Corriere della Sera 18 febbraio 2008, Gabriele Dossena, 18 febbraio 2008
Fisco, multa da 20 milioni a Del Vecchio. Corriere della Sera 18 febbraio 2008. Vincente nel mondo. Generoso con le associazioni onlus impegnate nel sociale
Fisco, multa da 20 milioni a Del Vecchio. Corriere della Sera 18 febbraio 2008. Vincente nel mondo. Generoso con le associazioni onlus impegnate nel sociale. Ma avaro con il fisco. Anzi «bugiardo», come sostiene la sentenza emessa in primo grado dai giudici della commissione tributaria di Belluno. Così, Leonardo Del Vecchio, il secondo uomo più ricco d’Italia e al 52? posto tra i Paperoni del pianeta, con un patrimonio valutato tra i 10 e gli 11 miliardi e mezzo di dollari, è incappato nelle maglie del fisco italiano: gli viene imputata un’evasione fiscale, o meglio un’«elusione della normativa fiscale italiana», per la quale dovrà pagare più di 20 milioni di euro tra imposte non pagate e sanzioni relative al 1997 e al 1998. In pratica i giudici tributari di Belluno hanno pizzicato il 73enne fondatore e patron della Luxottica, prima azienda mondiale di occhiali di lusso e da sole, perché avrebbe intestato fittiziamente a un’azienda tedesca, la «Schema Partecipation Gmbh», rilevanti pacchetti azionari di Luxottica e Gelati Sanson, per poter beneficiare del particolare regime di esenzione nella tassazione di plusvalenze e dividendi in vigore in Germania. Dopo due anni di accertamenti, i funzionari dell’Agenzia delle entrate di Belluno, assieme ai colleghi delle direzioni regionali della Lombardia, del Veneto e dell’amministrazione finanziaria tedesca, sono riusciti a smontare il complesso meccanismo di elusione, basato sulle cosiddette «società esterovestite ». E hanno dimostrato in giudizio come tutte le decisioni della tedesca Leofin Holding Gmbh (un unico socio, la Leonardo Finanziaria srl, che fa capo a Leonardo Del Vecchio) controllata dalla Schema Partecipation, venivano prese in Italia, da amministratori italiani, gli stessi che trasferivano i pacchetti azionari all’estero, comprese le plusvalenze e i dividendi realizzati. Non solo. Gli ispettori del fisco sono anche riusciti a dimostrare che in Germania risulta una «totale inoperatività» della società in questione, tanto che non ha nemmeno alcun dipendente in carico. E ad aggravare la situazione ci si è messo pure un suggerimento confidenziale da parte della Arthur Andersen, che si è rivelato un boomerang per Del Vecchio: in un documento finito nelle mani degli agenti del Fisco, la società di consulenza consigliava di tenere in Germania l’assemblea degli azionisti per «ridurre il rischio che l’autorità fiscale tedesca possa considerare la società soggetto residente in Italia ai fini fiscali». Risultato: alla fine lo Stato reclama 20,4 milioni, ai quali si aggiungono pure 5mila euro per le spese di giudizio. Per l’industriale veneto, Cavaliere del lavoro e a capo di un impero presente in 130 Paesi con 52mila dipendenti sparsi in tutto il mondo, ci sarà comunque tempo e modo per chiarire ogni cosa. fiducioso Del Vecchio: «Il contenzioso con l’amministrazione finanziaria – ha fatto sapere tramite un comunicato – riguarda il trasferimento di azioni nel contesto della riorganizzazione del mio patrimonio personale e quindi non ha generato il realizzo di alcun utile». E poi, si tratta «di una questione interpretativa di norme internazionali con la Germania. La società tedesca ha presentato ricorso e confida di chiarire la propria posizione nei successivi gradi di giudizio ». Gabriele Dossena