La Stampa 15 febbraio 2008, Alessandra Pieracci, 15 febbraio 2008
Lo strano caso del cieco che guida. La Stampa 15 febbraio 2008. Ha lavorato da centralinista all’Inps assunto come invalido semicieco per 25 anni, poi ha ottenuto per due volte l’aggravamento fino alla cecità totale che gli ha consentito di percepire l’assegno di accompagnamento, sempre erogato dall’Inps
Lo strano caso del cieco che guida. La Stampa 15 febbraio 2008. Ha lavorato da centralinista all’Inps assunto come invalido semicieco per 25 anni, poi ha ottenuto per due volte l’aggravamento fino alla cecità totale che gli ha consentito di percepire l’assegno di accompagnamento, sempre erogato dall’Inps. Nel 91 è andato in pensione e tutto sarebbe filato liscio se i carabinieri non lo avessero fermato prima di Natale per verificare la patente mentre guidava un’Ape cross. Adesso qualcuno dei colleghi di allora ammette: «Lo sapevo, ma chi me lo faceva fare di metterlo nei guai?». Che ci vedesse, era lampante: fanno testo i documenti dell’Inps in cui si riporta che funzionari dell’ufficio lo avevano sorpreso «durante l’orario di lavoro alla guida del proprio ciclomotore». E ci sono addirittura i richiami ufficiali per assenza ingiustificata dall’ufficio o per non essere stato trovato preso la sua abitazione durante la visita fiscale. Insomma, mentre da una parte l’Inps pagava uno stipendio da invalido e assegni da 800 euro al mese per l’accompagnamento, dall’altra lo sanzionava per le fughe sulle due ruote. Ora si dice che i diretti superiori non conoscessero il tipo di invalidità del centralinista. L’attuale direttrice dell’Inps, invece, cade dalle nuvole, ma Valeria Ciferri è arrivata solo nel luglio scorso. Lui, Amedeo P., 72 anni, aspetto semplice, fisico magro, occhiali, un bastone che però non usava al momento del controllo dei carabinieri, ha scoperto di essere indagato mentre seguiva il telegiornale con la moglie nel suo appartamento del Felettino, a poca distanza dal bosco dove ha ricavato un orto e alleva polli, galline e conigli. «Vedo solo ombre - dice - sono stato operato tante volte, l’ultima in Francia nel 1992. E’ vero, uso l’Ape, ma solo per fare 50 metri da casa al bosco e vado a cinque all’ora». Non spiega, il pensionato, come faccia a controllare la velocità sul tachimetro. La figlia sbotta: «E’ una testa dura, non riusciamo a tenerlo». La moglie si accalora: «Lo accompagno sempre io, ma quando vuole uscire se non mi sbrigo se ne va da solo». L’avvocato, Virginio Angelini, ovviamente conferma: «Ha capito che sono calvo e con i baffi solo quando gli sono arrivato a 30 centimetri dagli occhi». Dopo quarant’anni di simulazione, se provata, il pensionato rischia di dover restituire circa 300 mila euro. Di perdere la casa in cui ha cresciuto i due figli e dove lo vengono a trovare i nipotini. «Ma io non riesco a distinguerli bene» dice. «Sono pronto a tutte le visite e le perizie» sostiene. E aggiunge, in dialetto: «Non ho mai avuto un motorino, ho il filobus gratis». Mai fermato per un controllo, mai incappato in una visita fiscale, Amedeo P. scivola sulla buccia di banana di un posto di controllo dei carabinieri. E’ fermo con l’Ape e sta raccogliendo erba. I carabinieri gli chiedono il patentino, lui non ce l’ha e si giustifica dicendo che prima la legge non lo richiedeva. Però è nervoso, agitato. Gli chiedono se sta bene e lui risponde di no, che è invalido. «Non sto bene» ripete. Pensando che soffra di cuore, o di qualunque altra cosa tranne la cecità, i militari lo lasciano andare e lui pochi giorni dopo si presenta in caserma per pagare la contravvenzione. Ma qualcosa non torna agli investigatori, così il maggiore Massino Giaramita e il tenente Antonio Trombetta cominciano gli accertamenti. Si scopre l’invalidità, e contemporaneamente i carabinieri verificano ancora, con appostamenti, che il settantaduenne mentre fa lavori manuali, risponde e telefona con il cellulare, guida ancora l’Ape. Viene fuori tutta la storia. Dichiarato invalido per motivi di cecità nel 1965, Amedeo P. era stato assunto con posto riservato presso la sede Inps della Spezia, su segnalazione dell’Unione Italiana Ciechi. Nel 1971 aveva richiesto l’aggravamento: era stato riconosciuto «cieco ventesimista», ovvero con un residuo di vista non superiore a 1/20 a entrambi gli occhi e dal 1977 è «cieco assoluto». Ed è proprio dal 1977 che comincia a incassare l’indennità di accompagnamento che nel 1991, quando lascia il lavoro, si cumula poi con la pensione di invalidità. Quasi nessuno conosce esattamente il tipo di menomazione. «E’ vero che la pratica per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento riguarda Prefettura e commissione dell’Asl e non l’Inps» dicono i carabinieri, ma anche loro non possono trovare una spiegazione convicente a tanta inconsapevolezza quando poi è la stessa Inps che eroga sia pensione che accompagnamento a un ex dipendente che nel 1991 in molti conoscevano. Alessandra Pieracci