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 2008  febbraio 18 Lunedì calendario

Luisito. La Repubblica 18 febbraio 2008. Una Susanna Tamaro furibonda non si era mai vista né sentita

Luisito. La Repubblica 18 febbraio 2008. Una Susanna Tamaro furibonda non si era mai vista né sentita. Al telefono fa una risata sarcastica, gelata: «Ne ho le scatole piene di tutti questi anni di linciaggio, di demonizzazione». Cosa è successo? Le hanno chiesto per l´ennesima volta se lei appartiene all´Opus Dei: «E le altre domande, sempre le stesse, non sono meno sceme: e se son lesbica, e se sono fascista, e senza neanche leggere i miei libri, li bollano di buonismo, mentre in realtà io sono cattivista. Capisco la critica, non il pregiudizio, l´oltraggio: ognuno ragiona secondo il marciume che ha dentro». Meno male che si può evitare di chiederle quale è la sua posizione rispetto alla moratoria sull´aborto: si sa che Giuliano Ferrara la voleva tra i suoi dinamici paladini pro-life: no grazie, ha risposto con una lettera al Foglio, citando tuttavia il suo penultimo romanzo Ascolta la mia voce, «un grido disperato contro l´eugenetica e tutte le manipolazioni». Pensava che all´uscita del libro si sarebbe aperto un dibattito, «invece il silenzio è stato assordante». Pur essendo assolutamente contraria per motivi di fede alla pratica dell´aborto, la scrittrice precisa sempre di ritenere «che una società civile debba garantire alle donne la possibilità di farlo nel migliore dei modi. Passare dagli infusi di prezzemolo o dai tavoli delle mammane a un ospedale è un irrinunciabile segno di civiltà». Adesso è in libreria edito come sempre da Rizzoli, l´atteso Luisito, (pagg.154, euro 12), la sua sedicesima opera, compresi quattro libri per bambini, già venduto in 10 paesi, dagli Stati Uniti alla Corea. « una storia che mi ha colto di sorpresa; era un luglio caldo, ero in vacanza con i miei quattro nipotini, e mi è venuta in mente, intera, in una notte. L´ho scritta di getto, in meno di un mese». Il sottotitolo è Una storia d´amore: tra la protagonista, l´anziana vedova Anselma, maestra in pensione, e Luisito, il pappagallo trovato moribondo in un cassonetto? Oppure tra Anselma e la vibrante Luisita, amica del cuore dall´infanzia alla giovinezza, morta ancora giovane, con cui ha scoperto la poesia, la musica e forse Dio? Di sicuro non tra Anselma e l´unico uomo della sua vita, il marito Giancarlo, noioso, bugiardo, villano e traditore. Non tra lei e i due figli adulti: «Era anche questo a gelare il suo cuore, il pensiero di aver generato dei figli, e di essere pentita di averlo fatto». Non tra lei e i nipotini, «distratti, ingordi, incapaci di qualsiasi passione che non fosse per quelle scatolette luminose che tenevano perennemente in mano». Susanna Tamaro, che si immagina come l´eterna adolescente, ha compiuto cinquant´anni, è una signora abbronzata (recente viaggio in Madagascar), i capelli come sempre cortissimi, gli occhi azzurri e luminosi dietro gli occhiali: ha una figura elegante da ragazzo, indossa pantaloni, camicia sotto il golf azzurro, stivaletti di camoscio. Ha venduto nel mondo più di 14 milioni di libri, una cifra inimmaginabile per un autore italiano (tranne la Fallaci): è amatissima dai lettori che apprezzano la sua scrittura volutamente semplice e le sue storie dolorose sostenute dal suo il rifiuto della modernità, è snobbata da molti critici per le stesse ragioni. Eppure di Susanna Tamaro, all´uscita del suo secondo libro nel 1991, Per voce sola, si erano subito innamorati intellettuali come Cesare Garboli, Giovanni Giudici, Natalia Ginzburg, Claudio Magris si chiedeva come mai nessun editore avesse pubblicato il suo primo romanzo Illmitz (tuttora inedito), in cui già era espresso «un disagio esistenziale serio e profondo», come ha scritto Cesare De Michelis, che l´ha scoperta pubblicando i suoi primi due libri. Si sa di Federico Fellini, dopo aver letto i cinque racconti strazianti di Per voce sola, volle conoscerla e ne rimase incantato, dicendo «Ho visto arrivare Pel di Carota in motorino, un Lucignolo sorridente, una Gelsomina liberata, una creaturina affascinante, innocente, che mi ha dato la gioia di commuovermi senza vergognarmi». Tamaro non fu lusingata dall´affetto di Fellini: «Mi pareva prigioniero del suo personaggio, mi faceva pena, voleva a tutti i costi venirmi a prendere a casa con la macchina, pensando forse che mi sarei sentita importante, io non ero nessuno, lui il grande