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 2008  febbraio 18 Lunedì calendario

Le banche e la paura "illiquida". Affari e finanza 18 febbraio 2008. Il credito sull’orlo del precipizio, scrive Business Week

Le banche e la paura "illiquida". Affari e finanza 18 febbraio 2008. Il credito sull’orlo del precipizio, scrive Business Week. Le banche americane hanno il fiato cortissimo: dopo i disastri su mutui, auto e carte di credito, adesso sono in affanno persino le agenzie che erogano prestiti agli studenti universitari, come sta accadendo nel Michigan. Ma il credit crunch comincia a togliere ossigeno anche all’Europa: le banche spagnole e olandesi danno segni di malessere, colossi come Santander e Rabobank mettono a punto le strategie di guerra. Era il 10 dicembre, due mesi fa, quando avevamo dedicato l’apertura di Affari&Finanza al tema «Banche, lo spettro della liquidità». Purtroppo siamo stati buoni profeti. C’è sempre meno denaro in circolazione, come dimostrano le continue tensioni sui tassi interbancari. Le perdite nascoste che le grandi «griffe» sono costrette a portare allo scoperto (100 miliardi di dollari solo per quelle quotate a Wall Street) inoculano il virus dell’inaffidabilità tra una banca e l’altra e tra le banche e le imprese. Scandali come SocGén e tracolli come Ubs fanno il resto. L’Italia sembra più al riparo, ma se il governatore Draghi sente comunque il bisogno di convocare i primi dieci banchieri del Paese e di sollecitarli a prendere adeguate contromisure, qualcosa vorrà pur dire. Parafrasando Bauman, il circuito globale soffre di una «paura illiquida». Nella storia abbiamo conosciuto diverse crisi cicliche. Crisi locali, poi estese a macchia d’olio sui mercati: Messico, Russia, Tailandia. Crisi aziendali (tipo Ltcm) e crisi settoriali (tipo saving loans) poi degenerate su scale globali. Ma una pandemia di sfiducia così anomala non l’avevamo mai conosciuta. Non solo la Fed, ma ormai anche la Bce sembra averne preso atto. Di emissioni di bond (come raccontiamo in questo numero) se ne fanno col contagocce. Di aumenti di capitale non se ne fanno quasi più. Passerà anche questa. E forse servirà anche a ripulire il mercato finanziario. A consentirgli di smaltire le tante, troppe «ecoballe» che ha accumulato in tutti questi anni. E magari, chissà, anche a rafforzare i controlli e a prevenire i rischi. Ma intanto la «globalizzazione negativa» di Bauman comincia a presentarci qualche conto. Da troppo tempo «viviamo a credito come scrive il grande sociologo polacco e nessuna generazione passata si è indebitata, individualmente e collettivamente, in modo tanto pesante». Così cresce la paura, liquida nella società, «illiquida» nell’economia. Ma vale ancora la lezione di Roosevelt: l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa. MASSIMO GIANNINI