Il Messaggero 15 febbraio 2008, ANDREA DI CONSOLI, 15 febbraio 2008
Scrivere in rosa. Il Messaggero 15 febbraio 2008. MA C’ davvero una diffusa miopia, una discriminazione "sessuale" nei confronti delle scrittrici? Risponde affermativamente Giuseppe Genna (autore, per Mondadori, del titanico Hitler), curatore del ”Best of 2008” di Minimum Fax, Tu sei lei, quest’anno interamente dedicato a otto scrittrici emergenti (Donata Feroldi, Esther G
Scrivere in rosa. Il Messaggero 15 febbraio 2008. MA C’ davvero una diffusa miopia, una discriminazione "sessuale" nei confronti delle scrittrici? Risponde affermativamente Giuseppe Genna (autore, per Mondadori, del titanico Hitler), curatore del ”Best of 2008” di Minimum Fax, Tu sei lei, quest’anno interamente dedicato a otto scrittrici emergenti (Donata Feroldi, Esther G., Helena Janeczek, Babsi Jones, Federica Manzon, Alina Marazzi, Veronica Raimo, Carola Susani). Genna parla, addirittura, di capolavori ”femminili” occultati. Ma forse la sua cifra intellettuale è ancora una volta l’esagerazione. No, non ci sono capolavori ”femminili” occultati. Nessun dominio maschile in vista. Il gruppo delle scrittrici italiane viventi è nutrito, e molto ben accolto. Qualche nome? Eccoli: Rossana Campo, Silvana Grasso, Silvia Ballestra, Laura Pariani, Elena Ferrante, Elisabetta Rasy, Dacia Maraini, Toni Maraini, Milena Agus, Valeria Parrella, Romana Petri, Antonella Cilento, Marisa Bulgheroni, Isabella Bossi Federigotti, Camilla Baresani, Isabella Santacroce, Elena Stancanelli, Francesca Duranti, ecc. Non parliamo poi della poesia, dove da Antonella Anedda ad Alida Airaghi, da Alda Merini a Vivian Lamarque, da Patrizia Cavalli a Patrizia Valduga, sono molte le presenze femminili di rilievo. Ci sono poi certamente dei capolavori: penso a L’amore molesto della Ferrante e a Nina di Silvia Ballestra, che rappresenta, nel percorso della scrittrice marchigiana, un vertice assoluto (dopo i gerghi giovanilisti, e dopo la pacificazione della sua neoavanguardia un po’ sonnacchiosa). Anche Valeria Parrella, eccellente autrice di racconti (Mosca più balena e Per grazia ricevuta, entrambi per Minimum Fax), ha superato brillantemente la prova romanzesca con Lo spazio bianco, appena uscito da Einaudi. Poi ci sono tutta una miriade di prove interessanti, che l’editoria ha pubblicato con una certa attenzione. Penso a Elisabetta Liguori, a Babsi Jones, a Veronica Raimo, a Giulia Carcasi, a Chiara Valerio, a Maria Pia Ammirati, a Lucrezia Lerro, a Benedetta Cibrario, a Cinzia Zungolo, a Letizia Muratori, ad Antonella del Giudice (della quale è in uscita, per Alet, L’acquario dei cattivi). L’elenco sarebbe lungo, ovviamente, né è agevole soffermarsi su tutte le giovani scrittrici che hanno esordito e stanno emergendo sui blog, sulle riviste e sulle antologie tematiche. Infine c’è tutta una zona grigia di scrittrici molto amate dal pubblico, ma che non hanno mai superato il ”fuoco di sbarramento” della critica: penso a Mariolina Venezia, a Pia Pera, a Paola Mastrocola, a Cinzia Tani, a Susanna Tamaro, a Margherita Oggero, a Brunella Schisa. Il ”catalogo”, lo so, è troppo parziale; ma forse basta per farsi un’idea. Però no, le scrittrici non sono in lotta con gli scrittori, e viceversa; anzi, affermarlo è solo un riflesso pavloviano. Non c’è nessuna discriminazione in vista. Gli spazi sono aperti. Anzi, ce ne fossero, di capolavori ”femminili”. Ce ne fossero di scritture non stereotipate - come nello stesso Tu sei lei abbondano tristemente; scritture non ”profondiste” (la profondità esibita in assenza di profondità); scritture sincere, non schiacciate dalla retorica del linguaggio ”feroce” e ”viscerale”. Ecco, se proprio dovessi suggerire quattro percorsi entusiasmanti di lettura ”femminile” di questi ultimi mesi, direi: La spiaggia di notte (e/o) di Elena Ferrante, favola per adulti sulla perdita delle parole e sulla maternità angosciosa; un racconto-diario perfetto e struggente di Alina Marazzi, contenuto in Tu sei lei, sulla discesa agli inferi della depressione post partum; Lo spazio bianco di Valeria Parrella, fiero e malinconico romanzo sull’attesa, sulla sospensione tra vita e morte (si parla di parto prematuro), sulla vita offesa che dolcemente s’impiglia, e si riscatta, nelle parole della letteratura; e L’estranea (Rizzoli) di Elisabetta Rasy, cronistoria ”luminosa” della morte della madre. In queste scritture non c’è esibizionismo, non c’è l’ansia di piacere, di dimostrare qualcosa a qualcuno (non c’è la retorica dell’abisso). In queste pagine c’è un evidente stile, un linguaggio, una visione del mondo, un fianco scoperto, finanche la dolcezza: la dolcezza di chi ha perso qualcosa, di chi ha paura, di chi è aperto come un ventaglio; c’è, insomma, la letteratura, cioè la vita colta nel momento esatto del suo cedimento. ANDREA DI CONSOLI