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 2008  febbraio 18 Lunedì calendario

Soli frastornati e in pericolo. Il Messaggero 18 febbraio 2008. Appartati nelle loro camerette, vi sembreranno assenti, frastornati, inafferrabili, rapiti da un misterioso effetto ipnotico, che sembra dissociarli dal contesto

Soli frastornati e in pericolo. Il Messaggero 18 febbraio 2008. Appartati nelle loro camerette, vi sembreranno assenti, frastornati, inafferrabili, rapiti da un misterioso effetto ipnotico, che sembra dissociarli dal contesto. Sappiatelo: non sono davvero lì con voi. Sono connessi. Perennemente, ossessivamente, compulsivamente. Comiciano a sette anni, seconda elementare. Dai dodici in poi, sono praticamente intrappolati. Non sottovalutate la loro condizione. Stando ai numeri più recenti, sono emigrati quasi in massa. Ora galleggiano nel mondo virtuale, sempre più lontani dal confine con quello reale, e più confusi riguardo alle rispettive delimitazioni. Autoreclusi in un perimetro immenso e impalpabile, pieno di trappole invisibili, e di infinite seduzioni. Segregati in una specie di eremitaggio collettivo, un paradosso. Freneticamente presi a chattare, messaggiarsi, scaricare, sull’onda di una specie di automatismo robotico, un riflesso condizionato incontrollabile, talvolta con devastanti effetti secondari, trasgressione, rabbia, aggressività. Traslocati, con rare eccezioni, in un mondo di contatti immateriali, privi di vocali, di ortografia, di freni inibitori, di significativi contenuti. Presi a fruire di immagini e musica in una specie di bolla solitaria, una strana forma di autismo che raramente riuscirete a infrangere. Le ultime ricerche ce li descrivono così. Per definirli, rinunciate a usare la nostra bella lingua, è inadeguata. Screen-agers, li definisce il sociologo americano Rushkoff: videodipendenti, incapaci di scollare gli occhi dagli schermi del pc, del cellulare, della Play, dalla tivvù, come se il mondo cominciasse e terminasse lì. E-generation: questa è la definizione sociologica corrente. Multitasking: capaci di azionare due o tre dispositivi contemporaneamente. Tecnologicamente sapienti come piccoli hacker. Invidiateli un po’, perché non riuscirete mai a diventare come loro. Ma soprattutto controllateli, se siete genitori. Sono indifesi. Bisognosi di essere protetti dalle manipolazioni oblique della personalità, da un’ennesima dipendenza insidiosissima che gli esperti paragonano a quella dall’alcol o dalla droga, dai sapienti agguati planetari del mercato, dalle aggressioni virtuali gratuite, dai cattivi incontri. Perciò drizzate le antenne, mentre li vedete impegnati a gestire nello stesso tempo più sensi e più funzioni, lo sguardo concentrato su un pc, l’udito negato alla vita sociale da un i-pod, i polpastrelli che viaggiano rapidissimi sulla tastiera di un cellulare, la tivvù accesa su Mtv. Informatevi, se li scoprite persi in un labirinto di sigle sincopate che non conoscete, e che vi conviene al più presto decifrare, msn, mud, p2p, pop, url, cam, wap, gprs, sillabe che vi faranno cadere ogni illusione di esservi eruditi metabolizzando quel paio di smilze formulette, chat o blog, con le quali pensavate di esservi aggiornati. C’è ben altro. C’è, secondo il rapporto Eurispes-Telefono Azzurro sull’infanzia, che quasi un terzo dei bambini tra i sette e gli undici anni, e la stragrande maggioranza dei ragazzi tra i dodici e i diciotto, (78 per cento), navigano abitualmente in Rete. Due ore in media, alcuni fino a quattro. C’è che, secondo una ricerca dell’organizzazione Save the chilidren, il 73 per cento di questi ragazzini ha frequentato almeno una volta i social networks, comunità virtuali dove puoi conoscere, chiacchierare, scambiare meteriali con degli sconosciuti, e, se vuoi, aprire un blog nel quale riversare, a beneficio della piazza, tutti i pensieri segreti e i racconti di vita quotidiana. Messenger è di gran lunga il luogo privilegiato della vita parallela: 96 per cento. Seguono You Tube, (53,2), My Space, (30,6), Yahoo, (25,1), Studenti.it, (24,9), Giovani.it, (11,2), Blogger, (7,5), Facebook,(5,4). Su questi network, il 66,7 per cento dei ragazzi, secondo Save the children, ha aperto un profilo. Nickname, sesso, età, preferenze, gusti, passioni, scrivimi se ti va. Molti hanno lasciato anche le impronte digitali: il vero nome, (il 74 per cento), la propria foto, (61), l’indirizzo email, (57). Molti si sono imbattuti in materiale pornografico, hanno ricevuto richieste di foto erotiche, proposte di sesso online. Quasi tre su dieci di quelli registrati hanno avuto incontri al buio con qualcuno che avevano conosciuto in Rete. Più di due di quelli con profilo hanno avuto contatti con persone adulte. «A volte gli stessi ragazzi li ricercano- dice Valerio Neri, presidente di Save the children Italia- per la gratificazione psicologica che ne consegue». Una manna per i pedofili del terzo millennio. Un territorio di caccia per i cyberbulli, (4 bambini su 100 tra i 7 e gli 11 anni hanno ricevuto insulti e minacce sulla Rete). «E gli strumenti di tutela -dice Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro- non sono assolutamente sufficienti. Si lavora in modo frammentato, mancano azioni congiunte ed integrate da parte di tutti i soggetti coinvolti». Quasi nessun cordone sanitario. E intanto la tecno-gioventù, con perfetta incoscienza, sfida deliberatamente il rischio. Ama da matti, ad esempio, cambiare identità, praticando con passione, in Rete, il gender swapping e l’age swapping, ovvero il cambio di genere e di età. Ma il vero gioco, per la e-generation, è un altro: il videogioco. Un totem. Una miniera d’oro per il mercato. Ci si dedicano abitualmente, sul web oppure con le consolle, sessantamila ragazzi tra i quattro e i diciassette anni. Una mania. Eppure quasi nulla, rispetto alla dipendenza da un’altro strumento tecnologico, quello per eccellenza, inseparabile ormai come una protesi: il cellulare. Lo possiede, secondo Telefono Azzurro-Eurispes, la stragrande maggioranza (84,4 per cento) dei bambini tra gli 8 ed i 14 anni, e la quasi totalità (97,1 per cento) degli adolescenti. Uno su dieci ne ha più d’uno. Usato nevroticamente, non solo per telefonare, mandare e ricevere continuamente sms, (94,4 per cento, e c’è chi arriva a inviarne 30 al giorno), o squilli (86,2). Promosso a feticcio e status symbol. Utilizzato per ascoltare musica e guardare film, per navigare su Internet, per fotografare, (85,9,), per filmare, (73,4), e poi magari scaricare in Rete. Sfruttato dal mercato come fonte di un giro d’affari da un miliardo di euro, diretto prevalentemente ai ragazzini, per quello che chiamano l’add on, (custodie, ciondoli, sticks), e per i cosiddetti vas, servizi di valore aggiunto, ovvero suonerie e giochi. Basta mandare un sms, e subito si resta intrappolati. Così, nel nuovo Paese delle Meraviglie, i tecno-ragazzi si aggirano sprovveduti e sbalorditi. Incrociano orchi, mercanti, cyberbulli. E non sempre si svegliano scoprendo che è stato soltanto un brutto sogno. MARIDA LOMBARDO PIJOLA