ItaliaOggi 16 febbraio 2008, Sergio Soave, 16 febbraio 2008
Berlusconi corre da solo perché vuole lasciare un segno. ItaliaOggi 16 febbraio 2008. Si fatica a comprendere la tattica elettorale di Silvio Berlusconi, che pare aver gettato via le prospettive di una vittoria largamente annunciata per insistere sulla creazione del nuovo Popolo delle Libertà, se non si cerca di intendere le ragioni di fondo del suo comportamento
Berlusconi corre da solo perché vuole lasciare un segno. ItaliaOggi 16 febbraio 2008. Si fatica a comprendere la tattica elettorale di Silvio Berlusconi, che pare aver gettato via le prospettive di una vittoria largamente annunciata per insistere sulla creazione del nuovo Popolo delle Libertà, se non si cerca di intendere le ragioni di fondo del suo comportamento. Dei presidenti americani si dice che dedicano il loro primo mandato a consolidare il potere e il secondo a lasciare un segno nella storia del loro paese. Probabilmente Berlusconi ragiona più o meno negli stessi termini. Quello che ora vuole lasciare è una garanzia di permananza di una solida opzione di centrodestra, una formazione moderata in grado di sopravvivergli e di rappresentare una innovazione rilevante nella storia politica italiana. Quelli che pensano che la scelta della corsa solitaria, o quasi, del Popolo delle Libertà sia solo l’effetto imitativo dell’analoga decisione di Walter Veltroni non tengono conto di una differenza fondamantale. La scelta di rompere con la sinistra antagonista, per Veltroni, era di fatto obbligata, mentre la rottura con l’Udc da parte di Berlusconi non lo era affatto. L’obiettivo centrale di Berlusconi non è la garanzia di una governabilità più tranquilla di quella che ha caratterizzato il suo governo del 2001, che comunque ha avuto il carattere di unico vero governo di legislatura (di una legislatura quinquennale, naturalmente) della storia repubblicana. Questo obiettivo minimo sarebbe stato raggiunto abbastanza agevolmente con un accordo ampio, visto che la contestazione della leadership da parte di Pierferdinando Casini si era ridotta a una modestissima invocazione propagandistica ad uso interno. Invece il Popolo delle Libertà per affermarsi come il terreno dell’unificazione di una larga platea di opzioni moderate ha bisogno di combattere unito una sfida elettorale vera e di vincerla con le sue forze. Non è nelle corde di Berlusconi la costruzione di percorsi basati sulla dinamica interna delle strutture di partito, del tipo di quello seguito per l’edificazione del Partito democratico. D’altra parte nel centrodestra non c’è o almeno non è in primo piano il problema della convergenza di culture politiche radicate nel tempo ed elaborate nei contenuti. Quando Berlusconi ha replicato a Casini che in fondo il suo simbolo è recente e non espressivo di una effettiva realtà politica autonomamente radicata, esprimeva una convinzione che è riferibile, peraltro, alle altre componenti moderate, che sono nate fuori dall’arco costituzionale che ha dominato la vita politica repubblicana fino alla crisi degli anni Novanta. Nel mancato riconoscimento di Casini come autentico portabandiera dell’eredità democristiana sta la vera inconciliabilità tra Berlusconi ed il disegno neocentrista. Sergio Soave