emarginati negli slums».
Nelle Filippine, dove si praticano tremila trapianti illegali all’anno, la decisione del governo di consentire il turismo dei trapianti ha suscitato una campagna accesa. Due settimane fa, davanti a una situazione che sta aggravandosi, la Conferenza episcopale ha ricordato che il corpo umano non è in vendita. Ma a Manila i malati giapponesi e gli arabi degli Emirati continuano a pagare i reni sani a peso d’oro.
«Serve una campagna che porti a misure che scoraggino la domanda – propone Maria Abueva, responsabile di Ecpat – come la sospensione del rimborso delle polizze a chi sceglie le vie illegali e la condanna dei medici compiacenti. Dobbiamo informare i donatori. L’operazione gli asporta il futuro». Gli organi e i tessuti sono la miniera del futuro per i trafficanti. Se non si interviene in tempo il biotech assicura una crescita rampante al mercato parallelo per ricavare staminali e materiale genetico necessari per le cure dei più ricchi.
Le organizzazioni dividono i proventi dei trapianti con medici, cliniche di lusso e traduttori
Paolo Lambruschi