Corriere della Sera 17 febbraio 2008, G. Pic., 17 febbraio 2008
Mangiare avanzi per combattere il consumismo. Corriere della Sera 17 febbraio 2008. La prima volta, dicono, fa un po’ schifo
Mangiare avanzi per combattere il consumismo. Corriere della Sera 17 febbraio 2008. La prima volta, dicono, fa un po’ schifo. Ma la seconda, spesso, si apre un mondo: patate, broccoli, un mazzo di asparagi, pane arabo con un accenno di muffa in un angolo, pomodori un po’ molli, fragole ammaccate però ancora polpose, succo di frutta a volontà, un cartone intero di yogurt scaduto ieri. «Attenti ai sacchetti di plastica arancione: di solito sono pieni di carne marcia» scrive una mano amica sul blog. Il resto del menù, però, è perfettamente commestibile e infatti c’è chi del dumpster diving, il «tuffo nella spazzatura», ha fatto una filosofia di vita. No, non sono i nuovi poveri – i pensionati, gli anziani, i pater familias delle famiglie monoreddito che insieme alla minoranza dei senza tetto e dei disadattati si mettono in coda ogni giorno alle mense cittadine ”, ma studenti e persone di mezza età, a volte vegetariani radicali ma soprattutto no global contro il consumismo, disposti a cibarsi degli avanzi dei supermercati pur di spezzare la tradizionale catena alimentare. I freegans (free vegans) nascono negli Stati Uniti e proliferano in Canada e Australia, si tengono in contatto per email, organizzano i loro raid ( trash tours) notturni per cassonetti su Internet, sono organizzati e cocciuti, qualche volta un po’ fanatici, disposti a spezzare con le tenaglie i lucchetti dei bidoni e a rischiare di finire nella rete dei vigilantes che i grandi supermercati americani hanno assoldato da quando il dumpster diving ha cominciato a prendere piede. In Europa ha attecchito poco. In Italia, per niente. «Ci era arrivata una segnalazione, volevamo approfondire ma poi sembrava più una bravata che una nuova moda» dicono al Banco Alimentare. «Noi siamo assolutamente contrari – spiegano a Last Minute Market ”. Ci deve essere una dignità anche nella raccolta degli avanzi. E poi, perché andare a rovistare nella spazzatura quando ci si può fermare un passo prima e accedere ai surplus in modo più sano e coordinato?». La normativa igienico-sanitaria, inoltre, prevede che gli alimenti che finiscono nel bidone dell’immondizia dei negozi non siano più commestibili. I trash tours, quindi, sono spese anticonvenzionali e, particolare non trascurabile, illegali. Entrare a frugare nel cassonetto della spazzatura è facile. Basta un clic: www.freegan.info. Istruzioni per l’uso: se un prodotto è ancora freddo significa che non ha passato troppo tempo lontano dal frigorifero (commestibile); se il pesce è umido, si è appena scongelato (non commestibile). «La cosa più bella del dumpster diving – scrive Shane – è che ti sottrai al processo consumistico: persino acquistando cibo biologico entri nel ciclo dell’economia di consumo. Ma se ti nutri di avanzi, no». Tuffarsi nella rumenta, secondo qualcuno, ha una dimensione etica: «Salviamo cibo ancora valido che, altrimenti, andrebbe completamente sprecato – commenta Tim ”. Noi lo ricicliamo: è una forma di consumo alimentare a impatto zero». In un Paese, gli Usa, dove ogni anno vengono buttati via 17 milioni di tonnellate di alimenti ancora commestibili (circa 600 euro per famiglia sprecati all’anno), decidere di essere freegans è una scelta etica con un pizzico di anarchia, condita dal rifiuto netto della logica del profitto. « una vittoria giornaliera contro il sistema. E un’ottima economia alternativa » esulta Janet sul blog. Non si sa con precisione quante persone nel mondo pratichino il dumpster diving. Il sito www.meetup.com, attraverso cui gli anarchici del cavolfiore organizzano le loro incursioni, conta quasi 2 mila interessati, 200 dei quali appartenenti al gruppo di New York. La morale? «La spesa rovistando nei cassonetti non è forse un’alternativa che tutti i consumatori si sentiranno pronti ad esplorare – scrivono Peter Singer e Jim Mason in The way we eat, bibbia del mangiare etico ”, ma ci insegna comunque una lezione: molti degli effetti malsani che il consumismo ha sugli uomini, sull’ambiente e sugli animali potrebbero ridursi se mangiassimo più spesso ciò che gli altri, o addirittura noi stessi, tendiamo a buttare via». G. Pic.