La Repubblica 18 febbraio 2008, MARIO PIRANI, 18 febbraio 2008
Se il Porcellum è peggio della legge Acerbo. La Repubblica 18 febbraio 2008. Voteremo con la «legge porcata», ma quanti sanno di che si tratta? E, ancor più, quanti conoscono i precedenti storici che permettano almeno di acquisire consapevolezza dello stato comatoso della nostra democrazia? Per questo credo utile tracciare un breve riassunto storico
Se il Porcellum è peggio della legge Acerbo. La Repubblica 18 febbraio 2008. Voteremo con la «legge porcata», ma quanti sanno di che si tratta? E, ancor più, quanti conoscono i precedenti storici che permettano almeno di acquisire consapevolezza dello stato comatoso della nostra democrazia? Per questo credo utile tracciare un breve riassunto storico. Dopo la Liberazione, quando in Italia si tornò a votare, il sistema prescelto fu quello proporzionale, in base al quale ogni lista avrebbe avuto un numero di seggi corrispondente esattamente alla percentuale di voti ottenuta. Questo sistema era ispirato dalle teorie dei massimi giuristi dell´epoca, in particolare da Hans Kelsen, i quali sostenevano che solo un sistema elettorale proporzionale assicurava una corretta rappresentatività di tutte le forze presenti in una democrazia. Dalle elezioni del 18 aprile, che dettero quasi la maggioranza assoluta alla Dc, scaturirono quei governi centristi (Dc, Psdi, Pri e Pli) che sancirono, sotto la leadership di De Gasperi, l´alleanza tra il grande partito cattolico e i partiti minori di democrazia laica e liberale. Verso la fine del 1952, dopo varie elezioni amministrative, cominciò a manifestarsi un deterioramento elettorale di questa alleanza. La Dc perdeva a destra, mentre aumentava il peso delle sinistre (Pci e Psi). De Gasperi se ne preoccupò molto per due ragioni: da un lato Pio XII, papa Pacelli, premeva perché la Dc rompesse gli indugi e accettasse di allearsi, oltre che con i centristi, anche con gli ex fascisti del Msi e con i monarchici, ancora presenti in Parlamento, così da assicurarsi a lungo termine la maggioranza assoluta; dall´altro, il leader trentino, fino a quando non fosse maturata una linea autonoma del Psi di Nenni, non poteva tentare aperture a sinistra. Escogitò, quindi, con la collaborazione del ministro dell´Interno, Mario Scelba, una riforma elettorale per garantirsi che l´asse politico restasse ancorato al centro democratico, con l´introduzione di un premio di maggioranza, pari al 65% dei seggi per la coalizione o il partito che avesse raggiunto il 50,01% de voti validi. Venne chiamata "legge truffa" e la sua approvazione si svolse in un clima infuocato di proteste di piazza e parlamentari raramente eguagliato. I presidenti di Camera e Senato finirono per dimettersi, grandi personalità liberali come F. S. Nitti e V. E. Orlando si rivolsero al presidente della Repubblica, Einaudi, perché non promulgasse la legge, altre come Corbino, Calamandrei, Parri, Codignola dettero vita a piccoli raggruppamenti per strappare voti al centro. E ci riuscirono. Il 7 giugno 1953 la legge non scattò per soli 54.000 voti («il destino, cinico baro», commentò Saragat). Va notato che il Pci paragonò la "legge truffa" alla legge fascista Acerbo, il che era falso. Mentre la legge voluta da De Gasperi avrebbe avvantaggiato solo chi avesse conseguito, comunque, la maggioranza assoluta dei voti, la legge fascista del 1923, premiava con i 2/3 dei seggi chi riusciva ad ottenere il 25% dei voti. Se si volesse davvero equiparare la legge Acerbo a qualcosa di simile, bisogna guardare molto più vicino, al «porcellum» con cui abbiamo votato e andremo a votare, una legge ancor più devastante dei diritti di rappresentanza democratica di quella imposta da Mussolini. Infatti non c´è nemmeno bisogno del 25% dei voti per ottenere il premio di maggioranza: chi arriva primo fra le varie liste e coalizioni, quale che sia la percentuale, ottiene la maggioranza di 340 seggi a Montecitorio. Di qui la tendenza alla formazione di coalizioni le più ampie possibili e, se è pur vero che l´iniziativa coraggiosa di Veltroni ha innescato un processo virtuoso per tornare ad aggregazioni compatibili fra loro, cionondimeno la struttura elettorale a bassissima incidenza democratica resta nella sua integrità. In secondo luogo permangono lesioni, ancor più gravi: gli elettori e i militanti non hanno alcuna voce nella scelta dei candidati, dominio pressoché assoluto di un gruppo ristrettissimo di personaggi. Così al momento del voto l´elettore potrà votare solo la lista nell´ordine precostituito. Anche le alleanze, sia a destra che a sinistra vengono decise dal leader. Non esiste più neppure quella democrazia di vertice che erano i comitati centrali, le direzioni dei partiti, per non parlare dei congressi. Ecco a cosa è ridotta la democrazia italiana. Tra le cause non secondarie è la criminalizzazione subita dal sistema proporzionale quando esso, negli anni di Tangentopoli, finì per coincidere con lottizzazioni e tangenti, nonché con l´instabilità cronica dei governi. Ne scaturì l´assurda sublimazione ideologica del maggioritario e del bipolarismo. Con il disastro che ne è seguito. MARIO PIRANI