Affari e finanza 18 febbraio 2008, LEONARDO COEN, 18 febbraio 2008
Russia, dopo gli oligarchi la carica dei nuovi borghesi. Affari e finanza 18 febbraio 2008. Qualche giorno fa, il 13 febbraio scorso, l’avvocato Maksim Viktorov di Mosca si è aggiudicato ad un’asta di Sotheby’s un violino di Guarneri del Gesù del 1741, pagandolo una cifra stratosferica, vicina ai 10 milioni di dollari
Russia, dopo gli oligarchi la carica dei nuovi borghesi. Affari e finanza 18 febbraio 2008. Qualche giorno fa, il 13 febbraio scorso, l’avvocato Maksim Viktorov di Mosca si è aggiudicato ad un’asta di Sotheby’s un violino di Guarneri del Gesù del 1741, pagandolo una cifra stratosferica, vicina ai 10 milioni di dollari. Non è la prima volta che Viktorov fa degli acquisti clamorosi. Tre anni fa, sempre alla Sotheby’s di Londra, aveva acquistato per 1.005.360 dollari un altro violino, costruito da Carlo Bergonzi nel 1720. E’ un collezionista che ha una passione irrefrenabile per i violini, amore che è nato durante gli anni dell’adolescenza, quando frequentava una scuola di musica. I violini che acquista ne ha una quaindicina poi li presta alle grandi orchestre e ai più famosi solisti del mondo. Memorabile il concerto del primo settembre 2007 sulla Piazza Rossa. Finanzia anche molti concorsi per violinisti, segue le trasferte del Bolshoi, come quella alla Scala di Milano del 6 gennaio, lo si vede a Wimbledon assieme al principe Michele di Kent, la sua attività filantropica ha ben poco a che fare con le comparsate di un Abramovic o di un Prokhorov. Infatti, Viktorov non è il solito oligarca, uno di quei sulfurei personaggi di opaca provenienza che per anni hanno dominato le cronache mondane e finanziarie per i loro iperbolici affari e per avere accumulato ricchezze inaudite in modo spesso misterioso, per non dire peggio. E’ un professionista nato a Mosca nel 1972, è presidente della fondazione Tutori dell’Arte Violinista, è stato socio ed amministratore di numerosi studi legali ed attualmente è capo della Fondazione dei Programmi d’Investimento, una struttura la cui attività prioritaria così si legge nella home page www.v.fund.ru è quella di assistere "lo sviluppo industriale innovativo della società per mezzo di investimenti e finanziamenti destinati alle opere di portata economica industriale e scientifica". Molte belle parole, ma come sempre a Mosca, dai contorni sfumati. Resta il fatto che l’avvocato Viktorov, e la sua famiglia, appartengono al nuovo beau monde moscovita, la nuova grande borghesia della capitale russa. Come Viktorov piano piano si stanno facendo strada nell’high society di Mosca tutta una serie di personaggi che a modo loro, sono diventati dei punti di riferimento professionali e imprenditoriali, figure assai più simili a quelle dei loro colleghi europei. Gente che ha avviato attività ignote in Russia, ma estremamente particolari. Come Nikolaj Grishko, titolare della omonima srl che produce scarpette da ballo. Una nicchia del mercato delle calzature, ma assai redditizia. Un settore in cui conta la qualità e dove la domanda supera l’offerta. Tutto iniziò con la perestrojka, nel 1989. La cooperativa "Taniets" (la Danza), Nikolaj Grishko produceva mille scarpe da balletto al mese. Oggi ne produce mille al giorno. Laureato presso l’università dei Rapporti Internazionali di Mosca (Mgimo) confessa che non ha mai avuto una vera passione per il balletto, bensì per una ballerina che è poi diventata sua moglie: "Fu lei a dirmi che i ballerini, per arrotondare lo stipendio, portavano nelle loro trasferte all’estero non solo vodka e caviale ma anche le scarpette che da noi costavano 4 rubli mentre altrove erano molto più care. Una volta vidi un greco che se ne stava partendo per Atene con un sacco di valigie piene zeppe di queste scarpette. Gli chiesi il perché e lui mi spiegò che in Grecia non se ne producevano e che quelle straniere costavano almeno 60 dollari al paio". Con un investimento iniziale di 15mila dollari ha creato un piccolo impero: quattro fabbriche il cui fatturato cresce del 30% l’anno (nel 2007 è stato pari a 210 milioni di rubli). Solo negli Stati Uniti vende 50mila paia di scarpette all’anno. Ha sei negozi all’estero e tre in Russia (Mosca, Pietroburgo e Novosibirsk). Ora la sua attività abbraccia anche l’abbigliamento per teatro e circhi, vestiti e costumi per prove, sport e ginnastica artistica. Quella di Grishko è una storia esemplare di self made man: potrebbe essere ambientata in Brianza o nel Triveneto. Non è uno che ha rubato treni di gasolio o svuotato illegalmente depositi di materie prime come certi oligarchi padroni di famose squadre di calcio. Quelli come lui conquistano spazio non solo nel mercato ma anche nella società russa. E sono sempre più ammirati. Imitati. Prendiamo per esempio Daniil Volkov e Natalia Klimesheva, creatori e proprietari del sito web Sockson.ru, forniture di calzini a domicilio. Un anno fa, l’economista Volkov, ebbe la ventura di leggere un articolo sul progetto svizzero "Blacksocks.com", ossia la vendita via Internet di calzini maschili, con la formula dell’abbonamento mensile o bisettimanale. Perché non farlo anche in Russia, dove ormai ci sono più di 30 milioni di internauti? Ne parla col fratello Sergej e con l’amica Natalia. Insieme, tirano fuori 7mila dollari e creano il sito, comprano i primi stock di calzini, fanno la stampa delle etichette e delle buste. Ai primi di novembre del 2007, partono alla grande. E subito fatturano 200mila rubli al mese (5.700 euro). Quel che conta, non è il volume del fatturato, ma l’idea e l’avere individuato nel web uno spazio commerciale inesplorato. Una mentalità imprenditoriale che soltanto ora i russi cominciano ad adottare. In una situazione pur sempre difficile e complessa. Perché comunque in Russia o si è grandi borghesi. O poveri in canna. Non esiste ancora una classe media ben sedimentata: ma si sta configurando. Gli impiegati del settore finanziario di Mosca, per esempio, hanno retribuzioni medie mensili di 57mila rubli (2.000 euro, un reddito rispettabile in Russia). Il settore privato medico è in fibrillazione. Uno dei più noti boss del settore è Andrei Kondrakhin, proprietario di una catena di cliniche odontoiatriche, marito della più famosa Tina Kandelaki, bella presentatrice tv che un anno fa fu coinvolta in un carambolesco incidente sulla Promenade des Anglais di Nizza: la Ferrari sulla quale viaggiava ebbe una sbandata improvvisa e andò a sbattere contro un lampione. Solo che alla guida non c’era il marito, ma l’amante, un noto oligarca daghestano. I nuovi consumi favoriscono nuove imprenditorie. Il ramo dei generi alimentari è in costante ascesa: la gente ha più soldi da spendere e vuole mangiare meglio. Diventano famosi i ristoratori come Andrei Dellos, proprietario del celebre Café Pushkin di Mosca, di Turandot, Le Duc e di altri locali "in". Oppure Sergej Plastinin, presidente del Wimm Bill Dann Group società che produce in particolare succhi e latticini padre della quindicenne Kira Plastinina lanciata nel firmamento della moda come la più giovane stilista del mondo. Il giorno del suo compleanno, papà Sergej ha invitato Paris Hilton (sborsando 2 milioni di dollari). Una costosa promozione che però ha funzionato. Il marketing in Russia è agli albori, bisogna sempre stupire. In realtà, la Russia sotto il profilo dell’economia di mercato, è uno sterminato laboratorio dove tutto è in continua evoluzione. A ritmi difficili da catalogare. Le dinamiche di sviluppo non si distinguono molto da quelle in atto nei grandi paesi occidentali, con l’unica sostanziale differenza che in Russia questo processo sociale si è formato anarchicamente, senza una vera cultura economica di mercato. Nella stanza dei bottoni ci stavano e continuano a starci gli ex tecnocrati del partito comunista riciclati nel capitalismo: non credevano più alla politica ma hanno saputo fin da subito dove si trovava il nuovo potere. La transizione tra l’economia collassata dell’Urss e quella di mercato è stata da essi gestita in modo deleterio. Col risultato che il gap tra ricchi e poveri è aumentato ineluttabilmente. Come dimostra uno studio della Rosstat l’agenzia federale per le statistiche reso noto la scorsa settimana: il 31% di tutti i redditi della popolazione sono in mano al 10% dei russi. Mentre al 10% dei più poveri spetta soltanto l’1,9% dei redditi. La differenza fra il guadagno medio del 10% dei più poveri. LEONARDO COEN