Il Sole 24 ore 15 febbraio 2008, Elena Ragusin, 15 febbraio 2008
Pristina prepara la festa. Il Sole 24 ore 15 febbraio 2008. Lungo la strada che collega l’aeroporto a Pristina nel tardo pomeriggio hanno cominciato improvvasamente ad apparire decine di cartelloni "fai da te" con scritte cubitali nere in campo rosso: «Gezuar Pavarsia», benvenuta indipendenza
Pristina prepara la festa. Il Sole 24 ore 15 febbraio 2008. Lungo la strada che collega l’aeroporto a Pristina nel tardo pomeriggio hanno cominciato improvvasamente ad apparire decine di cartelloni "fai da te" con scritte cubitali nere in campo rosso: «Gezuar Pavarsia», benvenuta indipendenza. Secondo la stampa di Tirana, che ieri titolava in prima pagina «Indipendenza domani», la dichiarazione dovrebbe essere approvata dal Parlamento già oggi, con due giorni di anticipo rispetto alla scadenza sino a ora indicata per domenica. «A Pristina tutti dicono che sarà il 15 febbario la data della nascita del nostro Stato. Abbiamo atteso questo giorno per 500 anni e finalmente è arrivato», dice Muharem Goleshi mentre, inerpicato in cima a una scala, fissa lo striscione sopra la porta del suo ristorante. Le voci si rincorrono ma non c’è alcuna conferma ufficiale del fatto che il giorno X tanto atteso dagli albanesi kosovari possa essere oggi. «Non abbiamo avuto alcun segnale in questo senso e credo che il Parlamento sarà convocato nuovamente, questa volta in sessione straordinaria, per la proclamazione dell’indipendenza domenica», afferma un diplomatico europeo il quale prevede che oggi vengano approvate solo le leggi necessarie per la proclamazione dell’indipendenza sulla base delle raccomandazioni contenute nel "Pacchetto Ahtisaari". In questa delicatissima partita, giunta ormai alla fase finale, sia Pristina sia Belgrado cercano di tenere ben coperte le loro carte. Il premier kosovaro Ashim Thaci ieri ha dichiarato che «tutto è pronto, la data ormai è decisa e il popolo la conosce», senza tuttavia chiarire di quale giorno si tratti. Bocche cucite anche in Serbia sul "piano di azione" previsto per il dopo indipendenza. Ieri il Governo si è riunito per definire gli ultimi dettagli ma non è uscita alcuna indiscrezione in merito alle decisioni, sulle quali l’esecutivo ha posto il segreto di Stato. Da settimane comunque si parla di embargo delle merci e dell’energia elettrica destinate al Kosovo, del blocco delle frontiere per i cittadini albanesi kosovari e di misure diplomatiche nei confronti degli Stati che riconosceranno il Kosovo indipendente. Vale a dire il ritiro degli ambasciatori serbi e la dichiarazione di «persona non grata» nei confronti dei capi legazione delle ambasciate dei Paesi non più considerati amici. Il Governo serbo ha invece annunciato di aver annullato preventivamente la possibile, così ancora la definiscono, dichiarazione di indipendenza e tutti i suoi effetti. «Il Kosovo sarebbe uno Stato fantoccio e illegale e noi non collaboreremo mai con la missione che la Ue intende inviarvi», ha tuonato il premier Vojslav Kostunica, usando il condizionale. «Stiamo difendendo - ha aggiunto - l’integrità territoriale della Serbia, che non può essere messa in discussione da nessuno». Non scopre le sue carte nemmeno la Russia, ma ieri nella sua ultima conferenza stampa da presidente Vladimir Putin ha dichiarato: «Abbiamo già un piano» per far fronte «a un atto immorale e illegale». Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov mercoledì aveva comunque escluso che Mosca possa adottare ritorsioni energetiche. Quando in Europa era già notte si è riunito d’urgenza, su richiesta della Serbia e della Russia, il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Secondo gli osservatori un appuntamento senza possibilità di sbocchi di alcun tipo. Unica certezza del calendario dei prossimi giorni è la riunione lunedì a Bruxelles dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, che dovrebbero approvare una dichiarazione sulla proclamazione dell’indipendenza del Kosovo che si prevede sarà approvata a larga maggioranza. Poi starà ai singoli Governi riconoscere ufficialmente il Kosovo. I primi, dopo gli Stati Uniti, dovrebbero essere quelli di Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna. Sale intanto la tensione nelle aree del Kosovo abitate dalla minoranza serba. Da Belgrado si moltiplicano gli appelli ai serbi a restare e a mettere in atto una sorta di controsecessione. Dall’altra parte del confine, che a oggi è ancora solo "amministrativo", l’esercito serbo sta rafforzando i pattugliamenti. « una misura difensiva nel timore che dopo l’eventuale dichiarazione di indipendenza elementi criminali kosovari albanesi cerchino di fomentare scontri nel nostro territorio», ha dichiarato il ministro della Difesa serbo Dragan Sustanovac, riferendosi alle zone abitate nella Valle di Presevo da minoranze di etnia albanese. Segnali di crescente nervosismo anche in Bosnia’Erzegovina. Ieri l’Alto rappresentante europeo Miroslav Lajcak ha messo in guardia i dirigenti politici della Srpska Republika dall’assecondare le crescenti spinte secessioniste che rischiano di sfociare nella violenza dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Pristina intanto pensa solo a preparare i festeggiamenti. Una festa che dovrebbe continuare tutta la prossima settimana, quando resteranno chiusi uffici pubblici, scuole e negozi. Ieri i kosovari si sono limitati a festeggiare San Valentino. Per l’indipendenza è questione, al massimo, di due giorni. Elena Ragusin