regista. Faticavo per convincerlo a incontrarci direttamente al ristorante». In quel periodo, a Roma, aveva incontrato Alberto Moravia, prima che nella vita dello scrittore entrasse Carmen Llera: «Agli inizi non mi era simpatico, poi una sera a cena con amici, a qualcuno che a tavola gli chiedeva di dare una interpretazione freudiana a un suo sogno, rispose, "Avrà mangiato troppo". Capii che mi poteva piacere e diventammo molto amici, scoprimmo di venire dagli stessi luoghi, da San Daniele del Friuli, di essere tutti e due del Sagittario, di amare gli animali. Mi piaceva quando diceva: "Je m´ennui", c´era tra noi un rapporto pazzesco. Della mia scrittura diceva che "era molto tedesca", io lo apprezzavo di più come persona che come scrittore». A partire da Va´ dove ti porta il cuore, è diventata una celebrità, una donna senza problemi finanziari che ha scelto di vivere in una bella fattoria sulle colline di Orvieto: dal suo sito i fan apprendono che è un´ottima cuoca, che ha un frutteto, che ama i cani, lo sci di fondo, camminare, andare in bicicletta, praticare karatè, kobudo e joga. Vive con un´amica, Roberta, e una famiglia peruviana, ospita spesso parenti e amici, va al cinema (ha molto amato Paranoid Park e Irina Palm). C´è autobiografia, come negli altri romanzi, in Luisito? «Un pappagallo nella spazzatura l´ho trovato davvero e l´ho portato a casa: era una femmina, come nel romanzo, e adesso la famiglia si è allargata. I miei a differenza di Luisito-Luisita, non parlano, non lo sopporterei: amo il silenzio, anche il cigolio di una porta può darmi fastidio». Nel romanzo, il solo uomo è orribile, anche se «agli occhi di tutti, Giancarlo era un buon marito». Ma era stato lui a trasformare la moglie, «anno dopo anno in una mummia», che «non si era accorta del castello di bugie che lui le aveva edificato intorno». «Di Giancarli io ne ho frequentati tanti: se ne avessi conosciuto uno meglio, oggi l´avrei accanto. Ma va bene così, io ho una natura indipendente, solitaria. Ricordo che la sorella di mia nonna, dopo aver festeggiato il suo ottantesimo compleanno al Grand Hotel di Trieste, mostrò le valigie: aveva deciso finalmente di andarsene da sola, per essere libera». Figli poi non li ha mai desiderati. «Ricordo quando da ragazzine le mie amiche sognavano la maternità, si fermavano davanti ai negozi per neonati, e io restavo freddissima, non me ne importava niente». Nei suoi romanzi, anche in questo, non ci sono mai scene d´amore, di sesso, tra uomo e donna: « molto difficile raccontare il sesso, a meno che non ci si accontenti di bassa macelleria. Il massimo dell´eros l´ho trovato in Storia di Genji, il principe splendente». Capolavoro della letteratura giapponese, scritto da una donna, Murasaki Shikibu, non si può definire di massima attualità erotica, vedi Caos calmo (romanzo e film), essendo stato scritto a cominciare dall´anno 1001. Luisito è dedicato «alle maestre che hanno educato l´Italia e a tutte quelle che, nonostante tutto, continuano a farlo». «La maestra in passato era uno dei pilastri rispettati della comunità, oggi non più. La scuola elementare, con le maestre laureate e la spazzatura pedagogica, è diventata una landa desolata, degradata. Quando vedo i quaderni dei bambini e i loro sussidiari, inorridisco, l´ignoranza è totale». La scuola che ricorda Tamaro però era terrorizzante: era considerata una bambina apatica, senza vita, priva di interessi, quasi autistica. Sempre muta, se apriva bocca era per dire cose orrende, con voce baritonale che contrastava con il suo aspetto angelico. Voleva che la chiamassero Carlo, sognava di entrare all´accademia militare per avere la dignità, il prestigio di un uomo. «Poi mi bastò farmi tagliare le trecce, di nascosto, liberarmi da quella zavorra, per sentirmi bene». Sta prendendo appunti per un pamphlet contro i pessimi tempi in cui viviamo: «Tempi vuoti di senso e di etica, in cui la civiltà è destinata a soccombere, che generano solo infelicità». Pensa con orrore alla televisione: «I bambini abituati allo zapping, accavallano le immagini perdendone il nesso, pensano che la azioni non abbiano conseguenze il che li fa precipitare in una immoralità totale. Hanno veri e propri disturbi neurologici, non portano a fondo i ragionamenti, niente ha un senso per loro. Diventeranno adulti senza voce né potere, destinati a ubbidire. Mi piacerebbe analizzare i pericoli del presente, riuscire a proporre una terapia anche impopolare». Speriamo non troppo. NATALIA ASPESI